Qualche anno fa, ai tempi in cui frequentavo la Scuola di Informatica, mi trovavo spesso a discutere con alcuni amici e compagni di corso su quanta strada restasse ancora da percorrere perchè l’informatica in generale e il Personal Computer in particolare raggiungessero quella diffusione capillare nella società profetizzata sin dai tardi anni settanta come praticamente ineluttabile. Su riviste specializzate dell’epoca era facile leggere edificanti previsioni che dipingevano i futuri anni ottanta come l’Era dell’informatica, con un PC in ogni casa e massaie che avrebbero fatto la spesa via modem (veramente!). Ora che non solo gli anni ottanta sono finiti, ma anche il decennio successivo sta per terminare, ora che il calendario segna una data nella quale un tempo si ambientavano i racconti o i film di fantascienza, la situazione è quella tanto fantasticata? E’ avvenuta la rivoluzione informatica?
In parte sì. I progressi tecnologici sono strabilianti, naturalmente. I computer moderni sono in effetti pura fantascienza se paragonati a quelli di 15 anni fa. I prezzi sono scesi in maniera vertiginosa, tanto da permettere quasi a chiunque l’acquisto di un computer. La percentuale di famiglie che possiedono un PC è cresciuta tantissimo, e le previsioni prevedono un ulteriore ed esponenziale aumento. In america si parla già del sorpasso come volume di vendite dei PC rispetto a quelle dei televisori.
Devo però ammettere a malincuore che quella diffusione capillare tanto auspicata (anche da me!) si sta sì relizzando, ma non è assolutamente sufficiente a determinare la nascita di quella che io definirei cultura informatica.
Al giorno d’oggi i computer sono diventati un oggetto di consumo, quasi una moda; potete comprarne uno per una cifra fino a ieri ridicola in qualsiasi ipermercato, alla stessa stregua di un televisore. Ma quanti sono i possessori di un PC che conoscono bene quello che hanno acquistato? La risposta è: molto pochi.
Lavorando nel settore, e nella fattispecie occupandomi di assistenza tecnica, mi trovo a constatare ogni giorno che una grossa precentuale delle persone che oggi comprano un PC hanno una conoscenza (anche sommaria!) di come è fatto e di come funziona che rasenta lo zero assoluto. Agli inizi dell’era del personal computer, quando solo pochi appassionati si concedevano il lusso di acquistarne uno, il computer diventava un compagno di vita quotidiana, ci si spendevano sopra ore ed ore di autoapprendimento. Allora il sistema operativo si limitava a far partire la macchina e poi lasciava tutto in mano all’utente. Chi ha mai passato interi pomeriggi a programmare in Basic un Commodore 64 sa cosa intendo dire. Magari la potenza di calcolo era solo un infinitesimo di quella attuale, ma il bello stava proprio nell’imparare a sfruttarla, "scavando" nei meandri della macchina per scoprire tutte le sue funzionalità più nascoste. Oggi i computer sono macchine favolose, in grado di fare praticamente di tutto: all’epoca in cui ho iniziato ad interessarmi di informatica molte delle caratteristiche di un PC odierno non le immaginavo nemmeno nei miei sogni più sfrenati. Peccato però che l’utente esperto, quello che non si accontenta, che vuole capire come funzionano le cose e lavora duro per farlo, oggi è una razza a rischio di estinzione.
Parzialmente colpevole di questo stato di cose è un certo genere di pubblicità che costruisce il falso mito "usare il computer è facile". Questo non è affatto vero. Sebbene l’utilizzo di alcune caratteristiche dei computer moderni sia stato reso il più semplice possibile dai produttori di software e hardware, il computer in sé resta un oggetto incredibilmente complesso, oggi più che mai. E quando qualcosa non va per il verso giusto, oppure quando nasce l’esigenza di effettuare operazioni più complicate, il numero di utenti in grado di capire il proprio PC o di sfruttarne al meglio le caratteristiche scende vertiginosamente. Per le nuove generazioni manca una cultura informatica di base: non sanno da dove viene tutto il ben di Dio che si trovano sulla scrivania, e nessuno ha interesse ad insegnarglielo.
Per non parlare poi di quell’altro mito estremamente deleterio che io chiamo "cultura della pappa pronta": la facilitazione dei compiti più noiosi e complicati (cosa in sé altamente desiderabile) ha finito per generare la pericolosa pretesa che il computer faccia tutto da sé. Questa è la categoria più fuorviata, quelli che non vogliono imparare come funziona il proprio computer; vogliono che vada e basta. Purtroppo il computer non è un televisore: è molto, molto di più, ma allo stesso tempo non basta accenderlo e starlo a guardare. Un computer è fatto per imparare, provando, sbagliando, e riprovando ancora. E’ un mondo affascinante da scoprire con pazienza e perseveranza, spinti dalla curiosità e dalla voglia di imparare. Questo è lo spirito che chiunque si accosti al proprio PC dovrebbe avere, ed è anche garanzia di infinite soddisfazioni. Mi auguro che nel prossimo futuro sempre più persone si avvicinino al mondo dell’informatica con questo approccio; per ora la situazione non è confortante.
Chiunque si senta stimolato a dialogare con me su questi temi sulle pagine elettroniche di KULT può accostarsi alla tastiera e iniziare a scrivere: sarò lieto di effettuare scambi di opinioni con chiunque.
Era del PC? Non ancora
Massimo Borri