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L’alba

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L’alba

Due uomini, in un tempo uguale e in un tempo diverso, fissavano il mare.

Si guardò intorno, il verde delle colline sembrava rassicurarlo e il mare era più azzurro del solito, si voltò, la strada era libera, nessuno lo aveva seguito, era quasi fatta, ancora qualche chilometro e poi la Francia, il confine, la libertà.
"Ehi tu, chi sei?".
Le parole del cavaliere, apparso all’improvviso nel bianco della sua armatura, appena al di là del sentiero che in quel punto scendeva lento verso il piano, gelarono gli entusiasmi di Larssen e la libertà appena conquistata gli sembrò di nuovo lontana, l’aveva spaventato il tono perentorio di quella domanda ma ancora di più lo strano abbigliamento di quel personaggio assolutamente fuori luogo e fuori tempo se consideriamo l’anno in cui si svolse la storia.
Larssen si avvicinò piano al cavallo e a Cheneau e raccontò le traversìe e le avventure che lo avevano condotto in quei luoghi lontani, persi nel verde dell’Appennino e nel blu del mare che il sole di quel pomeriggio di luglio rendeva quasi invisibile.
L’agguato di Savona, la lotta contro i tedeschi e poi la fuga disperata verso i monti avevano incuriosito il cavaliere che, tenendo la mano sulla spada, cercava di comprendere chi fosse quell’uomo e quali fatti stesse raccontando.
Cheneau non dubitò mai della sua buona fede, non pensò di essere stato preso in giro ma la storia di Larssen sembrava davvero originale, né Larssen chiese mai a Cheneau il perché di quella strana armatura, della croce bianca sul mantello, di quelle frasi dal sapore antico; un tacito patto di reciproca comprensione era stato stipulato tra loro: anche Cheneau era in fuga, i Turchi ormai padroni del territorio cacciavano uno ad uno tutti i Cristiani, i Catari si erano difesi strenuamente ma alla fine, esausti, avevano deciso di darsi alla macchia, si erano divisi ed ognuno avrebbe cercato da solo una via di fuga.
Per tutti l’appuntamento era alla cattedrale di Chartres dove avrebbero cercato di riordinare le fila.
Anche Larssen doveva raggiungere Chartres, il quartier generale della Resistenza francese.
Uno strano destino, la linea della storia e del tempo divideva Larssen e Cheneau, secoli di storia sembrava non esistessero più, entrambi erano in fuga e la stanchezza era visibile nei loro occhi.
Sognarono lo stesso sogno.
Si svegliarono all’alba, senza parlare raccolsero dei sassi e in silenzio li disposero a cerchio lungo le strade, i prati e le colline circostanti, segnarono un confine senza mura e senza armi, solo sassi per delimitare uno spazio, fuori dal tempo e fuori dalla storia, in mezzo Larssen e Cheneau fermi ad aspettare.
Il sole era già alto quando arrivarono i Turchi, videro Cheneau e Cheneau pensò di morire ma la presenza di Larssen era inquietante, sembrava appartenere ad un’altra epoca, se ne andarono lasciando il monaco immobile nel mezzo del cerchio.
La terza brigata delle SS arrivò verso il tramonto, per Larssen era tutto finito ma la croce bianca di Cheneau spaventò il comandante, il ricordo del Santo Graal si formò subito nella sua mente, era stato un buon cristiano, non voleva perdere l’ultima speranza che un Dio benevolo potesse un giorno assolverlo, se ne andò lasciando Larssen immobile nel mezzo del cerchio.
Un cerchio fuori dalla storia e fuori dal tempo aveva salvato due uomini che, in un tempo uguale e in un tempo diverso, fissavano il mare; costruirono un regno dentro il cerchio e lo chiamarono Seborga o Sepulcri Burgum ricordando il castello dai quattro bastioni, immobile in cima alla collina, che il giorno prima aveva guidato il loro cammino; un libro divenne il simbolo di quel regno, scelsero il bianco della strada e l’azzurro del cielo per farne una bandiera che qualche viandante, ancora oggi, giura di aver visto in un luogo sperduto, nascosto nell’Appennino, al confine tra il mare e il cielo.


Mario Frighi

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