KULT Underground

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Il risveglio del dormiente

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The next generation

IL RISVEGLIO DEL DORMIENTE
SEGUITO DE:
"IL RAPIMENTO"
PUBBLICATO DA KULT UNDERGROUND NEL NUMERO DI GIUGNO 1998

Capitolo Tre

La sterminata fila di alcove di rigenerazione venne attraversata da una scarica energetica a bassa tensione.
Come pupazzi inanimati i Borg rinchiusi al loro interno si destarono di colpo aprendo istintivamente gli occhi.
Almeno chi fra loro li possedeva ancora.
Era infatti normale procedura del collettivo procedere alla sostituzione degli organi sensoriali nei nuovi droni, rimpiazzandoli con più efficienti apparecchiature cibernetiche.
Il Dormiente si sbilanciò in avanti perdendo l’equilibrio già precario del suo nuovo corpo, si guardò intorno smarrito tentando di capire dove si trovasse e perché tutto l’ambiente gli apparisse così strano.
Qualcosa era nuovamente cambiato, in un modo che non riusciva ancora a spiegarsi, la voce nella sua mente aveva ripreso a parlargli, erano informazioni pronunciate contemporaneamente da migliaia di voci indistinte.
Scosse il capo disorientato per quella strana sensazione, barcollando come un automa fece i primi passi immergendosi nella mischia di cyborg che scorrevano di fronte al suo giaciglio diretti verso le stazioni di controllo.
Riuscì a compiere solo pochi passi prima d’urtare violentemente contro di loro, ritrovandosi disteso sul pavimento.
Nessuno allungò una mano per rialzarlo, non era costume dei Borg aiutare i propri simili, a meno che il collettivo non lo imponesse come ordine prioritario.
Quando realizzò quella triste realtà tentò di farsi forza, arrancando con le braccia iniziò a sollevarsi appoggiandosi al pilone di sostegno più vicino.
Pensò di stare ancora dormendo quando notò che il suo braccio destro era stato trasformato in una protesi meccanica terminante con una serie di chele meccaniche, sfregandole sul duranio esse emisero una scarica di scintille multicolori che investirono in pieno il suo monocolo di puntamento, appannandolo.
Confuso sul da farsi si guardò intorno cercando di capire dove fosse rinchiuso, in vita sua non aveva mai visto una struttura così aliena e complessa.
Girò su sé stesso come una trottola cercando un punto qualsiasi di riferimento, impacciato decise di seguire quelle creature cibernetiche ovunque fossero dirette, e dopo, forse, qualcuno gli avrebbe fornito una spiegazione.
Si mise in coda ignorando le istruzioni che il collettivo tentava di trasmettergli telepaticamente ed iniziò la marcia verso la sezione interna del cubo.
Mescolandosi fra la folla osservò con attenzione l’aspetto di quelle creature per metà umanoidi e per metà macchine.
Erano in parte simili agli esseri descritti dal rapporto dell’avanposto inviato nel Quadrante Alpha, ma il colore delle loro pelle era pallido, cadaverico, e gran parte delle loro membra erano rivestite d’apparecchiature in continua attività.
Alcuni avevano gli arti superiori simili al suo, con strani congegni che si muovano indipendentemente in ogni direzione, altri addirittura indossavano degli elmetti con buffe protuberanze e decine di tubi innestati direttamente nelle carni.
Dov’erano diretti? Si domandò perplesso acquistando maggiore sicurezza nell’andatura.
Volgendo lo sguardo verso l’ingresso laterale intravide una lastra traslucida probabilmente adagiata precedentemente da una squadra di manutenzione, compì una deviazione opponendosi alla corrente che lo spingeva nella direzione opposta guadagnando con fatica alcuni metri, si fece largo a gomitate fra i droni che incuranti della sua persona continuavano imperterriti la loro marcia e si fermò di fronte alla parete.
Ciò che vide lo sconvolse a tal punto che i tre cuori nel suo petto sembrarono fermarsi per alcuni secondi.
L’immagine non rifletteva più il fiero guerriero Kendas pronto ad imbarcarsi nella seconda guerra d’invasione, ciò che rimaneva di lui era una misera creatura con un braccio bionico ed una protesi oculare del tutto inutile e priva di qualsiasi estetismo.
La pelle era raggrinzita con vaste bolle circolari che rigavano il collo ed il viso, mentre un fascio di cavi si dipanavano da un punto indefinito della schiena perforandogli la guancia sinistra.
Le lunghe gambe snelle erano state ridimensionate ed imprigionate all’interno di un’armatura pesante ed opprimente, sicuramente gli aggressori ritenevano che esse avrebbero retto più efficacemente la sua attuale corporatura.
Sgomento avanzò fino a toccare la superficie dalla lastra, guardò con più attenzione ed infine capì, malgrado non volesse accettare quell’abominevole realtà, comprese che la sua metamorfosi non riguardava solamente alcune parti del suo corpo, era totale.
Non importava se gli avessero applicato una corazza e delle apparecchiature elettroniche, non era più un guerriero Kendas, era stato trasformato in una cosa totalmente diversa.
In un essere cibernetico.
L’urlo di terrore che emise dalle corde vocali pressoché atrofizzate lacerò l’aria sovrastando per un istante il frastuono dall’esercito che lo circondava, con una smorfia di disgusto scacciò le voci che lo chiamavano ed iniziò ad arrancare come meglio poteva verso il cunicolo più vicino.
Le immagini della sua città, della sua gente, di tutto il sistema stellare Kendassiano affollarono i suoi pensieri, per un momento temette che volessero abbandonarlo per sempre, si ancorò tenacemente a loro sentendo crescere la disperazione e l’impellente necessità di strapparsi di dosso quella soffocante armatura.
Ma il caos non era tollerato a bordo di un vascello Borg.
Il grottesco tentativo di fuga non durò a lungo, due droni lo raggiunsero trascinandolo di peso verso la direzione opposta.
Non pronunciarono una sola parola.
Sentendo sfregare le sue pesanti calzature sul pavimento il Dormiente si lasciò andare senza opporre resistenza, tutto sommato era meglio così, era stanco di porsi domande senza risposta.
Oltre il portale forse qualcuno si sarebbe degnato di parlargli.

"Noi siamo i Borg." dichiarò una voce dai mille echi.
Il Dormiente si sforzò di mettere a fuoco l’immagine utilizzando il solo occhio a sua disposizione, intravide una sterminata struttura interna costellata da migliaia di alcove simili a quella dove si era risvegliato poco prima, ma della sorgente del suono non vi era alcuna traccia.
Probabilmente si trattava di un messaggio telepatico, ad ogni modo, non comprendendone il significato decise di rimanere in attesa.
La replica non si fece attendere a lungo.
"Tre di Otto perché non hai obbedito alle disposizioni?"
"Le vostre parole non hanno senso."
"Tre di Otto, adesso sei un Borg. La tua precedente esistenza è stata assimilata e molto presto ti conformerai al collettivo, così come il tuo corpo è stato adattato per servirlo. Tutte le tue conoscenze passate sono confluite nella mente collettiva, di qui adesso fai parte, non hai più un’identità, sei il terzo componente di una squadra di otto."
Sentendo crescere la rabbia gridò a squarciagola tutta la sua disperazione.
"Vi sbagliate, malgrado ciò che mi avete fatto io rimango un guerriero Kendas!"
"No, sei in errore. La vostra razza possiede delle caratteristiche molto particolari, delle risorse inaspettate, l’assimilazione potrebbe richiedere più tempo del previsto, ma al termine essa sarà completa ed irreversibile. La resistenza è inutile, " ribatté l’anonimo messaggero calcando volutamente l’ultima affermazione, poi dopo una breve pausa aggiunse, "torna al lavoro, apri la tua mente ed esegui gli ordini."
"E se mi rifiutassi?"
"Saresti immediatamente disattivato e condotto nel settore di riciclaggio, dove i tuoi componenti meccanici verrebbero smantellati e adattati per un nuovo drone. Fai molta attenzione Tre di Otto, se dovessimo scoprire che la tua specie non è assimilabile, non esiteremmo un solo istante a porre fine alla vostra esistenza. Non sono ammesse eccezioni di nessun tipo all’interno del collettivo."
Il Dormiente indietreggiò di alcuni metri permettendo alle due sentinelle di riafferrarlo per le braccia, prima di venire condotto verso la mischia si volse di scatto domandando nuovamente.
"Perché mi avete fatto questo?"
"Esiste l’ordine ed esiste la confusione. Noi siamo il nuovo ordine naturale, un connubio fra macchina ed essere biologico, la perfezione è ciò che cerchiamo, ed ogni razza che entra nel nostro collettivo conosce ciò che conosciamo noi, cioè la perfezione assoluta. A questo devi tendere con tutte le tue forze, abituati al tuo nuovo corpo ed alla voce interiore che vuole guidarti nel corso della tua crescita. Adesso procedi, hai un intero sistema stellare da assimilare, la coltura Kendas è sufficientemente evoluta per accrescere la nostra comprensione e prepararci all’assalto finale."
Il Dormiente preferì non rivolgere più domande, uscì scortato dalle due guardie sconsolato e più confuso di prima.
Un cyborg lo raggiunse immediatamente, probabilmente la mente collettiva gli stava inviando l’ordine d’aiutare il nuovo arrivato, i sensori impiantati sulla sua fronte rugosa infatti lampeggiarono ad intermittenza come volessero dare conferma delle nuove disposizioni.
Lo afferrò senza troppi complimenti e lo volse di lato introducendo un’asta metallica nell’orecchio destro, compì un giro in senso orario ed i pensieri del Dormiente vennero investiti da una serie sconfinata di suoni e d’immagini.
Vide mondi lontani, pianeti ai limiti della Galassia, razze aliene dalle forme bizzarre, i segreti condivisi da millenni dalla collettività iniziavano a fluire rendendolo consapevole delle loro conquiste, malgrado ciò che aveva subito dovette ammettere che i Borg erano stati piuttosto efficienti nell’evolversi in forma di vita superiore.
Aveva ancora molto da imparare, l’intera conoscenza dell’universo era lì a portata di mano.
La prima cosa che comprese chiaramente era che i componenti di quella società erano assolutamente uguali, senza diritti o volontà al di fuori della volontà comune.
Al servizio di un unico essere composto da miliardi di menti unite.
Prima di essere avvolto dal raggio teletrasporto si domandò perplesso a cosa si riferissero con il termine "assalto finale", e perché mai, con tutte le loro conoscenze i Borg avessero bisogno d’apprendere anche la tecnologia Kendas.
Ad ogni modo presto l’avrebbe scoperto, la curiosità era una caratteristiche che nessuna forma d’assimilazione avrebbe mai potuto cancellare.


Capitolo Quattro

Il consigliere Deanna Troi entrò sfinita nel suo alloggio lasciando cadere la valigia sul pavimento.
Il lungo viaggio dalla conferenza su Betazed a bordo della navetta era stato piuttosto spossante, e malgrado avesse finto con il capitano Picard di non risentire della stanchezza, non vedeva l’ora di gettarsi sotto la doccia sonica.
Cambiò la configurazione dello strumento attivando la funzione a getto d’acqua, si concesse tutto il tempo necessario per rilassarsi lasciando che gli spruzzatori ad alta pressione le massaggiassero il corpo indolenzito dalle lunghe ore di trasvolata subspaziale.
Lo scosciare dell’acqua non le permise di sentire il trillo del comunicatore e la voce del comandante Riker che la chiamava dalla plancia.
Se avesse potuto sarebbe rimasta in quel paradiso per molte ore, poi notando che le dita delle mani iniziavano a raggrinzirsi pensò a malincuore che fosse il momento d’uscire dalla doccia.
Si spazzolò i lunghi capelli bagnati, incurante della scia d’acqua che lasciavano dietro i suoi passi, aprì le braccia sentendo i muscoli della schiena sciogliersi mentre iniziava a pregustare una notte di assoluto riposo nel suo letto a doppia piazza.
"Consigliere, riesce a sentirmi?" chiese nuovamente Riker con un certo disagio.
"Si William, cosa succede?" rispose lei sperando che in quel momento non fosse richiesta la sua presenza sul ponte.
"Ciao Deanna, bentornata, scusa il disturbo, sono alcuni minuti che tento di mettermi in contatto con te. Tutto bene?"
"Certo comandante, ero…sotto la doccia."
"Capisco, scusa l’intromissione, ma ho una comunicazione proveniente da Deep Space Nine, il messaggio porta in calce le seguenti parole scritte a caratteri cubitali: per Deanna Troi, urgente e riservato. Vuoi che lo trasmetta nel tuo alloggio?"
"Chi è il mittente?"
Riker nascondendo le proprie emozioni semplicemente rispose.
"Worf."
"Worf?" ribatté perplessa Deanna pronunciando quel nome con evidente difficoltà.
"Esatto, il messaggio è giunto sull’Enterprise due giorni fa, preferisci leggerlo domattina?"
"No Will, trasmettilo pure nel mio alloggio, e grazie per avermi avvisato immediatamente."
"Trasferimento effettuato. Buonanotte consigliere." confermò Riker disattivando la chiamata.
Deanna indossò l’accappatoio e si sedette al terminale dando l’avvio alle procedure di decodifica del segnale, dopo una breve introduzione il volto del Klingon comparve sullo schermo.
Era trascorso circa un anno da quando Worf aveva lasciato Enterprise richiedendo il trasferimento su Deep Space Nine.
In realtà molti non compresero la sua decisione, in fondo anche se la vecchia Enterprise D si era schiantata sulla superficie di Veridiano Tre ciò non voleva significare che presto non ne avrebbero varata una nuova, malgrado questo il Klingon non volle attendere di essere assegnato a nuovi incarichi temporanei, raccolse le sue cose e lasciò la Base Stellare in tutta fretta diretto verso la frontiera.
Il capitano Picard rimase alquanto perplesso firmando i documenti del suo trasferimento, il tenente comandante Worf negli ultimi sette anni si era dimostrato un valido e leale compagno, e fra tutte le possibili defezioni fra i membri del suo equipaggio, proprio quella dell’ufficiale addetto alla sicurezza non se la sarebbe mai aspettata.
Alcuni ritennero perfino che la sua fosse una mossa dettata dalla paura od addirittura dalla codardia, ma evidentemente conoscevano male il tenete Worf, il quale sopra ogni cosa teneva soprattutto all’onore ed al senso del dovere.
Picard chiese una spiegazione per la sua richiesta, ma il Klingon non gliene fornì nessuna, preferendo partire immediatamente per la sua nuova destinazione nella speranza di farsi una nuova vita sotto il comando del capitano Sisko.
Deanna invece sapeva la verità, e non ebbe nessuna difficoltà ad immaginare le vere motivazioni che l’avevano spinto a lasciare in quel modo i suo compagni.
La breve e caotica relazione avuta con lei non durò troppo a lungo, troppe le differenze fra il modo di vivere Betazoide e la rigida disciplina Klingon, troppi i compromessi a cui giunsero per continuare il loro rapporto.
Probabilmente lo schianto su Veridiano Tre oltre ad annientare una nave stellare frantumò per sempre anche la loro unione.
Deanna non si rimproverava nulla, e del resto non incolpava il suo compagno per essere così diverso da lei, ed a nulla servì il breve riavvicinamento dopo il rapimento da parte dei Kendas, le loro divergenze s’accentuarono sempre più rendendo imbarazzante anche il minimo incontro casuale sulla Base Stellare.
Quando la nuova Enterprise compì il primo volo inaugurale Worf era già partito, ed in tale circostanza Deanna provò una grande tristezza, malgrado non lo volesse ammettere il suo rude compagno iniziava a mancargli, in realtà mancava a tutti i membri della plancia.
Il consigliere scosse il capo ritornando con i pensieri al presente, focalizzò la sua attenzione sul messaggio aumentando il volume dell’audio.
Il volto severo di Worf riempì completamente il monitor, com’era tipico del suo carattere non si perse in futili parole di convenuto.
"Deanna, ti invio questa richiesta nella speranza che tu voglia partecipare con me al rito del Khit’hagh. Sono certo che in questo momento ti starai chiedendo cosa significhi questo termine, bene, la parola che più si avvicina ad una possibile traduzione è: separazione. Ti sarei veramente grato se volessi raggiungermi qui su Deep Space Nine per formalizzare la nostra scissione, per me è una cosa molto importante. Attendo una tua conferma, a presto!"
La Betazoide rimase alcuni minuti in silenzio a fissare il suo ex compagno, non rimase per nulla sorpresa della formalità con la quale lui aveva espresso la richiesta, era tipico di un maschio Klingon essere conciso e diretto, in realtà non riuscì a credere che in pieno ventiquattresimo secolo esistessero ancora dei riti tribali come la richiesta ufficiale di separazione.
E poi da cosa?
In fondo loro due non erano affatto sposati.
Se Worf fosse stato lì probabilmente quello sarebbe stato un ottimo pretesto per un’ennesima litigata, osservò Deanna sorridendo, e poi cos’era il Khit’hagh? I rituali Klingon solitamente erano violenti e spesso comportavano sofferenze per i loro partecipanti.
Talvolta la morte.
Allibita indossò l’uniforme ed uscì alla ricerca del capitano Picard, lui conosceva piuttosto bene le loro strane usanze, come arbitro di successione probabilmente avrebbe saputo consigliarla sul da farsi, o perlomeno svelarle come evitare di rimanere uccisa nel corso di uno stupido rituale Klingon.

"Khit’hagh?" esclamò Picard pronunciando al meglio quella misteriosa parola.
"Si capitano." rispose Troi restando in attesa di fronte alla scrivania della saletta tattica.
Vedendo che il suo superiore esprimeva chiaramente costernazione si apprestò a precisare.
"Khit’hagh: la separazione."
"Ah, capisco." sottolineò il capitano cercando di ricordare dove avesse già sentito quel termine, ci pensò a lungo massaggiandosi il mento, ma non gli venne in mente assolutamente nulla.
"Sono spiacente consigliere, ma non ho mai sentito quella parola, tuttavia la banca dati del computer ha un traduttore universale Klingon ben aggiornato, se lo desidera possiamo effettuare immediatamente una ricerca."
"Gliene sarei molto grata capitano." affermò lei con un filo di speranza.
Picard girò il computer portatile ed introdusse il termine predisponendo qualsiasi forma di traduzione e relativa relazione sugli usi e costumi Klingon.
Con un trillo sinistro la macchina dopo pochi secondi rispose.
"File non trovato, provare nuovamente."
Dopo una serie di tentativi infruttuosi Picard si diede per vinto, spense il video e si alzò dalla poltrona.
"Nulla di fatto, sono veramente spiacente consigliere."
"Grazie comunque capitano, se non altro ci abbiamo provato. Buonanotte e mi scusi ancora per averla disturbata."
"Non si preoccupi, ero di servizio in plancia, ad ogni modo anche se non sappiamo il significato del termine Khit’hagh, possiamo presumere che esso comporti un coinvolgimento diretto dei due interessati. Le sue paure sono ben fondate, probabilmente le verrà richiesto uno scontro fisico con il tenente Worf o perfino qualche forma di prova di coraggio. Solitamente i rituali Klingon vertono proprio su questo e le eccezioni sono molto rare. Le consiglio vivamente di pensarci bene prima di partecipare ad una simile cerimonia."
Le parole di Picard misero in ulteriore agitazione la Betazoide, in fondo le leggi Klingon non la vincolavano per nulla, e se la richiesta di Worf non fosse stata accettata nessuno le avrebbe potuto rimproverare nulla.
Con voce spezzata Deanna aggiunse un’ulteriore considerazione.
"Capitano, il suo avvertimento è molto saggio, tuttavia per Worf sembra che il Khit’hagh sia molto importante, non posso rifiutarmi di parteciparvi, ed in fondo non siamo certi che non si tratti di un semplice rito formale. Se così non fosse lascerò immediatamente la stazione."
Picard non sembrò troppo convinto, si sistemò l’uniforme e fissò la donna sperando di farle cambiare idea.
"Consigliere, quando si ha a che fare con i Klingon è molto difficile sottrarsi ai propri impegni una volta che si è accettato le loro condizioni, in questo caso eludere il rito potrebbe gettare Worf nel disonore creando più problemi di quelli che vorrebbe risolvere. Ad ogni modo noi manterremo la posizione ancora per alcuni giorni, sono ancora in attesa di ricevere la sentenza da parte della Commissione per il controllo delle infrazioni temporali. Se deciderà di andare, porti almeno con sé un amico che la possa sostenere durante la prova, buona fortuna."
"La ringrazio capitano, mi è stato di grande aiuto."
Troi lasciò la saletta dirigendosi come un fulmine verso il settore abitativo dell’Enterprise, c’era qualcuno a bordo di cui Deanna si fidava ciecamente, una persona molto speciale che un tempo lontano chiamava amorevolmente Imzadi, si fermò sul ponte otto ed imboccò il corridoio principale.
Giunta sulla porta suonò il campanello con una certa insistenza, dimenticandosi completamente che a bordo fosse già notte inoltrata.
Il volto assonnato del comandante Riker fece capolino alquanto seccato che qualcuno volesse parlargli a quell’ora assurda.
"Deanna? Ma sai che ore sono???"
Troi fece finta di nulla.
"Scusami Will, posso entrare?" gli domandò con sfacciata naturalezza.
"Ovviamente no, sono le tre di notte, ne riparliamo domani se non ti rincresce."
"Non posso attendere, è molto urgente. Imzadi, devo parlarti adesso." insistette lei cercando di farsi spazio oltre l’uscio.
La robusta corporatura di Riker le impedì prontamente il passaggio.
"Deanna, te l’ho già detto, ne riparliamo domani, adesso ho bisogno di dormire." si scusò Riker spingendola delicatamente indietro.
Improvvisamente il tono della Betazoide si fece cupo, i suoi occhi magnetici lo fissarono con tale intensità che a Riker parve potessero leggergli l’anima come un libro aperto.
"Will, tu mi stai mentendo! Lo sai perfettamente che posso percepire le tue emozioni, non fingere con me." poi come folgorata da una rivelazione aggiunse quasi scandalizzata.
"Non sei da solo, non è vero?"
Come un bambino scoperto con le mani nella marmellata Riker ammise mestamente.
"Hai ragione Deanna, perdonami."
L’empatica cercò di mantenere un atteggiamento dignitoso mentre tremando s’allontanava dal Primo Ufficiale.
"E di cosa? La tua vita privata non mi riguarda, se fossimo ancora insieme potrei soffrire per il tuo tradimento, ma dal momento che siamo solo buoni amici non ho proprio nulla di cui scusarti. Buonanotte Will."
Riker rimase impietrito come avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso, cercò di rincorrerla lungo il corridoio sperando che volesse ancora ascoltarlo, anche se in realtà non sapeva proprio cosa dirle.
Le porte del turboascensore si richiusero prima che potesse aggiungere una sola parola.


Claudio Caridi
(continua)

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