Bruciando la nostra carne abbiamo
segnato confini di fuliggine spargendo in
terra ceneri perché qualcosa restasse per
gli occhi
Tre ragazzi in riva al mare tirano sassi che rompono lo specchio argenteo dell’acqua, affondano.
Senza che loro mi scorgano li osservo da qui. Accendo una sigaretta. Gli occhi mi bruciano: li terrei tra le mani per poi lasciarli in terra tra le linee grigie; e attendere che qualcuno passi e accortosi della loro presenza li raccolga per sovrapporli ai suoi.
I ragazzi stanno chini sulle ginocchia. Uno dei tre si alza. La forma nera del suo corpo sottile si staglia sul chiarore dell’acqua oltre la riva, sfarfallando. Tiene le nocche serrate.
Una volta avevo la realtà tra le mie mani, ne riconoscevo le forme al tatto; ora tutto mi si sforma tra le dita come argilla umida. Mi restano soltanto gli occhi.
Il ragazzo si avvia verso l’acqua. Vi entra con indosso i vestiti. Gradualmente il corpo si assottiglia: ora è una linea nera, metallica incastrata tra smagliature d’argento. Si muove lenta. La seguo con lo sguardo. I miei occhi hanno visto il grano diventare sterile, tafani divorare scarabei, il muro stendersi lungo la terra su cui adesso sono disteso nell’attesa che le linee grigie mi portino via la carne.
Chiudo gli occhi, la sigaretta tra le dita.
Ora la linea esce dall’acqua, si scrosta il nero di dosso, mi si fa sempre più vicina; si mette su un sorriso sfatto di denti irranciditi, accosta alle sue le mie labbra. Sento la bile aprirsi nello stomaco. Si stende di fianco a me in terra; mi entra nella carne. Stendo i palmi in terra a malleare polvere, a consumarmi la pelle sui tessuti acri della sua veste gettata lì di lato. Il suo respiro mi riempie le orecchie. Le sue dita mi scarnificano il volto, affondandomi tra gli occhi. Ora è in piedi, ride di me che nudo mi tengo insieme il corpo con le braccia; si allontana.
Avverto un calore sempre più intenso tra l’indice e il medio della mano sinistra. Di scatto getto in terra ciò che resta della sigaretta.
Riapro gli occhi. Non so quanto tempo è trascorso. Il ragazzo è già uscito dall’acqua: è disteso un poco discosto dagli altri; guarda il mare. I vestiti bluastri gli si sono incollati addosso. Mi alzo, volgo le spalle al mare, seguo con gli occhi il sentiero: questo si svolge stretto lungo la collina; mi volto ancora per guardare il ragazzo. Cosa può saperne lui del mare…
AuGEN
Christian del Monte