Capitolo XI
Rama si muoveva silenzioso tra la folla dell’epiporto: si sarebbe quasi potuto definire un fantasma che da decadi infinite si aggirava senza pace nel luogo che aveva visto la sua morte, tanto passava tra le varie persone che di lui potevano al massimo cogliere un soave effluvio che passava quasi benedicendole. La porta per rilevamento metalli si apriva inquisitrice davanti a lui emettendo un sommesso ronzio al passare di ogni singolo uomo, e dappertutto si stagliavano immagini del premier della regione che attraverso quei poster sembrava accentuare ancora di più quel tacito dominio mentale che da anni ormai era la base di qualsiasi concentrazione di potere; prima di muovere un passo verso la porta e quindi verso il velivolo, si voltò con fare incoraggiante nella direzione del suo protetto, notando che stava fermo ad alcuni metri dietro di lui, con fare incerto e decisamente dubbioso.
Lo apostrofò divertito: " Cosa ti turba, amico mio ? Non mi sembra che l’ultima volta tu dimostrassi di avere così tanta paura di volare, senza contare che la paura di volare nasce da quella della morte, e quest’ultima non dovrebbe essere forse la cosa a cui noi non dovremmo neanche pensare?"
Benares, corrucciando quanto ancora più poteva il viso, rispose: " Voglio che tu mi ascolti prima di partire nuovamente; sinceramente inizio a non vedere alcuno scopo in quello che stiamo cercando, mi capisci? Certo, trovare un Bresakr può essere uno scopo quando uno non ha niente di meglio da fare la mattina," e il suo tono si fece insieme ironico e amaro, " ma penso di poter trovare in ben poco tempo qualcosa d’altro, ad esempio cercare quel bastardo di Cam e fargli sputare quel poco sangue che gli è rimasto in circolo…."
E qui venne interrotto: " Sei ancora troppo inesperto per potere anche solo osare pensare di…."
Benares sgranò gli occhi, e paonazzo in volto rispose: " Cristo, lo so che sono ancora inesperto! Del resto ho intrapreso questo dannatissimo viaggio insieme a te non certo perché avessi velleità da archeologo, ma perché tu mi insegnassi ad usare al meglio questo maledetto baraccone che rappresenta il mio corpo; invece mi sono ritrovato immerso in una faccenda che continuo a pensare mi riguardi sempre meno, e tu, che hai avuto a disposizione la macchina per alcuni secoli, non sei ancora stato in grado di dirmi cosa…."
" Non è così semplice, no: posso avere avuto la….macchina….-come tu chiami il modulo- per una maggiore quantità di tempo, ma il problema è come attivarlo definitivamente: tu sei ancora in quella fase di stand-by, solo che non ho la minima idea di come aiutarti a sbloccare il sistema." Mentre parlava la sua espressione appariva seria e quasi colpevole, tuttavia la voce non nascondeva un certo risentimento: chiamare " macchina ", quell’insieme di parti fisiche che li tenevano in vita e che li caratterizzavano come Angeli, e che venivano come dono dalle più alte sfere celesti; scordarsi quasi che quelle parti davano la vita anche a lui e che gli avrebbero regalato la vita eterna; parlarne infine con malcelato disprezzo non faceva altro che rincarare la tensione che tra i due veniva a crearsi in quel momento.
" E allora tu e quell’altro come ce l’avete fatta?" Benares questa volta gli sibilò le parole a pochi centimetri dal viso, nascondendo ancora meno la sua stizza.
" Vedi, nella tua condizione attuale, sei in grado di difenderti egregiamente da un discreto numero di soldati armati pesantemente, ma gran parte delle tue componenti offensive non sono armate; per armarle non c’è una maniera precisa; per me e Cam ci sono stati due avvenimenti che ci hanno scosso e che hanno liberato tutto il potenziale in un colpo solo, ma non è detto che a dato avvenimento corrisponda dato effetto, mi capisci?"
Quella non richiesta ostentazione di conoscenze tecniche non fece altro che irritare Benares: aveva perso già fin troppo tempo, e il fatto che non potesse disporre subito di un’informazione che si avrebbe dovuto avere in maniera rapida, oltre a farlo sospettare del suo compagno, montarono in maniera ancora maggiore la sua irritazione.
" Qual è il tuo problema, perché diavolo continui a girarci intorno? Che cosa ha armato il sistema? "
Oh, egli sapeva bene come il sistema si potesse attivare, del tributo di sangue necessario dopo lo strazio delle carni del proprio ospite, tuttavia ciò non significava che il ricordare tristi avvenimenti della sua vita fosse una cosa che facesse volentieri: i suoi occhi toccarono per un attimo il cielo dei ricordi, e lentamente un espressione costernata quasi gli sfigurò il volto
" Nel mio caso fu la morte di un mio caro amico, Enkidu. Nel caso di Cam, la morte del suo maestro."
Il giovane Angelo guardò soddisfatto l’amico, quasi sfidandolo con lo sguardo, e con ironica tranquillità disse: "Sta bene. Dato che ho deciso di tirarmi fuori fino a quando non avrò una buona ragione per continuare in questa assurda ricerca, se vuoi il mio aiuto, ti conviene utilizzare tutte le tue conoscenze e tutte le tue informazioni per trovare un metodo alternativo."
Rama, inizialmente apparve disorientato da quest’ultima risposta, mentre sentiva crescere dentro di lui una sorda irritazione: non poteva credere che colui che era stato prescelto per divenire l’ultimo Angelo decidesse di agire solo in base ai propri interessi e alle proprie pulsioni umane; d’altro canto poteva quasi comprendere le ragioni che lo spingevano a intraprendere un cammino diverso dal suo: anch’egli, a suo tempo, non aveva certo gradito e accolto come un piacere lusinghiero il trovarsi implicato in una guerra che in fin dei conti non era la sua; forse le parole del suo giovane amico pesavano come macigni sulla sua coscienza perché lui si era sempre sentito costretto alla sua missione, mentre prima Cam, ora Benares, dimostravano di poter continuare ad andare avanti riuscendo a gettarsi alle spalle la loro esistenza di Angeli per portare avanti la loro esistenza umana; forse, infine, tutto ciò lo faceva sentire una vuota macchina, priva di quelle pulsioni e istinti che lo potevano ancora fare definire umano: egli infatti, dopo certi avvenimenti, era sempre stato devoto alla causa, interagendo sempre più raramente con la storia dell’umanità che vedeva scorrere sotto i suoi occhi millenari sempre, sempre più velocemente, e questa missione che si era auto imposto, e che ora gli appariva come unica ragione di vita, la vedeva ora irrisa da quelli che di più lo avrebbero dovuto capire.
Gli sembrava di essere un cervello inzuppato di inutili nozioni storiche e religiose; tuttavia non amava di certo che altri glielo facessero notare o pesare.
" Tu non puoi mollare, non è da persona responsabile quello che dici."
Giocare più o meno ad insultare una persona sulla sua maturità per stimolarne l’orgoglio era una cosa che Benares conosceva da anni: non significava che quelle parole non lo aizzassero a piazzare con tutta la violenza che potesse avere in corpo quel colpo che non era riuscito ad assestare in quel vicolo della Metropoli in direzione di quel saccente che da fin troppo tempo gli si era parato davanti e che, tra velate minacce e candide lusinghe, aveva provato ad influenzare le sue decisioni. Non erano più i giorni delle campagne di guerra alle quali aveva partecipato, dove con una minima quantità di droghe, qualche lusinga e la giusta dose di tortura e umiliazione, si poteva costringere un capo di stato mussulmano ad annunciare la sua conversione al cattolicesimo per poi uccidersi in diretta televisiva, eppure l’uomo che aveva di fronte pensava di poter manipolarlo nella stessa maniera: per lui, che aveva lottato tutta una vita per riuscire a crearsi una personalità degna di tal nome, vedere quest’ultima calpestata in nome di una qualsiasi causa, non importa quanto giusta, santa o che altro fosse, era solo un misero affronto che un suicida gli indirizzava per trovare una morte, la più dolorosa e lenta possibile; tuttavia, decise di mantenere la calma, e con una freddezza deformata da sprazzi di ira che non in taluni momenti non riuscì a controllare gli rispose: " Mi vuoi costringere forse tu a restare? E come pensi di fare? Vuoi forse coinvolgere tutte queste persone come fece Cam, giusto per saggiare le mie potenzialità? Anzi a proposito di Cam, c’è una cosa che mi tormenta da quando abbiamo incominciato questo viaggio: come mai è ancora vivo? C’è qualcosa che non mi hai ancora detto? Del tipo che noi tre non ci possiamo uccidere a vicenda? O c’è un’altra ragione per la quale non hai ancora ammazzato quel misero bastardo ? Perché sai, tu puoi anche credere di essere dalla parte di Dio o comunque dalla parte della ragione, ma il fatto di aver lasciato in vita un animale che si diverte ad ammazzare la gente come dannate mosche, oltre che un atto estremamente strano, mi sembra anche decisamente stupido."
" Ci sono questioni di responsabilità che tu non puoi capire: la nostra responsabilità è quella…." Ma a questo punto si interruppe: per un breve istante gli passò per la mente la frase: " Già, qual è la nostra responsabilità ?": in fin dei conti nessuno lo aveva mai costretto a gettarsi alla ricerca di un qualcosa sepolto nei più profondi e oscuri recessi della terra e della storia della stessa umanità: era una missione che istintivamente aveva intrapreso, che sembrava colmare il vuoto lasciato da quelle persone che nel lento passare dei secoli aveva profondamente amato e a cui, a causa della loro natura umana, aveva dovuto, prima o poi, ma in ogni caso sempre, dire addio. Sentiva che la questione della responsabilità era probabilmente una difesa psicologica che si era inconsciamente creato: tuttavia, pur rendendosi conto di tutto ciò, non aveva mai potuto fare a meno di continuare in una ricerca che ora più che mai appariva senza fine: egli non capiva neppure di cosa si potesse sentire responsabile: se il Bresakr fosse rimasto dov’era, il mondo sarebbe rimasto tale e quale, nulla sarebbe cambiato, mai: forse la sua unica, vera responsabilità, era quella di fermare Cam. " Noi abbiamo ricevuto un dono, la nostra responsabilità è quella di sfruttarlo nel modo che Dio ci indica come il migliore, e questo è appunto la ricerca in cui ci siamo trovati."
" Ecco, questa è un’altra cosa che di te non riesco a tollerare! Ma ti rendo conto che continui a chiamare dono un insieme di cavi, circuiti e armi in cui a stento scorre quel poco di sangue che ci è rimasto mischiato a olio lubrificante? Questo dono, come lo chiami, ci ha quasi privato per sempre della nostra umanità . Tu eri, come me, un umano: non ti sarebbe piaciuto continuare a vivere la tua vita con tua moglie ? Pensi che io non avrei forse gradito continuare la mia vita normale, dopo anni e anni di massacri, tradimenti e odio in quel dannato battaglione? Il tuo dono ci ha rubato tutto quello che di più caro potevamo avere. E inoltre mi compiaccio molto della tua fiducia nel tuo Dio, dato che egli, a quanto pare, si è divertito a mandare sulla terra gingilli non solo capaci di rubare la vita ad un uomo, ma anche di distruggere indiscriminatamente cose e persone innocenti . Mi sto iniziando a domandare se tu sia veramente dalla parte giusta."
Rama si guardò con fare impaziente ai suoi lati, tirò un sospiro, lentamente iniziò ad alzare gli occhi in direzione di quelli di Benares, che apparivano carichi di un potere abbagliante; gli disse con fare rassegnato: "Io non ti tratterrò, vai pure per la tua strada. Spero comunque che un giorno tu capisca quale sia la via giusta da intraprendere."
" E’ questo quello che non sopporto di te: sulla scorta di una vita incredibilmente lunga, pensi di potere avere il diritto di discernere cosa è bene e cosa è male, di poter giudicare le scelte altrui dall’alto della tua sapienza: ti sei mai messo in discussione? Hai mai pensato che quello che facevi potesse essere la cosa sbagliata ? Hai mai detto a qualcuno queste cose basandoti solo sulla sua apparenza? Su cosa basi le tue certezze? La via giusta da intraprendere, come la chiami tu, la sto iniziando a percorre adesso: lo sbaglio fu quello di lasciarmi prendere di sorpresa da Cam, senza riuscire a proteggere tutta quella gente, che è morta solo per una stupida diatriba in nome di Dio: tu che hai vissuto così tanto, non hai mai visto gente che è morta solo perché qualcun altro riteneva che il loro Dio non fosse quello corretto ? Come puoi osare pensare di essere dalla parte corretta quando gli uomini per interi decenni si sono ammazzati per via del tuo Dio?".
" Perché io sono un Angelo." Rispose con la precisione e la freddezza di un automa, con le prime parole che istintivamente gli si formarono in mente.
" Bene. Io sono un Uomo. E il mio viaggio è appena iniziato. E se ciò equivale a mettermi contro Dio, contro di te, o contro il mondo stesso, bene, sono pronto." E così dicendo si allontanò dalla figura di Rama, che a poco a poco voltò anch’essa le spalle e si diresse al di là della porta per il rilevamento metallico.
—————————————————————————————————
Capitolo XII
La sede centrale dell’Arcam si slanciava nel cielo come quel blasfemo arrogante che perfino nei gironi più terribili e lacrimosi dell’inferno faceva disperare il suo aguzzino per lo spregio che ancora dimostrava nei confronti di Dio, non piegato dopo sofferenze indicibili; un immenso cilindro di una speciale lega trasparente e antiproiettile avvolgeva l’ascensore dirigenziale, che in quel momento si stava dirigendo con veloce incedere ai piani più alti.
Un rumore di pistoni idraulici che si rilasciavano e la lenta ed elegante apertura della porta, finemente decorata in avorio, ne preannunciarono l’arrivo nella stanza di Kage, che appariva ancora indaffarato nel rielaborare alcuni documenti lavorativi : alzò la testa con fare leggermente sorpreso, ripose con cura i fascicoli e, borbottando tra sé e sé il termine "codice U" si diresse vero le porte dell’ascensore, che lo accolsero con un nuovo, sommesso sibilo; nel momento esatto in cui egli entrò, la struttura esterna dell’ascensore mise in funzione il suo software di opacizzazione spaziale che permetteva di sfuocare un’immagine in movimento su una data traiettoria sovrapponendo all’immagine stessa una serie di immagini raccolte in tempo reale da altre fonti video, come ad esempio le telecamere di sicurezza di un corridoio, le cui immagini venivano a loro volta sfuocate e visualizzate in veloce sequenza: in questo modo, e a seconda della potenza del software di sicurezza, una persona al centro di una tale schermatura non poteva essere spiata, in quanto si sarebbero dovuti eliminare un numero di immagini che non solo erano animate e modificate in tempo reale, ma che cambiavano in numero ad intervalli irregolari: con i dovuti mezzi e con altrettanta fortuna si sarebbe potuto riuscire a cogliere un unico frame dove sarebbe apparso il bersaglio, ma per i fini dello spionaggio il gioco non sembrava certo valere la candela. Nemmeno un sistema di rilevamento ad infrarossi avrebbe potuto cogliere la posizione di una persona all’interno del campo d’azione del sistema, poichè la zona era completamente schermata termicamente, ed un esame con anche i visori più sofisticati si sarebbe rivelata un’inutile perdita di tempo
Nella corsa verso i piani più bassi, l’ascensore si trasformò a poco a poco in una vera e propria camera di controllo per l’identità : prima, dalla parete di destra, si staccò un computer per l’analisi delle impronte digitali che inoltre effettuò un piccolo prelievo di sangue da sotto i polpastrelli in modo da avere un rapido esame e raffronto del dna; poi, mentre poteva vedere un modello in tre dimensioni del suo corpo proiettato davanti a lui, uno scanner passò su tutta la sua superficie corporea per effettuare gli ultimissimi controlli.
Infine l’ascensore, arrivato al quindicesimo piano interrato, un piano ad accesso ristretto solo a lui, si fermò, ed una voce gracchiante e metallica chiese la conferma vocale del codice d’entrata.
Kage, avvicinando le labbra ad un piccolo microfono, disse chiaramente : "Olam Ghevul" : si udì un leggero scatto metallico ad annunciare il buon fine dell’operazione, e le porte dell’ascensore si aprirono su una stanza immersa in un’oscurità che aveva dell’irreale, tanto era accentuata da una semi consapevolezza circa la distanza che intercorreva tra lei e il sole stesso. Appena entrato, si posizionò lentamente in uno spazio delimitato da segni esoterici dipinti sul pavimento, e, inginocchiatosi, indirizzò al vuoto : " Lord Uriel, il vostro umile servo giunge dopo tanto tempo nuovamente nel suo reame: cosa chiedete, maestro?" .
Finalmente un cono di luce illuminò una porzione della stanza, lasciando comunque nel buio più totale il resto complessivo della sala, che sarebbe comunque potuta proseguire per miglia e miglia; intanto, da un’altezza che non avrebbe potuto definire, ben sapendo che ogni piano dell’edificio misurava in altezza circa quattro metri, un rumore sordo, che avrebbe potuto definire un macchinario in moto perenne fin dall’inizio stesso del tempo, appariva avvicinarsi, prima lentamente, poi sempre più velocemente, come una falla che si apre da piccole crepe in una diga imponente: sfavillii e bagliori metallici improvvisamente riempirono la stanza, in un incredibile gioco di rifrazione e riflesso tra i raggi di luce provenienti dal faro e una superficie metallica che a poco a poco stava entrando nel misero campo di luce della stanza; Kage, ancora inginocchiato e con lo sguardo puntato per terra, dovette chiudere gli occhi per resistere ai primi bagliori, che mano a mano si attenuarono in una luminosità sempre più fioca, tanto da far per un attimo balenare nella mente dell’uomo alcune immagini di quelle vecchie cattedrali che un tempo erano illuminate con il solo splendore della candele, che conferivano a quei luoghi carattere di sacralità senza pari.
" Progenie prediletta da Dio, il signore e dominatore delle sfere celesti più alte, alza il tuo sguardo e contempla la potenza del Signore tuo Dio!": la voce appariva deformata, il genere sarebbe probabilmente stato per lui un mistero per tutta la sua vita: in un certo senso la trovava persino sgradevole, anche se solo questo pensiero, in linea teorica, andava contro tutto ciò avrebbe dovuto essere alla base della sua esistenza morale ed etica, e sarebbe stata azione passibile di morte; finalmente alzò lo sguardo, ed ergendosi quasi con arroganza, osservò con occhio distratto la visione che anni prima aveva fatto prepotentemente sussultare il suo cuore: una sfera di metallo di alcuni metri di diametro, probabilmente di un qualche metallo o una qualche lega sconosciuta, la cui superficie era costellata da giunture in carbonio, cavi e monitor che proiettavano in continuazione l’immagine di un essere parzialmente meccanico, la cui carnagione bluastra e i lineamenti durissimi facevano risaltare gli innesti che sostituivano l’occhio sinistro e la porzione visibile che andava dal labbro superiore fino alle spalle: il tutto era tormentato da un movimento rotatorio continuo lento ma chiaramente apprezzabile, che avvicendava il viso di modo che ci fosse sempre almeno un monitor che puntava nella direzione dell’entrata: la natura dell’oggetto, se l’interlocutore con cui Kage conferiva fosse unico o meno, se esistesse veramente una personificazione fisica di quell’essere da qualche parte o fosse solo una sorta di grottesco automa che recitava in maniera superlativa l’ingrato ruolo di contatto tra Dio e gli uomini, non era dato saperlo: quello che si dava per scontato era che le parole che uscivano da quell’essere potevano fare la differenza tra la vita e la morte per un numero ragguardevole di persone, e gli ordini impartiti potevano superare qualsiasi sovranità imposta da un ordinamento giuridico.
" Mio Signore, la potenza di Dio splende in voi, ma, se mi è concesso saperlo, ditemi come mai avete richiesto la mia presenza?" Kage iniziava a spazientirsi di quell’essere, che appariva ad intervalli sempre più irregolari nella sua vita con richieste inaccettabili e spesso irritanti: non aveva mai amato sentirsi alitare sul collo, e la sensazione che quel rottame gli dava era esattamente quella di essere sotto costante esame, lui, a cui nessun uomo si osava paragonare per non sentirsi umiliato .
Mentre il rumore del meccanismo sembrava non potersi disperdere e continuava instancabilmente, quasi come l’incedere del tempo o come la somma mietitrice, i volti all’interno dei monitor presero a muoversi simultaneamente, e dissero : " Numero 239, di molti accadimenti si vocifera nell’alto dei cieli: a quanto pare, è stato ritrovato il terzo Angelo e le tre unità sono quindi entrate tutte in funzione; la seconda venuta potrebbe essere di conseguenza molto vicina. Tuttavia, il nostro Dio freme dall’impazienza di sapere il motivo per cui non è stato informato con la dovuta e richiesta sollecitudine."
Kage aveva preventivato l’ipotesi di essere scoperto, tuttavia, sebbene avesse già delle motivazioni decisamente verosimili, trovarsi di fronte a quell’essere lo faceva sentire teso allo spasimo. In effetti aveva nascosto quelle informazioni deliberatamente, e questo per varie ragioni: la prima di queste era la possibilità di studiare da vicino una macchina da guerra di quelle proporzioni, e da lì poterne utilizzare la tecnologia per applicazioni pratiche, nella speranza di riuscire un giorno a creare unità in serie; la seconda era utilizzare l’unità contro Uriel o comunque contro chi lo separasse da Dio, in modo da riuscire a raggiungerlo e acquisire così ancora più potere, qualsiasi cosa ciò potesse significare: non era per il misero e vile denaro, era ancora meno per soddisfare le turpi brame della carne; quello che egli bramava veramente era il potere puro, quel potere in grado di schiacciare la feccia dell’umanità spargendone i visceri come dono sacrificale a se stesso.
" Mio Signore, vi avrei informato e vi avrei inviato tutta la documentazione relativa alla fine dei test che si sarebbero dovuti svolgere sull’unità attiva; tuttavia, a causa dei nostri inadeguati mezzi di contenimento, l’unità è scappata. Stavo quindi aspettando di catturarlo, per inviarle tutte le informazioni del caso: di certo l’unità è ancora in stato confusionale, e per di più sarà incapace di armare il sistema: abbiamo stimato che con un numero consistente dei nostri soldati scelti, possiamo portare a termine la missione, sebbene con perdite tanto ingenti quanto necessarie per il recupero di un reperto così prezioso. Inoltre non siamo ancora giunti in possesso delle informazioni che stiamo cercando, e aspettavo i rapporti di Blake sulla ricerca che gli ho commissionato in proposito"
Ci fu un momento di silenzio, nel quale il meccanismo quasi bloccò il suo movimento rotatorio: infine, utilizzando un tono di voce ancora più freddo e distaccato, riprese: "Il tuo agire è stato savio come si addice ad un uomo nella tua posizione, considerando soprattutto che il tempo ormai è prossimo per il dominio della stirpe degli Olam Ghevul: tuttavia, desideriamo avere rapporti dettagliati su tutti gli avvenimenti a venire, d’ora in poi. Inoltre, c’è giunta voce che il Dottor Blake ha svolto delle ricerche indesiderate sul tuo conto: ci chiediamo se non sia il caso di eliminarlo, ma vorremmo sapere il tuo parere in proposito."
L’uomo iniziava ormai a domandarsi chi potesse essere così in alto da avere il compito di controllare le sue stesse operazioni e riferire tutti i suoi affari alle autorità superiori; alla fine dell’udienza già pensava di svolgere delle ricerche in questa direzione, e di eliminare il controllore non appena individuato. Sarebbe comunque stato necessario del tempo, in quanto chi aveva un compito del genere era di sicuro molto in alto nella gerarchia: bisognava escogitare mille morti e mille giustificazioni plausibili, e ora più che mai, dato che era già stato individuato una volta in semi fallo.
Pensò anche all’eventualità di far uccidere Blake, ma gli svantaggi apparivano decisamente sproporzionati rispetto ai vantaggi : il Dottore era pur sempre un grande archeologo e costituiva una delle più grandi autorità in quel campo e in altri di rilevanza economica non indifferente, e la sua morte non sarebbe di certo passata inosservata alla massa; certo, si sarebbero potuti evitare altri eventuali e spiacevoli incontri in rete, ma comunque c’era sempre la possibilità di aumentare le difese anti-hacking, ad esempio utilizzando dei ripper celebrali, che agendo tramite scosse elettriche ad alta velocità eliminavano selettivamente un determinato genere di cellule nervose: sarebbero bastate le cellule relative al movimento delle gambe, in modo da scoraggiare eventuali curiosi e non danneggiare in maniera irreparabile ed economicamente svantaggiosa il loro fisico.
Espresse quindi il suo pensiero alla macchina, ma aggiunse : "…comunque, ancora non mi riesco a spiegare per quale motivo mi siano vietate le stanze di Olam Ghevul: io, come numero 239, dovrei esservi ammesso."
" Le porte di Olam Ghevul ti saranno aperte al momento opportuno;" rispose la macchina, "sai bene anche tu che in esse vi sono tutte le informazioni che permetteranno alla tua stirpe di regnare dopo la seconda venuta, ma, fino a quando la Terra non beneficerà della presenza del suo Signore su di essa, è giusto che alcuni segreti ti siano preclusi; comunque il momento è prossimo, quindi, fossi in te, la smetterei di provare a forzare la barriera che abbiamo creato: come voi umani avete le vostre misure difensive, anche non abbiamo le nostre, e non troveremmo alcuna difficoltà a trovare qualcun altro, con i dati che abbiamo ricavato dalle analisi su di te."
" Sono onorato per esservi di aiuto, farò tutto quello che volete." Mentre così parlava, sentì il rumore allontanarsi, mentre alle sue spalle si apriva l’ascensore, che lo invitava ad allontanarsi dalla sala, mentre essa ripiombava improvvisamente nel silenzio e nell’oscurità.
—————————————————————————————————
Benaresyama
(continua)
Federico Mori