Con "Ospiti" Matteo Garrone si conferma regista e sceneggiatore di grande sensibilità, sincerità e profondità. Dopo il felice esordio con "Terra di mezzo", dove Garrone filmava la normalità del quotidiano di alcuni extracomunitari consapevolmente rassegnati ad un non-inserimento nella nostra società, in "Ospiti" si aggiunge una sceneggiatura vera e propria anche se scarna ed essenziale quel tanto che basta per rimanere in secondo piano rispetto ai volti dei due ragazzi albanesi, ai rumori di un ristorante o al luccichio delle Mercedes della Roma bene.
Gheni e Gherti sono due ventenni albanesi, due tra i tanti giunti sulle nostre coste in cerca di vita. Gheni e Gherti, cugini tra loro, sono profondamente diversi e mentre Gheni si tuffa nel lavoro e nelle amicizie, Gherti è ostile al nuovo mondo, non si adatta ai rimproveri del compagno, non si adatta alle regole di chi gli sta intorno e finisce col vagare in una città deserta dove incontra solamente Lino, un vicino di casa che una sera perde di vista la moglie, insana di mente. I due ragazzi sono ospiti di Corrado, un fotografo che si barcamena tra photobook per provini cinematografici ed esposizioni artistiche. Anche Corrado, a modo suo, è un non-integrato: vive in un palazzo circondato da inquilini ricchi e spocchiosi, non ha una relazione stabile, vive un po’ alla giornata e forse proprio per questo si affeziona a Gheni, ricambiato. Nel frattempo la ricerca di Maria, la moglie di Lino, ci mostra un altra solitudine, quella di un uomo che non può e non vuole tornare al suo paese d’origine dove la malattia di Maria sarebbe ancor più di peso. Lino trova in Gherti un ascoltatore silenzioso, non importa se capisce tutto quello che gli si dice e Gherti non trova in Lino quell’aggancio verso la vita facile che sognava.
La storia procede a fotogrammi nei quali il gesto non è ripetuto artificialmente, nei quali le voci e gli sguardi sono quelli di ogni giorno e non sono frutto di pose o di inquadrature. Il finale segna definitivamente i personaggi di "Ospiti", tra l’indifferenza di chi partecipa solamente per un attimo alle loro vite, al loro mondo vissuto sfiorando altri mondi non dentro ad uno più grande.
La camera a spalla, la presa diretta dei rumori, l’abbaglio delle luci o l’incupire delle ombre è parte integrante ed indivisibile di "Ospiti". Tutto ciò lo rende terreno, reale, tangibile. Lino (Pasqualino Mura) non recita perché parla e si muove come farebbe nella solitudine di casa sua, con la stessa espressione negli occhi. Gherti (Julian Sota) e Gheni (Llazar Sota) parlano con vera timidezza e con vero stupore quando tentano un approccio con due ragazze alla fermata della metropolitana. In "Ospiti" non vedrete quelle persone che si sbracciano davanti alle modelle che sfilano in Piazza di Spagna o quelle persone che fanno i complimenti a qualsiasi trasmissione ed elemosinano il televisore in palio al conseguente giochino scemo. O meglio, si notano anche loro, si nota la loro assenza, la loro estraneità alla realtà quotidiana, troppo normale, troppo difficile, troppo sincera.
Matteo Garrone2, classe 1968, vanta già un curriculum importante avendo vinto col cortometraggio "Silhouette" il Sacher1 d’oro nel 1996 per poi fondare una propria casa di produzione, la Archimede, e con essa realizzare "Terra di mezzo", premiato a Torino e fattosi conoscere grazie all’abbinamento con l’iniziativa Intolerance, una serie di testimonianze ed incontri sul razzismo e sull’intolleranza. Prima di "Ospiti", Garrone reaalizza con Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata (due dei tre nomi de "Il caricatore") il cortometraggio "Un caso di forza maggiore". Peccato che al termine del film non ci sia stato l’incontro previsto con Garrone, ufficialmente impegnato nella realizzazione del suo nuovo film sul più famoso fotografo di matrimoni napoletani Oreste Pipolo, perché avrei potuto chiedergli quando si sarebbe cimentato con un tema un po’ diverso, quando avrebbe spostato la sua attenzione e la sua sensibilità verso altre facce della stessa società, ma il motivo del forfait mi ha fornito una risposta parziale.
Non ritornerò per l’ennesima volta sul discorso trito e ritrito del "cinema delle idee" ma, ci siamo capiti, Garrone è uno che lo sa fare.
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Il cinema degli altri fatto da uno di noi
Benatti Michele
Il Sacher Festival è organizzato da Nanni Moretti nel suo cinema omonimo e raccoglie corti e mediometraggi inediti.