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Buona la prima!

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Buona la prima!

Ebbene sì, mi convertirò a quella categoria di persone che ho sempre criticato quando si parlava di un regista o di un cantante e dicevano "Non male, ma il primo album era il migliore…" oppure "Carino, ma non vale certo il suo primo film che vidi…". Da pochi minuti ho terminato la visione (domestica) di "El Mariachi1" il film che ha rivelato il messicano Robert Rodriguez3 al grande pubblico e lo ha reso ricco e corteggiato, per un po’.
Per dire la verità "El Mariachi" non è propriamente il primo di film di Rodriguez, ma fu proprio grazie al film da soli 7000$ che si iniziò a parlare di lui. Andiamo con ordine. Il "mariachi" è il musicista messicano che allieta la clientela dei bar e delle feste con la sua chitarra e la sua voce. "El mariachi" arriva in una piccola città vestito di nero e con la chitarra nella custodia e tutto sembra andare per il meglio; una città che ti offre il cocco gratis non può che essere fortunata! Poco lontano un criminale di nome Azul2, che dirige indisturbato i suoi traffici da una prigione dove ognuno si fa i fatti proprio, riesce a sfuggire ad una trappola preparatagli da un ex-socio, il narcotrafficante Mojo che non vuole certo rendergli la parte di un traffico precedente. Azul ha la fama di vestire di nero e portare una custodia per chitarra piena di armi, da qui la serie di equivoci. Azul ed il vero mariachi vengono continuamente scambiati tra loro in un crescendo di sparatorie e ballate messicane. El mariachi trova anche l’amore nella donna che lo nasconde e lo protegge dagli scagnozzi di Mojo. Inutile svelare la conclusione: inutile per chi lo ha già visto, ancor più inutile per chi lo vuole vedere, inutile perché piacevolmente intuibile. In una città dove le pallottole non sembrano interessare i passanti, El Mariachi è un’anima solitaria e sincera così come lo è la storia, il contorno, l’ambientazione e quei particolari che hanno giustamente fatto emergere il film di Rodriguez dal mare di b-movies in cui poteva facilmente essere confuso per la provenienza, la povertà di mezzi o l’assenza di grossi nomi. Caratteristiche, queste ultime, che non mancheranno nei successivi lavori di Rodriguez. Il tam-tam del pubblico fa parlare di "El mariachi", anche se pochi ancora lo hanno visto, ed il successivo "Desperado" incarna in Antonio Banderas quello che i non-spettatori celebravano di quel film. "Desperado" diventa così la versione ufficiale del ben più intenso film precedente: grossi nomi, buon budget, set selezionati ed una sceneggiatura che spinge al limite le caratteristiche del mariachi che però nell’omonimo film erano implicite e naturali mentre in Banderas sono imposte e fastidiosamente esagerate. Ok, nulla di male. Pagato lo scotto alle major, Rodriguez entra nelle grazie di mister Quentin Tarantino che lo vuole con sé per dirigere uno dei quattro episodi di "Four rooms". Chi lo ha visto non può essersene dimenticato: "Four rooms" è atteso alla mostra del cinema di Venezia come l’avvenimento della stagione ed invece ne esce stroncato dalla critica e quasi ignorato dal pubblico. Non basta un cast originale e di buon livello (Antonio Banderas, Madonna, Tim Roth, Jennifer Beals, Valeria Golino, Lily Taylor, Bruce Willis, Marisa Tomei) per sollevare le sorti degli episodi ambientati al Mon Signor Hotel dove le forzature inutili dei dialoghi di Pulp Fiction rendono "Four rooms" addirittura insopportabile, dopo una buona dormita.
Rodriguez insomma sembra definitivamente imbrigliato in quello che i produttori ed il pubblico si aspettano da lui, piuttosto che nell’espressione delle sue idee. Ed è questo il punto nel quale scatta il dibattito. E’ sempre vero che l’opera prima, o comunque gli esordi, rappresentano la vera espressione del pensiero di un artista, regista o rockstar che sia? In questo caso sembra proprio di sì. Per Rodriguez la conferma dell’avvenuto imbavagliamento arriva con l’irritante "Dal tramonto all’alba" interpretato da Harvey Keitel e Juliette Lewis, sempre sotto l’ala protettrice di Tarantino. Il risultato è deludente, la prima parte del film sembra dettata da Tarantino ma non sfocia in nulla se non in una seconda parte horror un po’ insulsa, senza l’ironia di Sam Raimi, ad esempio. Qui sembra che Rodriguez smani dal desiderio di riportare il lavoro alle sue attitudini e caratteristiche, come fece con "El Mariachi", ma nemmeno questa volta l’effetto è soddisfacente.

Benatti Michele

1
Il Mariachi è un musicista girovago che suona nei locali e vive delle mance dei clienti. La pianola elettrica ha ucciso questa tradizione (e le orecchie di chi partecipa ad un matrimonio qualunque).

2
Azzurro, in spagnolo.

3
Quello sullo sfondo è proprio lui.

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