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Riflessività umana e percorsi di vita – Margaret S.Archer

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Uno dei temi più classici della sociologia è sicuramente l’influenza che l’ambiente  esercita sulla posizione sociale che gli individui scelgono o subiscono nel corso della loro vita.
L’osservazione, sia che si tratti di società socialmente “rigide”, sia che si abbia a che fare con società più flessibili in cui la mobilità sociale da una posizione all’altra è più marcata, ha portato diversi sociologi a riflettere su quanto l’essere nato e vissuto in un determinato ambiente in qualche modo porti poi l’individuo a inserirsi più naturalmente all’interno di una specifica classe sociale.
Margaret Archer, sociologa inglese di levatura internazionale, ha condotto alcune interessanti ricerche su questo argomento, evidenziando come in realtà la soggettività umana eserciti un importante ruolo di scelta sulle influenze che l’ambiente condiziona.
Si tratta di riconoscere diversi tipi di riflessività, cioè di modi in cui il soggetto dialoga con sé stesso a partire dai contesti in cui è inserito, che conducono la persona poi a fare scelte lavorative, famigliari e in generale di vita diverse rispetto a quello che sarebbe una pura  e semplice influenza passiva da parte dell’ambiente.
La ricerca è frutto del lavoro di intervista a 128 persone a cui sono state fatte domande su come elaborino “nella loro testa” il rapporto con il contesto sociale che li circonda, osservando poi come spesso a diversi tipi di riflessività corrispondano anche diverse scelte di mobilità sociale.
Dopo una prima parte piuttosto corposa, che riguarda in generale su cosa intendere circa la categoria di riflessività, oggetto questo di dibattito in termini non solo filosofici e psicologici, ma ormai da qualche anno materia di studio anche di molti sociologi per l’importanza che si riconosce alla dimensione sociale della riflessività umana, il libro passa in una seconda parte a presentare i risultati della ricerca.
L’autrice distingue in questo testo tre categorie di persone che presentano tre forme di riflessività diverse:
a)            i riflessivi comunicativi, che dipendono molto affettivamente dagli altri e che quindi presentano una scarsa attitudine alla mobilità sociale, in quanto preferiscono restare dove sono per continuare a sperimentare l’approvazione degli altri che si sono costruita nel loro contesto di vita;
b)            i riflessivi autonomi, che invece sono poco disposti a subire l’influenza degli altri e esercitano una continua ricerca di posizioni sociali superiori per elevarsi dal proprio contesto sociale;
c)            i metariflessivi che esercitano una continua critica e insoddisfazione verso l’esistente e praticano una mobilità di tipo “laterale”, cioè si spostano cambiando lavoro, pur rimanendo nello stesso ambito sociale, cioè di solito il terzo settore.
Questa seconda parte costituisce il cuore della proposta della Archer ed è sicuramente la più originale e innovativa del suo contributo da un punto di vista sociologico.
L’autrice risolve quindi la dialettica del rapporto fra soggetto e ambiente a favore della soggettività umana a partire appunto dalla categoria di riflessività.
L’uomo non è vincolato dal contesto sociale, anche se il contesto sociale penetra nel nostro “dialogo interiore”, influenza il modo di riflettere su noi stessi, sul rapporto con gli altri e orienta le nostre scelte di vita. La soggettività umana non è vincolata dal contesto, ma produce diverse forme di mobilità in dialogo costante con esso.
La terza parte illustra proprio i risultati e le conclusioni a cui la nostra ricercatrice arriva, collocando questo libro in modo innovativo fra i testi di ricerca sociale.
Il libro si presenta come una ricerca sociologica completa, di cui va apprezzato il rigore scientifico e l’innovazione nelle conclusioni; è rivolto in primo luogo a studiosi di sociologia, per il contesto teorico in cui si colloca e che viene presentato sia nella prima parte, sia nella lunga introduzione all’edizione italiana, curata da Pierpaolo Donati.
Il rigore scientifico è evidente anche dall’appendice finale in cui la Archer illustra da un punto di vista sociologico i criteri usati nella sua ricerca, i dati relativi al campione e all’indicatore usato.
In generale si tratta di un libro completo, di cui colpisce infine anche la lunghezza, cioè più di cinquecento pagine, delle quali un centinaio occupate dalle introduzioni teoriche.

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