Dopo dieci anni di attesa, è arrivato in tutte le sale cinematografiche italiane il seguito de "Il silenzio degli innocenti". Il regista è Ridley Scott, la sceneggiatura è di David Mamet e Steven Zaillian, la scenografia di N. Spencer, il montaggio di Pietro Scalia, le musiche portano il nome di Hans Zimmer e, soprattutto, il volto del "mostro" è ancora una volta quello del bravissimo sessantatreenne Antony Hopkins.
All’uscita de "Il silenzio degli innocenti" nel 1991, Dino De Laurentis, proprietario di un’opzione sui libri di Thomas Harris, non aveva dato alcun credito al potenziale commerciale dell’ultimo romanzo dello scrittore, "Il silenzio degli innocenti" appunto, e lo lasciò alla Mgm. Il libro vendette 10 milioni di copie e la pellicola ebbe un ricavo di 750 miliardi di lire. Insomma fu un vero successo: per il regista Jonathan Demme, ad Anthony Hopkins, a Jody Foster e allo sceneggiatore Ted Tally. Ed ora il seguito, che porta il titolo di "Hannibal", potrebbe addirittura superarlo.
Hannibal Lecter, protagonista dei delle due petticole, nacque nel 1981, come personaggio secondario ma indimenticabile di "Drago Rosso. Il delitto della terza luna", un romanzo poliziesco firmato da un ex cronista di nera, Thomas Harris. Lecter è uno psichiatra cannibale, un mostro con sei dita per mano che dalla cella in cui è rinchiuso collabora alla cattura di un serial killer. Non molti sanno però che "Hannibal" non è il secondo, bensì il terzo atto cinematografico tratto dai libri di Harris; il primo fu infatti il film "Manhunter", uscito nell’86. A dare volto a Lecter fu l’attore scozzese Brian Cox, la cui interpretazione non lasciò però traccia alcuna. Diversamente, come ben sappiamo, andò per Anthony Hopkins, chiamato a interpretare il "mostro" ne "Il silenzio degli innocenti". Nella primavera del ’99 Hopkins e Jody Foster ricevettero infatti le 600 pagine del manoscritto di Harris e non appena le lessero accettarono la parte, pur se chiedendo 15 milioni di dollari a testa. Visti i risultati, la spesa è valsa la pena: Hopkins, con la bravura da grande attore, lo sguardo duro e penetrante, manifestazione di una crudele pazzia propria solo di un "cannibale psicopatico", ha fatto di Lecter la personificazione stessa del Male, e l’interpretazione della Foster della detective Clarice Starling fu strepitosa.
In "Hannibal" Lecter si aggira, questa volta libero, in Italia, niente meno che attraverso la Toscana, a Firenze, da dove riesce a trovare il modo di rimettersi in contatto con la fragile Clarice. Accanto ad Hopkins compaiono Gary Oldman, Ray Lotta, uno straordinario Giancarlo Giannini, nella parte di un detective italiano dallo sguardo misterioso e affascinante, Ivano Marescotti e una splendida Francesca Neri, che interpreta il, seppur secondario, ruolo della bellissima moglie di Giannini. Assente, ahimè, proprio la protagonista femminile, Jody Foster, che ha rifiutato di girare il seguito dello scorso capolavoro perché troppo violento. Ma Clarice allora che volto ha? Si chiama Julianne Moore, ha 40 anni ed è la rossa di "Vanya sulla 42ª strada" e "Magnolia". Non fare un paragone con la Foster è certo impossibile e, in effetti, l’impatto iniziale, il vedere un volto diverso di Clarice, è un po’ difficile. Ma a quanto pare la Moore è riuscita a smentire quanti sostenevano che senza Jody Foster il film sarebbe stato impossibile. L’impegno è stato moltissimo, tanto che l’attrice ha anche frequentato un corso all’Fbi per prepararsi bene alla parte. Il risultato? Una Clarice Starling diversa, forse più matura, ma non meno intrigante e accattivante. Certo nessuno dimenticherà Jody Foster, e il ruolo di Clarice, lo spazio scenico riservato alla Moore è inferiore al precedente, ma Julianne Moore e Hopkins, ancora più cattivo e feroce di prima, hanno formato una coppia altrettanto vincente.
Il ritorno di Lecter Hannibal
Francesca Orlando