L’Avana è ricchissima di cinema, così come di teatri, a prezzi popolarissimi anche per i cubani, in quanto i film fanno parte dell’offerta culturale che il regime garantisce a tutti i suoi cittadini. E i film che sono in programmazione arrivano da tutto il mondo, Usa compresi: l’embargo non vige per il cinema, che è naturalmente uno dei mezzi di propaganda migliori dell’american way of life. Per cui, nel mese scorso erano proiettati nelle sale Essere John malkovic e Die hard, Mission impossible e Dancer in the dark, con una grossa fetta di cinema latinoamericano, in lingua spagnola, ed una sorprendente presenza anche di cinema africano, che invece non compare quasi mai dalle nostre parti (per esempio Lumumba di Raoul Peck, visto in Italia solo al festival del cinema africano di Milano). In più, vi sono numerosi cineclub, che proiettano i classici del cinema mondiale.
La mia esperienza diretta mi ha fatto essere oggetto di un bel gesto di generosità da parte di una anziana signora che vendeva pop corn fuori da un cinema, dove si proiettava l’ultimo (1999) film di Carlos Saura, Goya en Burdeos, che avevo intenzione di vedere in quanto ancora inedito in Italia (anche se coprodotto dalla Rai: misteri della distribuzione); non avevo infatti i pochi spiccioli della moneta locale che erano necessari per entrare nella, ma solo (!) dollari, che non riuscivo a cambiare e stavo per desistere, quando la signora, avendo compreso il mio problema, ha comprato con i suoi soldi il mio biglietto (e anche quello dell’amico che era con me) e ce li ha offerti! Siamo rimasti di stucco, l’abbiamo ringraziata e baciata e siamo entrati nella sala: ma le sorprese non erano finite.
Prima del film, veniva proiettato, infatti, una specie di programma storico sulla storia dei pirati: fatto da immagini di film e da tavole disegnate, raccontava, attraverso una voce narrante, la storia della pirateria dai tempi dei greci e dei romani fino all’800, quando, secondo i libri di storia, la pirateria era scomparsa. Ma la voce narrante non era d’accordo su questo: la pirateria continua ancora oggi, ci diceva, ed in quel momento apparivano sullo schermo immagini di portaerei americane e di bombardamenti di aerei Usa, con la bandiera dei pirati che mutava in quella a stelle e strisce. Il programma si concludeva così: la pirateria scomparirà solo quando finirà l’imperialismo americano! Applauso (ironico) di alcuni ragazzi presenti e il film poteva iniziare.
Si tratta di una biografia di Goya (interpretato da un grande Francisco Rabal), che ricorda da vecchio, in punto di morte, alcuni momenti della sua vita, tra ossessioni e rimpianti, visualizzazioni e tableaux vivants delle sue opere, con i colori splendidi di Vittorio Storaro, alla cui fotografia si devono i meriti maggiori dell’opera; tutto ricostruito in studio, il film è davvero affascinante in alcuni momenti, e si conclude, alla fine di un viaggio (con espliciti riferimenti kubrickiani) avanti ed indietro nel tempo e nella memoria, con le immagini della nascita del futuro pittore. Chissà se lo vedremo mai dalle nostre parti: forse solo e direttamente in tv.
Paolo Baldi
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Cuba Libre
E’ meglio la vita o il cinema? Quest’annoso interrogativo1 può trovare a Cuba delle risposte sorprendenti, quando ci rendiamo conto che, al di là del mito, la vita in quell’isola può avere (nel bene e nel male, certo) uno spessore quasi più denso delle immagini cinematografici. Cuba è densissima di riferimenti al cinema, da Il nostro agente all’Avana degli anni ’50 pre-Castro (con gli edifici di epoca coloniale ancora molto presenti in tutta l’isola), ai nostri giorni di Fragola e cioccolato (l’appartamento dove è stato girato è diventato uno dei paladar, cioè ristoranti privati, più frequentati), Buena vista social club e Lista d’attesa. Le immagini e gli umori di questi film li ritroviamo nell’aria dell’Avana e di Santiago, insieme ad uno spirito caraibico, solare e ritmato, che sembra fregarsene allegramente dell’ideologia, della propaganda e dell’embargo (o, almeno, cerca di aggirarlo a suo modo).
Marzullo docet?