Digitale: fluidità narrativa, leggerezza, sensazione di essere vicino, accanto, dentro quasi, i personaggi, flussi visionari iperrealisti, sguardi da altri mondi, scrittura a mano dell’audiovisivo: il digitale sembra consentire tutto questo, nei film visti, da Giuseppe Bertolucci, che esordisce di nuovo, con un film (L’amore probabilmente) incompiuto e all’inseguimento del cinema del fratello Bernardo; a Eric Rohmer, che ricostruisce, ne La nobildonna e il duca, il clima di un’epoca (la Rivoluzione francese), con effetti quasi artigianali, con un impiego molto originale, anche perché non necessariamente "nuovistico", delle nuove tecnologie; a Marco Bechis, che nel suo lancinante Figli utilizza il digitale per le immagini in soggettiva dei lanci aerei; a Richard Linklater che crea un film (Waking life) composto unicamente di acquarelli tremolanti e iperrealisti (riprese dal vivo rielaborate al computer) in cui trasforma i cartoni animati nel flusso magmatico di una mente visionaria.
Cinema è vita: il cinema si nutre della vita, e la vita è pronta per diventare cinema (vedi ancora Bertolucci); come nell’ultimo film del regista egiziano Youssuf Chahine, Silenzio…si gira, un divertente omaggio al cinema popolare della Hollywood (o telefoni bianchi) sul Nilo, con musiche lussureggianti, battute da commedia sofisticata e inserti pop/cartoon; mentre in Sauvage innocence di Philippe Garrel, il cinema incrocia e dà la morte, implacabile e senza pietà, in un bellissimo bianco e nero, che ricorda la nouvelle vague e rappresenta quasi l’altra faccia di Effetto notte.
Altri mondi (possibili, immaginabili, desiderabili?): A.I. di Steven Spielberg è ambientato in un mondo futuro dove l’effetto serra ha provocato lo scioglimento dei ghiacci e New York, Amsterdam e Venezia sono sommerse. In Final fantasy (nei cinema durante e quindi quasi dentro Venezia), N.Y. è ancora devastata (sembra 1997 Fuga da N.Y., o 2001 il crollo delle torri gemelle). Il pianeta Marte di John Carpenter (Fantasmi da Marte) è invece un deserto dipinto di rosso, in cui sembra di ritornare al west (anticipando ancora una volta l’attualità del "prendetelo vivo o morto" di Bush jr), in una nuova versione di Rio Lobo di Howard Hawks, dopo un’apocalisse. Nel mondo di Alberto Grifi, invece, gli effetti speciali sono gli specchi deformanti di un pioniere della scena underground italiana, che ci dice anche cose illuminanti sull’oggi: "Il fascismo è chiudersi in casa propria, non comunicare con gli altri, aspettare che le banche ci dichiarino guerra".
Umano/sub-umano: negli schermi di Venezia si intravede un mondo in cui uomini e macchine vivono insieme e devono accettarsi: ma come faranno le macchine (si chiede Spielberg) a farsi accettare dagli uomini? Le macchine (nipotini di Hal 9000) sono discriminate e perseguitate, come lo è Pinocchio (l’unica fantasia che possa dare un senso alla vita del bambino-robot di A.I., stroncata dal rifiuto dei genitori, è quella di essere trasformato in un bambino vero). Il futuro (?) del nostro mondo è minacciato (in Final fantasy) da orde di fantasmi alieni tridimensionali, e l’unico modo per capirli è accettare il fatto che Gaia, lo spirito della Terra, è in comunicazione con tutti gli esseri viventi. Fantasmi come quelli di Carpenter su Marte, provenienti da un’antica civiltà marziana (indiani?) riportati accidentalmente in vita: feroci forze del male dolenti, senza pace, perché risvegliati dagli umani e in lotta con loro per cacciarli dal loro pianeta: ombre e angosce che riemergono dalla storia. Robot sempre più umani, attori virtuali più umani degli attori veri: ogni essere vivente ha uno spirito (compresi i robot?).
Il meglio di Venezia: Sauvage innocence di Philippe Garrel, La nobildonna e il duca di Eric Romher, Silenzio…si gira di Chahine, A.I. di Spielberg, Il voto è segreto di Babak Panahi
…e del cinema italiano: Marco Bechis con Figli, Vincenzo Marra con Tornando a casa, Giovanni Davide Maderna con L’amore imperfetto (per le intenzioni, soprattutto); molti autori giovani (o quasi) stanno costruendo, seppur in maniera incerta e con alterni risultati, un cinema adulto, che si ispira a grandi maestri e tradizioni (Dreyer, Rossellini,…).
Riparliamone
Venezia 2001: alla ricerca di un altro cinema
Chi ci salverà dal cinema medio, buono per tutte le latitudini, fatto con standard prefabbricati e frutto della "cattiva" globalizzazione? Forse Venezia qualche antidoto l’ha proposto.
Paolo Baldi