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Intervista a Diego Schiavon

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Intervista a Diego Schiavon

Ciao e complimenti per il tuo piazzamento in classifica in quest’ultima edizione del concorso per letteratura minimale, indetto dalla nostra rivista. Cosa puoi dire di te ai lettori, per raccontare chi è Diego Schiavon e cosa fa nella vita?

Diego Schiavon è uno studente al secondo anno di Economia Agraria alla Libera Università di Bolzano. Un testardo che deve fare sempre il contrario di ció che ci si aspetta da lui: ha scelto una facoltá scientifico-economica perché non voleva piú continuare gli studi umanistici del Liceo; uno che non riesce a stare troppo a lungo in un posto, che non riesce a mantenere un’opinione chiara su nessuna cosa o persona. Un disordinato, un indeciso, un inaffidabile, un introverso che vorrebbe conoscere e fare tutto e il contrario di tutto e che si accorge di sbagliare solo quando è troppo tardi.
Nessuno da cui prendere spunto, comunque.Uno che scrive essendo consapevole del fatto che scrivere é tradire e
mentire.

Come e quando sei venuto a conoscenza della nuova edizione del concorso?

Il giorno prima che scadessero i termini. Non ho potuto controllare le mie email per un po’, e d’improvviso mi sono ritrovato, tra le altre, la proposta di collaborare come giurato per il concorso. Con un magro sesto classificato alle spalle, 20 anni scarsi e pochissima esperienza letteraria, non mi pareva il caso di giudicare le fatiche altrui. Cosí ho riprovato.

Cosa ti ha spinto a partecipare anche quest’anno, dopo la sesta posizione ottenuta in A-DNA? Cosa hai pensato del nuovo tema proposto?

La mia testardaggine. La voglia di dimostrare qualcosa a me stesso, ma principalmente al resto del mondo. Il tema era interessante e capitava in un periodo in cui mi sto occupando di media, controllo psicologico e usi pacifici della guerra psicologica. Meglio di cosí. I temi dei vostri concorsi mi paiono sempre molto enigmatici e, quindi, liberamente
strumentalizzabili dalle mie fantasie del momento: bene cosí, ho la brutta abitudine di andare fuori tema.

Come è nato Movimento nascente? Quanto tempo ti ha portato via la stesura?

Stesura flash in 50-60 minuti. Movimento nascente è la definizione che dá Alberoni di relazioni intense quali, in primo luogo, l’innamoramento, ma anche affiliazioni politiche, passioni sportive, passioni culturali,. Mi affascina il modo caustico e alienante in cui la nostra società sfrutta, attraverso i media, i nostri istinti piú nobili per umiliarci, svilirci e renderci utili. Cosí ho messo insieme innamoramento e fine delle libertá sotto un titolo unico. A parte le considerazioni filosofiche, il racconto parla di una persona in particolare e si ispira unicamente a lei.

Ti aspettavi un consenso così assolutamente ampio da parte della giuria – dopo averla affrontata con Nero sangue con un esito più altalenante?

No. A un anno di distanza, giudico ancora Nero sangue molto migliore di Movimento nascente. Piú mio. Parti di Movimento nascente le ho scritte contro il mio stile personale e contro i miei giudizi estetici, espressamente copiando testi altrui. Mi aspettavo che ció venisse riconosciuto e punito dalla giuria, e mi ha lasciato stupefatto il risultato finale.

Hai avuto più "difficoltà" per il limite degli 8192 caratteri o per il vincolo sul tema? E come classifichi questo tuo racconto (horror, fantascienza…)?

Nessuno dei due. Ho lavorato come schiavo in un giornale e so ben dosare le mie parole. Il titolo, d’altra parte, è sempre e solo una maschera dietro cui si puó scavare a piacere, e mi diverto molto a girare intorno ai titoli per scrivere il racconto che voglio io. Prima di leggere il titolo, avevo giá in mente cosa scrivere. Si è solo trattato di adattare leggermente le
mie idee. Il racconto potrebbe essere fantascienza allo stesso modo in cui lo erano 1984 e Brave New World, ovvero in senso molto lato. Ci tengo a precisare, Movimento nascente non ha molto di fantascientifico (come i due romanzi): cose simili potrebbero giá essere sotto studio. Quando scrivo, tendo a concentrarmi piú sullo stile e a lasciare la trama in secondo piano (il medium è il messaggio, McLuhan docet). Quindi i miei racconti non li definisco mai per generi. Sullo stile, mi piace immaginare di scrivere come farebbe un carcerato innamorato della vita, ma non so dire che genere sia
questo.

Molti hanno definito "alla Dick" il tuo racconto. Cosa ne pensi di questo accostamento?

Per la mia limitatissima conoscenza letteraria, Dick è il nome del cane della Daniela (compagna di corso) e del cane di mio zio. Se sapessi chi è Dick, giuro, vi direi cosa penso dell’accostamento.

Conosci qualcuno degli altri partecipanti o hai già letto qualcosa di qualcuno di loro?

No, non conosco nessuno di loro (personalmente), e a parte Giorgini, Malavasi e Di Stefano, che avevano giá partecipato l’anno scorso, non ho mai letto nulla degli altri. Non leggo spesso fiction e mi concentro sulla saggistica.

Hai dato una scorsa alle altre opere e se sì quali ti hanno colpito in qualche modo?

Fantastico Giorgio, di Christian del Monte, veramente fantastico. Mi piacerebbe scrivere a quel modo e penso che faró un po’ di esperimenti e riflessioni ispirandomi al suo stile. Bello anche Maschere di Malavasi, ma mi sarebbe piaciuto di piú se fosse stato un po’ piú perverso. Ormai, massacrare la famiglia e mantenere una faccia pulita è vita quotidiana.

Cosa ne pensi dei giudizi dei giurati e del loro "stile" assolutamente variegato? E cosa ne pensi del fatto che essi abbiano ricevuto tutti i racconti insieme e SENZA nessuna indicazione sugli autori?

Le modalità di valutazione, in incognito, sono ottime e non avrei partecipato se non fosse stato cosí. Cosí è e cosí deve essere. Non mi permetto di giudicare i miei giudici, e a parte testimoniare la loro onestá ed il loro impegno, non voglio aggiungere altro.

C’è qualche commento sul tuo racconto che ti è piaciuto particolarmente?

Quello di Brianti, quando scrive "una descrizione che sembra dipingere piú che raccontare", e quello di Jarno con una frase simile. Diciamo che è il primo traguardo di un discorso linguistico che mando avanti da un paio d’anni.

E ce n’è uno che invece ti ha messo in difficoltà?

Tutti quelli che scrivono di questo "Dick": un enigma. E poi quello di Villa: non avevo idea di avere scritto in un "genere altamente codificato come la fantascienza cyberpunk". Si imparano sempre cose nuove.

Quest’anno abbiamo avuto meno partecipanti rispetto allo scorso anno. Hai qualche consiglio su come potremmo migliorare l’organizzazione della prossima edizione del nostro concorso?

Scuole? Università? Biblioteche? Centri sociali? I C.S. pullulano di futuri scrittori, e persino i Licei riescono a produrre qualche scontento dalle larghe vedute e dalla penna rapida. La Rete, d’altro canto, è sempre meno quella che conoscevamo, si è trasformata in una trappola per la cultura. Per sopravvivere, penso ci sia bisogno di appigli piú reali per i futuri scrittori, rapporti personali, volantinaggio diretto.

Che tema vorresti fosse trattato?

"Obbedisci e usami, padrone", o qualcosa sulla nostra strana idea di essere la parte attiva nel rapporto di proprietà con un oggetto, e non viceversa. Oppure qualche altro paradosso pour epater les bourgeois, ma al momento non mi sento cinico abbastanza.

Cosa ne pensi dell’editoria elettronica e delle produzioni come quella di KULT Underground?

Tutto il bene possibile, specie se sono affiancate da una conoscenza tecnica cosí buona come quella di KULT Underground. Se la letteratura ha ancora un futuro al di fuori dei centri commerciali e dei libri da film, l’editoria
online sará senz’altro di aiuto. Le iniziative in Rete rischiano peró di essere l’ultima frontiera della psicosi, dell’alienazione e del rifiuto sociale, se iniziano e finiscono in Rete. Gli Uomini devono comunicare in primo luogo come tali, e solo in secondo luogo attraverso le macchine.
Se posso sprecare ancora qualche byte, vorrei dedicare il racconto a: Alessandro, Emanuela, Paul, Sara, in ordine alfabetico.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato… e speriamo di rivederti anche il prossimo anno (e magari alla festa di KULT)…

Marco Giorgini

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