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Poi Dog Pondering / 8fatfat8

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Poi Dog Pondering / 8fatfat8
Special Edition
(Platetectonic, 2002)

Se già di solito i nomi che circolano in questa sezione di KU risultano del tutto nuovi a chi abbia l’occasione di imbattercisi, in questo caso siamo pronti a battere ogni record precedentemente stabilito… I Poi Dog Pondering, in assoluto fra i gruppi preferiti di chi scrive, sono infatti ormai una realtà del tutto underground, con un bacino d’utenza ristretto ed una competenza geografica quantomai limitata. Ho detto "ormai" perché un tempo non eccessivamente lontano i PDP ebbero l’onore di uscire addirittura su Sony/Columbia: si trattò però di un episodio senza seguito, dato che la loro musica ben poco ha da spartire con il mainstream e risultò immediatamente incompatibile con le esigenze commerciali di una major.
Da quel giorno Frank Orrall, leader indiscusso della band, ha deciso di mettersi in proprio, fondando a Chicago la Platetectonic Recordings e gestendo da sé la propria multiforme attività artistica: oltre ad un numero assai elevato di collaborazioni estemporanee, Orrall è infatti titolare di almeno due side project in grado di vantare un’uscita su CD (la Palm Fabric Orchestra ed appunto gli 8fatfat8).
Dare conto in due righe di un personaggio come Frank Orrall e dei suoi compagni di viaggio è decisamente arduo. Nati come colorata e multietnica ensemble folk-rock, i PDP hanno attraversato in quasi due decenni di attività ogni genere musicale che sia dato immaginare: dagli esordi in avanti si sono sbizzarriti in ambito rock, jazz, elettronico, folk, country, senza contare i non pochi remix che dagli anni Novanta hanno avuto per oggetto alcuni dei loro brani più significativi. Si ricordi poi che tanto i PDP quanto gli altri due gruppi citati non hanno nulla a che spartire con il classico schema voce-chitarra-basso-batteria: a suonare nei loro album non troverete mai meno di dieci musicisti, tutti impegnati ad arricchire il quadro con archi, tastiere, percussioni e campionamenti.
Sebbene la carriera dei PDP abbia regalato negli anni una lunga teoria di brani orecchiabili e sofisticati al tempo stesso, merce tutt’altro che abbondante nel music business, la band non ha mai sfondato, ragion per cui nel caso desideriate conoscerli meglio potete tranquillamente lasciar perdere MTV e le sue copie più o meno conformi. Da quando si sono stabiliti a Chicago, i PDP operano quasi esclusivamente a livello locale, al punto che perfino un tour degli interi Stati Uniti manca dalla loro agenda da parecchio tempo.
Date le premesse, lascio a voi immaginare come possa essere facile reperire i loro album da questa parte dell’oceano… Da parte mia, ho colmato un paio di vistose lacune nella mia discografia in occasione del mio recente soggiorno americano. Prendere il primo aereo per Chicago al solo scopo di procurarmi l’ultimissima uscita, di cui al termine di questo lunghissimo cappello introduttivo potrete leggere l’agognata recensione vera e propria, mi pareva però francamente esagerato; ragione per la quale mi sono rivolto direttamente in sede, ovvero alla Platetectonic Recordings, chiedendo se fosse possibile ricevere il prezioso oggetto anche all’estero e con quale sovrapprezzo di spese postali. Con mia enorme e graditissima sorpresa, sono stato invitato semplicemente a spedire via e-mail il mio recapito per l’invio di una copia gratuita! Badate bene, trattasi di un CD originale da quasi settanta minuti che negli Stati Uniti può essere richiesto per 20$… Non ho avuto quasi il tempo di ringraziare, sempre via e-mail, la gentilissima signorina (o signora) Tina, mia referente in sede, che già il postino bussava alla mia porta e mi lasciava tra le mani il pacchetto. Al suo interno, come previsto, questo split tutto targato Frank Orrall fra i PDP e gli 8fatfat8: nove brani a nome dei primi, di cui otto provenienti dal full length di prossima uscita In Seed Comes Fruit; due per i quali dobbiamo ringraziare i secondi, autori dell’album Music From The Gaijin Hotel.
La sezione dei PDP è il consueto, mirabolante connubio fra melodia, raffinatezza di suoni, elementi ritmici di origine elettronica, orchestrazioni sontuose seppur mai sopra le righe, e voci: non solo quella di Orrall, ma anche dei tre vocalists di colore Kornell Hargrove, Charlette Wortham e Carla Prather; più quella di un altro membro storico del gruppo, la violinista Susan Voelz. Membri a tutti gli effetti del gruppo risultano in dodici, almeno stando al booklet, ma questa cifra va raddoppiata per dar conto anche del guest musicians: ecco perché la musica che esce da questi solchi respira a pieni polmoni, alimentata da sonorità lussureggianti ed arrangiamenti sempre due gradini sopra a gran parte della musica contemporanea. La rilassatezza della lounge e del jazz d’ascolto convivono qui con tappeti ritmici avvolgenti, sempre caldi anche quando ricorrono all’elettronica, la quale da par suo è sempre funzionale all’insieme e mai sfoggiata in maniera fine a se stessa. Impossibile citare un brano in particolare: l’esperienza d’ascolto è unitaria, fluida, senza che il passaggio da una canzone alla successiva si traduca in alcun brusco sbalzo.
Anche negli 8fatfat8 la mano di Frank Orrall è riconoscibile al volo. Lenya è uno stupendo affresco new age, completamente strumentale, a tratti vicino alle pacate sonorità ambientali e naturali alle quali oggi ci si affida nei momenti di ricerca di tranquillità e pace; un delicato massaggio ai timpani che non si vorrebbe finisse mai. Sleepover ne è degna compagna: si apre su timbriche spaziali e tremolanti echi elettronici, prima dell’ingresso in scena di percussioni tribali ed archi che riportano alla memoria la squisita Entrance, brano che con il gemello Endtrance chiudeva Volo Volo dei PDP: qui ci sono anche vocals femminili di grande impatto a livello di atmosfera.
Ci sono artisti o gruppi che impari a conoscere disco dopo disco ed ai quali concedi totale fiducia, perché sai già come il loro prossimo album suonerà e sei già sicuro che una volta acquistatolo non ti deluderà. Con i PDP il discorso è leggermente diverso: anche con il loro prossimo lavoro andrai sempre sul velluto, ma in compenso non saprai mai in anticipo dove saranno andati a parare. Credo che questo sia un complimento ancora più spassionato. Conservare i propri fans, non importa se dieci o dieci milioni, è facile quando dai loro sempre quello che si aspettano; mantenere un fandom assiduo passando in quindici anni dal country-folk all’ambient elettronico, senza peraltro perdere un briciolo della propria identità, è qualcosa che invece solo i grandissimi sanno fare. Tanto di cappello, mister Orrall; & grazie per tre lustri di straordinaria musica!

Fabrizio Claudio Marcon

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