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Sangue

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Sangue


Perché una renna?
E’ un po’ assurdo che mi ritrovi qui a chiedermelo, eppure sembra che io non possa fare a meno di pormi delle domande, anche quando sono senza senso e senza risposta… sono qui. Il mio riflesso nell’acqua è il solito. Il pelo grigio-crema su bianco del mio collo che sfuma e diventa marrone chiaro sul muso, gli occhi neri, i tratti sottili e vagamente bovini. I denti affilati ma non appuntiti, sì, da erbivoro, fatti per masticare e masticare, ed anche se ricordarmelo mi dà sempre un lieve brivido mi fa anche venire di nuovo fame, visto che i licheni di questi dintorni non soddisfano mai abbastanza. In questa stagione, senza palchi, ricordo proprio un buffo bovino.
La superficie dell’acqua porta odori interessanti oggi. C’è muschio di parecchi tipi, il solito che ad occhi umani colora il fondo e le rive, terra rossa, ed anche qualcos’altro… oca selvatica? Devono esserci delle oche più a monte, strano che non le abbia sentite, certo, ma non che ci facessi attenzione, ci sono ben altri animali da cui guardarsi qui. Muffa, legno ammuffito, decomposto, da un punto molto vicino. Credo sia castagno. Un delizioso assaggio dei primi pollini, persino…
Destra, alto, dietro. Hm? Solo un uccello rumoroso. No, tranquillo, non ci sono predatori adesso. Probabilmente se ne stanno ancora rintanati, a sognare di affondare piacevolmente i denti in qualcosa, ed è meglio non immaginare in cosa. In effetti non è la giornata più adatta per stare all’aperto e minaccia di piovere entro poche ore, ma questo posto è bello anche immerso in questa atmosfera da temporale ed è sempre un piacere venire qui. Ormai la stagione in cui sento davvero il bisogno di cambiare forma sta per finire, ho passato quasi un mese intero da renna, e poi passerà forse un mese prima che torni ad esserlo. Qui le piante sono rade e chiare, betulle ed abeti fanno da colore di fondo da ogni parte, e poi ogni parte aggiunge qualcosa di suo, che sia il tono scuro dei ginepri, il fiume, o la mia coda.
Perché una renna? Mi interessavano poco le leggende sulle renne mannare, persino quando già iniziavo ad avere indizi evidenti di ciò che ero. Vuoi mettere? Scoprire di essere un orso, o anche un lupo, doveva essere tutta un’altra cosa. O una volpe, perché no, essere una volpe e sapere che più vieni sottovalutato e meglio te la passi. Ed invece… la mia forma è proprio quella di una renna. Un renna color tundra, che in un branco di suoi simili può essere persino difficile da distinguere dalle femmine. Difficile se si usano gli occhi, ovviamente. E pensare che qualcuno crede che stiamo a guardarci la forma dei palchi piuttosto che usare il naso!
All’inizio non capivo proprio che senso avesse. Era un piacere scoprire di essere qualcosa di speciale, no? Di poter diventare un animale, capire cosa si prova, come si vive, avere risposta a quelle tante domande che ti dici che gli vorresti fare se potesse parlare – qualsiasi animale. Ma una renna mannara! E’ veramente al di là di ogni immaginazione esserlo e ritrovarmi a sobbalzare ogni volta che penso a qualcosa di peloso, se non ho pensato anche che è erbivoro. Due occhi visti all’improvviso bastano a farmi drizzare i peli del collo, e neanche a sproposito…
Cosa abbiamo qui? Non sembrano mangiabili, no, c’è di meglio.
La paura non viene mai a sproposito. Di certo non per me nè per quelli come me, so che è così anche se non ne ho mai incontrati di persona. Io non sono come i lupi o gli orsi mannari, e neppure come i cinghiali di cui a volte ho sentito parlare, sono molto diverso da loro…
Allora, da che parte mi converrà andare. L’aria è freddina ed il grigio sta calando un po’ dappertutto ora, penso che pioverà presto… l’odore dell’umidità comune sta già lasciando il posto a quello dell’acqua piovana. E sono passate delle renne di qui, un gruppo di femmine ed un paio di cerbiatti. Cosa sento, una era ancora in calore? E’ in ritardo di diversi mesi, poverina, non deve essere bello. Splendido odore comunque, riesco quasi a vederla, è un odore da pelo chiaro… circa due anni, sì.
Insomma, io lo amo questo naso. Davvero. Cos’altro potrebbe permettermi di distinguere se un pezzo di legno marcio vecchio di mesi è betulla o castagno, o di trovare da mangiare veramente ad occhi chiusi, sotto la neve o a parecchi metri di distanza? Anche in forma umana ho un olfatto molto migliore della media, ma è letteralmente come vivere in un altro mondo. Per gli umani, me compreso, annusare l’aria è come leccare un cesto da frutta senza tirare fuori il contenuto, intendere vagamente cosa c’è dentro ma nulla di più. Per un umano annusare l’aria ora sarebbe solo un fastidio per via del freddo, mentre io sento caldo quasi come se stringessi lei sotto di me.
Ma c’è dell’altro, sentiamo. Cosa? Oh cielo… cielo. Calma. Selvatico, selvatico scuro, a destra, insieme a sangue, trentacinque metri.
Veloce. Veloce veloce veloce… niente domande. No, no invece. Calma. Controllati. Non tremare, non muoverti a caso, non correre. Dove, dov’è?
E’ solo, lo vedo. E’ uno solo – un lupo. Un lupo sevatico, grigio, come ce ne sono tanti in queste terre. Mi fissa, mi sento come se stessi guardando la morte in persona.
Il cuore mi parla. "Scappa, vattene… tu sei un cervo." Le tue zampe sono fatte per correre, non per lottare, la tua bocca è fatta per il muschio e la corteccia, non per mordere, certo. Ma lui è uno… ed ora ogni singola particella di qualsiasi odore, ogni suono, stanno arrivando a me, e so che non ce ne sono altri nei dintorni. Deve essere un esiliato, o forse ha lasciato un branco in cerca di migliore fortuna.
Anche lui annusa l’aria e mi guarda. Sento un ringhio che cresce piano piano, ma poco, e conta anche poco: qui, adesso, uno di fronte all’altro, renna e lupo… per me è un duello di odore e di controllo prima che ogni altra cosa. Quello della paura è l’odore più facile da sentire. Lui lo cerca, ed anch’io.
Che siamo vicini di per sé conta poco, le zebre sicure di sé non scappano al semplice vedere un leone. Se io mostro paura, vuol dire che lui è davvero il più forte.
E’ giovane ma non è in salute, sembra malato e respira rapidamente. Ma è evidente che ha fame.
Non ho i palchi per difendermi: non importa. Non è la prima volta, e no, non sarà l’ultima, capito?
…capito?
Il suo odore mi soffoca quasi, mi fa schifo, come quello di ogni carnivoro. Inspiro, entra fino in fondo, espiro, si allontana per una frazione di secondo, nel mezzo del respiro.
Allora?
Capito. Trotta via in un frusciare di foglie.
E’ proprio andato? Lo sento correre via, sempre più lontano a monte…
Per oggi sarà una lepre a perdere, o una pernice, o forse niente. Meglio andarmene di qui, non è normale un incontro del genere in questa zona. Il cuore continua a parlare ed a battere forte, ma adesso non è il momento, voglio solo andarmene.
Tornerò nel solito pascolo più a valle, meglio lasciar perdere i boschi per oggi. Anche se questo posto non mi fa sentire a casa come in pianura, mi piace davvero, aiuta a riflettere. Spero che questo lupo fosse davvero solo e non il primo di un branco diretto ad insediarsi qui, in città girava voce che potrebbe succedere presto purtroppo.
Perché una renna, dunque? Avere incontrato questo lupo mi convincerà per un altro po’ che è sciocco chiedermelo.
Del resto io non sono come gli altri mannari.
Il giorno in cui un lupo mi morderà alla gola… hm… sarà veramente l’ultimo. Il mio sangue ora è sangue di renna e solo di renna. Quando scorre non si ferma prima di quello di qualunque altro animale, non c’è nessuna forza che rigeneri il mio corpo più in fretta o che mi renda più resistente, come so che invece accade a gran parte degli altri mannari. E’ per questo che mi è venuta e mi viene in mente tante volte quella domanda. La natura ha voluto che una renna mannara sia renna fino in fondo, che faccia suo il rischio di essere davvero solo una preda come un’altra.
E forse non può che essere così…
Se così non fosse, non potrei essere una renna.


Alessio Scalerandi

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