È sempre la solita routine…
Anno 2071, una sera a Volterra, Italia centrale. La ragazza entra in uno strano ufficio, sembra un laboratorio, ma le pareti sono coperte di immagini molto colorate di alberi e prati, con grandi soli gialli e cieli azzurri, sono pitture fatte con le dita dai bambini e bambine degli asili e scuole elementari locali. Lei è molto alta, ha capelli dorati e lunghi, ha l’aspetto di una persona che fa moltissima atletica e forse perfino un po’ di pesistica. Nella stanza l’aspettano un giovane e una donna di mezza età, entrambi indossano camici bianchi, ma al petto portano una tessera iridescente verde, che ricorda il dorso metallizzato di una cetonia.
"Salve Ursula, come va oggi?", dice il giovane, accennando una specie di inchino.
"Fisicamente sto bene e sono pronta. Per il resto va tutto abbastanza bene, il mio fidanzato è tornato a convivere con me."
Ursula firma un registro di vera carta. Anche se siamo in pieno inverno, lei indossa abiti piuttosto leggeri, ha solo una camicetta di stoffa ruvida con delle strane strisce di microvelcro lungo tutta la lunghezza delle maniche e sul davanti, ma anche una normale fila di bottoni, che inizia a sbottonare.
"Oggi abbiamo una bella capra grassa", dice la donna di mezz’età. Ursula annuisce.
"Lui non si era ancora reso conto di cosa stava perdendo", dice il giovane.
Ursula si toglie la camicia, non porta il reggiseno. I suoi seni sono piuttosto schiacciati sul torace, ma hanno un bell’aspetto simmetrico. Poi si toglie i sandali e si sfila i pantaloni. Non porta neanche biancheria intima. Uno dei due giovani la fissa quasi, è evidente che il suo corpo statuario gli piace, ma lei non mostra il minimo accenno di pudore. La signora di mezza età è in un’altra parte della stanza e sta armeggiando con alcuni oggetti.
"Invece sembra che tu abbia sempre saputo cosa stava perdendo, vero?", dice Ursula.
"Beh, se dicessi che non mi piaci direi una fesseria", dice il giovane Stefano. Lei sorride, e sembra che non si sia offesa, anzi sembra che abbia gradito la risposta, proprio come se fosse stata un complimento.
Ursula è nuda, e si stira lentamente come un gatto, mostrando tutto il suo corpo. Poi si siede su una grossa poltrona dotata di rotelline. Il giovane va dietro la poltrona e la spinge ad un tavolo, poi gli disinfetta il braccio, lei contrae un po’ i muscoli per far evidenziare i vasi, e lui ci infila due aghi, facendo attenzione a centrare quello giusto. Gli aghi sono collegati a due tubetti trasparenti che entrano in una scatoletta posta sul tavolo. Lei è rilassata, sembra che gli aghi non le abbiano dato particolare fastidio.
"Il tuo cane sta bene?", gli chiede la signora da lontano.
"Sì, abbastanza, ma vorrebbe sentirsi ancora giovane come un tempo. Al mio ragazzo non piace, e questo lo rende triste", risponde Ursula.
Passano un paio di minuti.
"Così dovrebbe bastare. Facciamo una prova?", dice Stefano. Lei annuisce.
Lui prende un piccolo utensile strano, lo mette sul palmo della mano di lei e poi preme un bottone.
Stack!
L’utensile ha sparato quattro piccole punte di acciaio nel palmo della mano di lei, poi le estrae. Lei non ha battuto ciglio.
Stack!
L’operazione viene ripetuta poco sopra il gomito, con risultati uguali. Dagli otto forellini stranamente esce pochissimo sangue.
"Sentito dolore?", chiede Stefano. Ursula fa segno negativo con la testa.
"Va bene. L’anestetico ha fatto effetto, ma sbrighiamoci, tra meno di due minuti sarà stato neutralizzato. Sono le ore 22:59, il braccio è pronto, è del tutto insensibile al dolore. Quando vuoi siamo pronti", dice Stefano mentre toglie gli aghi dell’anestetico dal braccio di lei, e li ripone nella scatoletta, che per un attimo emette un ronzio, mentre li sterilizza.
"Bene, procedo", dice Ursula.
Ursula infila il braccio in un’apertura della macchina che le sta davanti. Si aiuta anche con l’altra mano perché il braccio ha quasi perso la coordinazione.
Il giovane assistente si assicura che la tenuta della valvola a liquido sia perfetta. Il braccio di lei è circondato da un anello di liquido ferromagnetico che sigilla la parte esterna del braccio da quella interna. Poi Stefano per ulteriore sicurezza le sposta davanti un sottile schermo di piombo, è diviso in due parti, ciascuno ha un’indentatura semicircolare che si chiude sul braccio di lei, anche se l’apertura è piuttosto più grande del suo braccio. Poi blocca Ursula sulla poltrona con dei grossi legacci di gomma.
Poi Stefano e la donna si allontanano e si mettono dietro una console. Ursula con la mano libera prende un comando con un solo pulsante sopra.
"Procedure di inizializzazione e controlli effettuati, tutto verde. Noi siamo pronti. Deuterio pronto. Puoi cominciare quando vuoi", dice la signora.
"Pronta. Inizio la trasformazione", dice Ursula.
All’inizio sembra che non succeda nulla, ma poi le inizia a respirare affannosamente e sul corpo iniziano a spuntarle dei peli.
Anf! Anf! Angrf! AgggRf!
In breve è evidente che lei si sta trasformando in qualcosa di animalesco. Quando la velocità della sua trasformazione è al massimo preme il bottone.
Sbangfff! Chonggf!
CAiiiii!
Ursula si è trasformata in una grossa lupa antropomorfa.
CHNAG! sssssshh!
Ursula ora è una normale lupa mannara, del tipo volontario, che rimane intelligente e ragionevole anche quando è trasformata in mezza forma.
"Taglio e cauterizzazione laser del moncherino effettuate. Arterie graffettate. Nessuna perdita di sangue particolarmente intensa. La reazione è innescata e stabile", dice il giovane. Poi si avvicina a lei e rimuove lo schermo di piombo. Adesso il foro basta a malapena a farci passare il suo bicipite. Lei estrae il braccio e ne annusa l’estremità, poi gli dà qualche leccata con poca convinzione. Nel fare il movimento, sotto la bellissima pelliccia dorata i suoi muscoli massicci danzano in maniera ben visibile. Ha il braccio perfettamente mozzato, ed escono solo alcune gocce di sangue, che smettono subito. Però puzza molto di bruciato, in una maniera nauseante. Lei rimane qualche secondo immobile, ma non sembra scioccata da tutto quello che è successo.
"Come ti senti?", dice la signora.
"Abbastanza bene. Adesso ho fame", dice lei con voce baritonale.
"Ecco!", dice Stefano. Spinge un carrello molto basso, con sopra una capra morta e intera, uccisa di recente. Lei si alza dalla poltrona, cammina bipede sui suoi piedi digitigradi e scodinzolando si siede sul terreno accanto alla capra. Strappa una coscia e inizia a mangiare, la carne è ancora calda. Stefano osserva Ursula da vicino. Passano parecchi minuti in cui si sente solo inghiottire, e il rumore dei suoi denti che sbriciolano senza sforzo le ossa della capra, come se fossero biscotti secchi. I due col camice abbassano un po’ le luci e poi si allontanano. Lei si sdraia a terra, ha il muso tutto insanguinato, e dopo un po’ si addormenta su un tappetino lucido. Dopo un’ora abbondante i due tornano. Il braccio della mannara sembra ricresciuto perfettamente, tanto che è indistinguibile dall’altro.
Stefano le si avvicina cautamente, è chiaro che il corpo di lei gli piace in ogni forma. L’udito lupino di Ursula la fa svegliare di colpo. Scatta, e in un attimo è accucciata sui quattro arti e pronta a difendersi, mostrando i denti.
"Come stai?", dice piano per non spaventarla ulteriormente.
"Mi hai spaventato", dice lei rilassandosi.
"Scusami", dice Stefano.
Lei si guarda la mano, sul palmo ha dei cuscinetti neri, ha il pollice opponibile ma le dita sono corte e tozze, e in cima hanno degli artigli robusti, ma non troppo lunghi. Muove le dita della nuova mano, sembra tutto a posto. Le piccole graffette metalliche che hanno chiuso le arterie sono sul pavimento.
Lei si alza in piedi, è alta mezzo metro più di lui, stende le braccia in alto e si stira. I suoi seni sono ancora visibili al loro posto, ma sono ancora più schiacciati, e più in basso ce ne sono altre due paia, più piccoli.
Lui la osserva dal basso, poi allunga una mano per carezzarla su un fianco, ma lei gli dà una lieve frustata sulla mano con la coda per scacciarlo. Ma poi dispiaciuta gli prende la mano.
"Scusa. Mi ritrasformo", dice Ursula. In trenta secondi torna perfettamente umana come prima. Ha solo gli zigomi un po’ accentuati, e delle unghie un po’ troppo acuminate. Ha tenuto la mano di Stefano per tutto il tempo.
Poi lei si separa gli lascia la mano, cammina verso un grosso lavabo e si lava via il sangue. In forma umana è più piccola, per cui ora ha un grosso pancione un po’ doloroso, per colpa di tutti i chilogrammi di capra che ha mangiato. La signora di mezza età le passa un asciugamano e gli abiti, e poi Stefano porta via il carrello con i resti della capra. Lei si riveste, fa scorrere una specie di carta di credito in una fessura, poi li abbraccia uno dopo l’altra.
"Spero di rivederti", dice Ursula a Stefano. Poi li saluta, li abbraccia di nuovo, e se ne va.
"Questa forse invece è l’ultima volta che la vedi qui. Domani ti trasferiscono", dice la donna di mezza età.
"Lo so. Mi sarebbe piaciuto godermi lo spettacolo ancora qualche altra volta… Hai visto com’era eccitata mentre mangiava?! Alcuni giorni fa l’ho sognata che…", risponde l’altro.
"Lei smuove anche i sassi. Tutti qui l’hanno sognata almeno una volta, in una forma o in un’altra, perfino io, e non sono l’unica! Tu reagisci non solo perché è bella, ma anche per via del mucchio di feromoni che emette quando si trasforma, a cui sono sensibile anch’io. È molto fedele al suo fidanzato umano, eppure lui non apprezza affatto i suoi lati lupini, e lei quando è con lui soffre un po’ perché deve controllarli, cosa che alla lunga nessun mannaro può fare. Chissà quanto potrà durare. Non hai idea di quanta rabbia mi faccia questa situazione. Conosco un etologo e un collega che si farebbero in quattro per lei", dice la donna di mezza età, "Come mannara lei è forte, anche psicologicamente, ma in ambito affettivo è vulnerabile quanto noi, forse più."
I mannari lupini e gli altri mannari sono usciti allo scoperto e si sono resi pubblicamente visibili dopo il disastro nucleare del 2041 in Canada. Quando si trasformano in antropomorfi talvolta arrivano a pesare più del triplo di quando sono in forma umana, ma non è ancora stata trovata una giustificazione scientifica di questo fenomeno, e vari scienziati vi stanno ancora studiando. In particolare fece scalpore anche un famoso fisico nucleare italiano dal carattere estremamente schivo e insolito, che dichiarò di essere una volpe mannara.
Oggi anche i piccoli paesi come Volterra hanno almeno un grosso reattore a fusione nucleare, ma l’energia che produce è perfino troppa per un paese così piccolo. Però per motivi ingegneristici non è ancora facile costruire reattori più piccoli e meno potenti. Per cui il reattore stesso rimane spento molti giorni della settimana, e negli altri giorni il paese usa l’energia immagazzinata in vari modi. Per cui ogni settimana il reattore deve essere riacceso, ma per fare ciò serve moltissima energia, non facile da reperire se non si ha un altro reattore già acceso a disposizione. Di solito quindi i reattori sono collegati in reti in modo che ogni reattore spento possa ricevere l’energia d’innesco da almeno due altri reattori accesi.
Alcuni anni fa un ingegnere nucleare fusionista dell’alta Europa decise di prendere per dato di fatto che quando un mannaro si trasforma, infrange localmente le leggi di conservazione di massa ed energia, e capì che questo fatto inspiegato poteva comunque essere sfruttato ingegneristicamente per produrre per pochi istanti enormi quantitativi di energia, e decise di costruire tale macchina, che però distrugge lo stesso tessuto che si sta trasformando. Il che comunque per un mannaro, dotato di enormi capacità rigenerative naturali, non è troppo grave.
Per cui ogni settimana Ursula viene pagata profumatamente per trasformarsi col braccio dentro la macchina. Essa usa l’energia ricavata per accendere il reattore a fusione nucleare posto non molto distante. Ogni volta gli serve circa un’ora perché il suo corpo, dotato della tipica vitalità mannara, e alimentato da abbondante cibo, rigeneri un arto nuovo identico all’originale. Il braccio all’inizio richiede solo qualche minuto di esercizi per ripristinare la corretta mappatura neurale e sensibilità.
I mannari sono abbastanza rari, e ancor più rari sono quelli che accettano di fare una cosa del genere, per cui per il momento lei ha un lavoro assicurato. Coi soldi che ricava in questo e un’altro lavoro, sta cercando di farsi una famiglia, ma buona parte dei soldi li dà a vari parchi naturalistici canadesi, dove vivono in libertà alcuni suoi amici lupi, e li investe in territori che i mannari di tutto il mondo stanno lavorando per acquistare. Si tratta di terreni semiprivati, che i mannari possono sfruttare, ma che gli governi considerano come delle specie di bei parchi naturalistici autogestiti, nei quali è permessa una limitata forma di turismo da parte degli umani. La convivenza cogli umani è ancora problematica, ma la situazione dei mannari sta migliorando.
Al lavoro
Leonardo Maffi