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Perdiamoci al cinema

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Perdiamoci al cinema

Sareste invogliati/e ad andare a vedere un film che viene così presentato dal suo autore: parte I: lei si trovò circondata dal mistero assoluto; parte II: una triste illusione; parte III: amore? Se la vostra risposta è positiva, ecco il film per voi: Mulholland drive di David Lynch, altrimenti…cambiate pagina.
Ancora una conferma che il miglior cinema di questi ultimi mesi arriva dagli Usa: la globalizzazione intesa come diffusione della cultura ha anche i suoi meriti, se porta in giro per il mondo i film di Lynch, Coen, Mann,… Vincitore del premio per la miglior regia a Cannes 2001 (ex equeo con i Coen, appunto) e candidato all’oscar come miglior regista (
molto sorprendente1 per i gusti tradizionali di Hollywood), David Lynch torna ai suoi fantasmi e alle sue ossessioni mentali, agli universi paralleli di questa nostra misera realtà (ma, diceva, Philiph Dick: se questo mondo vi fa schifo, doveste vedere gli altri).
Mulholland drive è speculare proprio all’ultimo film di Lynch, Una storia vera, all’apparenza una storia raccontata da un’altra mano, in realtà, dietro la placida calma di quella storia si aprivano anche lì ricordi e fantasmi angosciosi e brucianti (solo più acquietati per un momento), che spingevano il protagonista ad attraversare gli Usa con una motofalciatrice per andare a cercare il fratello ed una parte di sé.
Mulholland drive doveva essere una serie televisiva sulla L.A. ai margini di Hollywood – Mulholland drive è una strada che corre sopra Hollywood, luogo malfamato dei gialli noir di Chandler e James Ellroy – poi il progetto è stato scartato dalla ABC perché giudicato troppo poco televisivo, nonostante (o forse proprio per questo) che Lynch sia stato autore della serie tv più intrigante degli ultimi anni: Twin Peaks, a cui era seguito un film, Fuoco cammina con me, che ne aveva rappresentato il prequel, cioè l’antefatto.
Mulholland drive è diventato così un film, prodotto da capitali francesi (grazie Francia, anche per questo), che ha compresso in due ore e mezza gli spunti per le tante storie che dovevano animare la serie televisiva: aspiranti attrici che si scambiano i ruoli, personaggi che perdono la memoria, baci lesbici, boss mafiosi di Hollywood, parodie di registi di culto (Wenders?), killer che sembrano usciti da Tarantino, una misteriosa scatola blu da cui si viene proiettati in un’altra dimensione,… Ancora un film che gira intorno ad una Hollywood prosaica e per niente sfavillante.
Disorientamento, spaesamento, cinema astratto: secondo una delle attrici, neanche
Lynch aveva la minima idea di quale fosse il senso del film, che non ha un tradizionale filo logico, è ambiguo o incomprensibile, più vicino a Strade perdute e Fuoco cammina con me, con tanti personaggi come in Twin peaks e le suggestioni di Eraserhead.
Lynch costruisce atmosfere e semina suggestioni, tocca allo spettatore raccoglierli. Possiamo lambiccarci per cercare di far combaciare le caselle di un puzzle irrisolvibile (tutto il film è rappresentato da ricordi, sogni e incubi della protagonista?), ma il modo migliore per apprezzarlo è lasciarsi andare alle sensazioni, abbandonando fuori la razionalità e la necessità di capire tutto e collegare ogni fatto logicamente.

Paolo Baldi

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Si dice che parte della critica statunitense, solitamente ostile a Lynch, lo abbia osannato per la paura di fare una figuraccia dato che il film è piuttosto criptico e difficilmente comprensibile.

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