Posso immaginare che gli Hoobastank si avvantaggeranno non poco dell’opportunità che è stata loro data di accompagnare gli Incubus nel loro tour europeo. Fin qui noti solo ad una frangia tutto sommato minoritaria del pubblico in virtù del singolo Crawling In The Dark, i quattro stanno avendo modo di farsi conoscere da un fandom, quello degli Incubus, senza alcun dubbio sensibile a proposte musicalmente robuste ma originali.
Definire gli Hoobastank degli Incubus-wannabe è forse eccessivo, ma è giusto far notare che il loro album d’esordio si muove entro coordinate non troppo distanti da quelle degli illustri colleghi di tour. Pur non avendo un dj in formazione, gli Hoobastank mostrano come loro di amare i cambi di ritmo, le pause inserite ad hoc nel tessuto di brani altrimenti assai duri e le derive più piacevolmente atmosferiche. Musica hard, ma suonata con la testa oltre che col cuore.
La già citata Crawling In The Dark apre il disco e porta subito tutti in pista, ma sorprendentemente si rivela solo pari se non inferiore a quanto verrà dopo. Individuerei in Running Away, Let You Know, Better, Up And Gone, Too Little Too Late ed Hello Again le tante vette del lavoro: brani dall’incedere solido e di facile memorizzazione, arricchiti da ritornelli assai efficaci e congegnati in modo da poter piacere senza dubbio anche ai patiti di act quali Linkin’ Park e Sum 41.
I vocals sono molto interessanti: Douglas Robb va spesso a lambire i territori nei quali è solito muoversi Brandon Boyd (voce degli Incubus) e non fa mancare il necessario apporto adrenalinico, ben supportato dal lavoro melodico delle seconde voci. L’unico appunto che gli si può muovere è una certa insistenza sulle "-aaaay" prolungate a fine verso, una sorta di vezzo che alla lunga si fa un po’ ripetitivo… traccia tre, "so why are you running awaaaay"; traccia otto, "he seems so far awaaaay"; traccia dieci, "so with confidence I saaaay". Ma forse questo è cercare il pelo nell’uovo… e visto che l’unico neo dell’intero disco è questo, allora potete andare ad acquistarlo ad occhi chiusi!
A livello strumentale Dan Estrin (chitarra), Markku Lappalainen (basso) e Chriss Hesse (batteria) suppliscono a volte con groove imprevedibilmente elettronici alla già ricordata mancanza di un vero e proprio dj: Estrin in particolare estrae dal cappello più di una volta (è il caso di Crawling In The Dark e Better) suoni paragonabili a quelli dei Chemical Brothers che facevano un tempo capolino anche nelle discoteche crossover-punk.
Azzeccato incontro fra sonorità sbarazzine e giovanili (da ascoltare in questo senso è Ready For You) e momenti più ambiziosi, gli Hoobastank sono una band da tenere d’occhio. Non mi sorprenderei se presto trovassero il singolo capace di spianare loro la strada in classifica, per poi magari tornare in tour dalle nostre parti questa volta però in veste di headliners della serata: per quanto mi riguarda, tornerei a vederli più che volentieri. L’impressione è che possano crescere ancora, e di molto: a livello puramente musicale, quando si permetteranno di espandere il proprio spettro creativo verso nuovi territori; ed in quanto a scrittura, fin qui semplice e lineare ma già capace di trasmettere emozioni. Tutte queste prospettive, è bene ricordarlo, si innestano sulla base di un gruppo che già fa faville. Mi auguro e credo che il futuro ci riservi altre note positive da loro.
Hoobastank – S/T
Fabrizio Claudio Marcon