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Destino terminale

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Destino terminale

5 agosto 3897 – Diario di bordo

Questo viaggio nello spazio sembra non avere fine e come al solito nessuno mi ha detto dove sono diretto. Ho una missione da compiere, uguale a molte altre che ho portato a termine in questi anni di servizio. Ormai sono abituato a questi metodi. Sono solo a bordo, il mio unico confidente è questo computer che utilizzo come un diario telematico. Mi servo di un microfono e detto parole che vanno a imprimersi sullo schermo bianco. Ricordi che non serviranno a nessuno, se non ad alleviare la mia solitudine. Credo che non viaggerò ancora per molto. Non ho più voglia di avventure a giro per il cosmo. Ne ho abbastanza di queste navi e dei loro congegni computerizzati, ci ho passato anche troppi anni della mia vita. D’ora in poi voglio stare con la mia famiglia e tornare a vivere come uno dei tanti abitanti del pianeta, senza più dover sottostare agli ordini del Supremo Congresso Mondiale. Troveranno altri volontari per queste missioni.

6 agosto 3897 – Diario di bordo

Ogni giorno controllo i meccanismi del quadro di comando. So che non ci può essere niente che non va, però lo faccio lo stesso. Le missioni sono sotto il controllo di tecnici esperti. Hanno fatto partire migliaia di viaggi spaziali durante questi anni e che io sappia non hanno mai fallito. Arriveremo a destinazione, questa è l’unica cosa certa. Il mio compito è solo quello di guidare il razzo su di una rotta sconosciuta. Non è importante che ne comprenda il senso. Devo solo eseguire gli ordini che le alte sfere del Supremo Congresso Mondiale mi hanno impartito. Loro conoscono il motivo di questo viaggio, come di tutti i precedenti. Io devo solo sapere che mi trovo nello spazio per il bene dell’umanità e che la missione è importante per il destino del pianeta. E’ abbastanza per cercare di non commettere errori.
Vedo dallo schermo della sala comandi lo sterminato spettacolo dell’infinito. Sono anni che percorro i cieli a bordo di navi spaziali, però riesco sempre a emozionarmi come fosse la prima volta. Mi trovo a milioni di anni luce dalla Terra e non rammento con precisione neppure da quanto tempo sono partito. Ricordo la famiglia che ho lasciato, anche se ne ho soltanto una percezione confusa. So che tutto fa parte del piano. Quando siamo in missione la nostra mente deve essere libera da ogni preoccupazione, per concentrarsi sul compito assegnato. Prima di partire ci sottoponiamo a un processo di lavaggio del cervello che elimina i ricordi. Restano vaghe sensazioni del passato e la memoria si trasforma in una lavagna nera sulla quale tutto è ancora da scrivere. Viaggiare in compagnia di ricordi e sentimenti sarebbe solo un pericoloso intralcio e ci distoglierebbe dalla missione. La cosa straordinaria è che non riescono mai a ripulirmi del tutto dalle emozioni. C’è sempre qualcosa che resta a ricordarmi il passato, minuscole sensazioni e momenti vissuti scorrono come in un vecchio film. Cose già viste, ricordi, paure.
Non dovrebbe essere così, però accade.
O forse anche questo fa parte del piano. Chissà…
Sarà per questo che mi ritrovo ogni sera a dettare inutili parole a un microfono e mi dà un piacere incredibile vederle scolpite sullo schermo bianco. Mi fa sentire meno solo.

7 agosto 3897 – Diario di bordo

La navicella attraversa le galassie a velocità incredibile.
Ho consumato la mia cena liquida con la poca soddisfazione di sempre. Non ricordo il sapore di quello che mangiavo a casa, anche questo fa parte del condizionamento, però il cibo di bordo non mi piace per niente. Serve ad alimentarmi e lo butto giù per dovere. Anche per oggi i miei compiti sono esauriti. Adesso potrò riposare, inserendo il pilota automatico sulla rotta prestabilita. Non riesco mai a dormire come si deve, però. Non sono tranquillo, so che sono da solo in chissà quale parte del cosmo. I macchinari sono perfetti e non può accadere nulla, però non riesco a scacciare una fastidiosa sensazione di timore. Sto viaggiando da molti giorni, la meta non dovrebbe essere lontana. E io non vedo l’ora di esserne fuori. Questa è la mia ultima missione, che lo vogliano o no. Sono vecchio e sento che è il momento di farmi da parte e lasciare il posto ad altri con maggior spirito di avventura. Le mie avventure le ho già vissute e adesso ho solo bisogno di quiete.

8 agosto 3897 – Diario di bordo

Questa mattina ho avuto davvero paura. La navicella si avvicinava a un asteroide e la guida automatica non accennava a cambiare direzione. Per fortuna che ero sveglio. Mi sono gettato sui comandi e ho corretto la rotta. Appena in tempo. Si trattava di un oggetto non identificato sfuggito al radar di bordo. Non era mai accaduto niente di simile. Ho avuto subito paura di un guasto e ho avvertito la base. Mi hanno risposto di non preoccuparmi, tutto procedeva secondo i piani. Facile a dirsi. Ma su questa nave spaziale ci sono io, mica loro. E quando accadono cose del genere non è possibile stare tranquilli. Non sono più riuscito a dormire e adesso quando riposo lo faccio chiudendo un solo occhio. L’altro è impegnato a scrutare i comandi automatici e il funzionamento del radar.

9 agosto 3897 – Diario di bordo

C’è qualcosa che non va. Da terra continuano a ripetermi di stare tranquillo, ma io lo sento che c’è qualcosa che non va. Si sta facendo largo dentro di me la sensazione di un pericolo imminente. Questa navicella non risponde più ai comandi. Ci avviciniamo troppo ai pianeti e seguiamo una rotta inconsueta. Mi pare di essere immerso in un sistema di stelle e asteroidi, vedo il razzo vagare in balia di un flusso imprevedibile. Pare aver cambiato rotta senza motivo e adesso segue un tragitto nuovo. Ed è molto pericoloso. L’ho detto alla base, più volte.
"Stai tranquillo" mi hanno risposto "è tutto sotto controllo".
Lo spero davvero. Ma non ne sono per niente convinto.

10 agosto 3897 – Diario di bordo

Adesso ho capito tutto. Solo ora sono in grado di recuperare notizie dal passato e un lampo di luce illumina i pensieri. Ora che il razzo si sta dirigendo su quel pianeta ho la precisa cognizione di tutto. Comprendo il senso della missione. Capisco chi sono. So che non potrò fare niente per evitare l’impatto con quel pianeta che si trova proprio sulla nuova rotta. Adesso so che mi hanno mandato sin qui solo per questo. Per morire. E continuo a scrivere perché non mi resta altro da fare. Antichi ricordi sommersi da un voluto oblio diventano sensazioni concrete. Sono le memorie della mia stirpe, che dal giorno della sua creazione ha un compito prestabilito. Perché ci hanno costruito come esseri intelligenti, se dobbiamo morire? Adesso so che la mia fine sarà la stessa di tutti i miei predecessori, la lunga serie di androidi progettati per le missioni suicide. Sono nato solo per questo e non è vero che ho una famiglia e una casa. Inserire ricordi umani nei circuiti elettronici di una memoria artificiale fa solo parte del piano. La mia unica ragione di vita è questo viaggio di morte. Mi hanno dotato di un cervello sintetico che pensa, prova dolore, soffre e ricorda d’avere un passato, solo per inviare informazioni lungo un tragitto di stelle e galassie come avrebbe fatto un uomo. Faccio parte di un esperimento per studiare le reazioni alla solitudine, durante un lungo viaggio verso l’ignoto. Adesso che il mio compito si è esaurito mi trovo al capolinea di questa esistenza. E pensare che mi ero affezionato a questo ruolo di essere umano, avevo assimilato sentimenti e paure come se davvero facessero parte di me. L’impatto violento del razzo su quel pianeta che si fa sempre più vicino, distruggerà anche i miei ricordi di androide. Sarà come morire due volte, al risveglio da un sonno tormentato, per scoprire che alla fine di tutto c’è quello che da sempre è il motivo della nostra stessa esistenza. Un destino terminale che profuma di morte.

Gordiano Lupi

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