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L’angolo della riflessione

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L’angolo della riflessione

Prima clonazione umana tra entusiasmi e polemiche
Ma quali sono i limiti della ricerca?

Il 2001 si è chiuso alla luce di molte polemiche per quel che concerne il mondo della bioetica, col raggiungimento di una tappa che in molti scongiuravano. Era il 25 novembre 2001, infatti, quando le prime pagine di tutti i grandi e piccoli quotidiani nazionali declamavano: "USA, ANNUNCIATA LA PRIMA CLONAZIONE UMANA"; a dare l’annuncio un’azienda americana di ricerche genetiche, la "Advanced Celle Tecnology" e a diffondere la notizia è stata la stessa società, proclamando il risultato delle proprie ricerche su trasferimento nucleare e partogenesi di cellule somatiche umane. Un risultato decisivo per la clonazione terapeutica e, come scrisse il "Journal of regenerative medicine", "la prima prova che cellule umane riprogrammate possono fornire tessuti per trapianti".
Ma come si è potuto ottenere un risultato di tale portata, capace di scatenare polemiche a dir poco roventi? I ricercatori hanno coltivato in laboratorio un piccolo agglomerato di cellule-base, sul cui nucleo sono intervenuti appunto con i metodi della clonazione, così da trasformarle nella fonte di future cellule staminali: le cosiddette cellule-madri, dalle quali si possono trarre ogni tipo di cellule organiche.
Ann Liebert, direttore responsabile della rivista specialistica "E-blomed", sulla quale sono apparsi i risultati della ricerca condotta nel Massachussets, ha scritto: "Questa è davvero una pietra miliare nella clonazione terapeutica". Sì, "clonazione terapeutica" e non solamente "clonazione", perché alla "Advanced Cell Tecnology" hanno tenuto a precisare che il loro obiettivo non era e non è la creazione vera e propria di un essere umano completo, bensì, più semplicemente, il dotarsi di embrioni da usare per ricavarne cellule staminali, da impegnarsi a loro volta nella cura delle malattie. Una cosa assolutamente legittima secondo gli Usa: secondo le leggi federali in materia degli Stati Uniti, infatti, utilizzare denaro pubblico per la clonazione a qualunque titolo di esseri umani è proibito, ma l’azienda in questione è una società di diritto privato, i fondi su cui conta sono di origine privata e perciò è libera di agire come crede. Ma questo non è ovviamente (e per fortuna) bastato a fermare le voci in opposizione: "Siamo di fronte ad una sconfitta del pensiero umano – ha affermato ad esempio, non appena avutane notizia, don Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna -. Tutta l’operazione sul piano legale non è ammissibile, il presidente George W. Bush stesso lo ha vietato". E il ministro della Sanità Sirchia ha aggiunto: "Attualmente nessuna legislazione al mondo consente la clonazione di un essere umano. Quest’ulteriore passo della ricerca genetica sollecita il Parlamento ad intervenire quanto prima per una legge. Solo il Parlamento infatti è sovrano a decidere su questi temi".
E a tuonare pesantemente, ovviamente, la voce di Giovanni Berlinguer, presidente del Comitato nazionale per la bioetica: "Il passo è compiuto. La clonazione umana può essere avviata senza alcun ostacolo tecnico. Questo è un arbitrio!".
La prima clonazione di un embrione umana, annunciata a fine 2001, ha aperto dunque un nuovo capitolo scientifico, ma ha anche rinfocolato le polemiche sui limiti etici della ricerca. É lecito clonare embrioni anche solo se a scopi terapeutici? Non si tratta forse comunque di violazione di vita umana? Insomma, si può brevettare la vita? Una domanda che ha il significato di un bivio, un bivio dove ciascuno di noi ha il legittimo diritto di esprimere la sua opinione, di scegliere liberamente il futuro in cui dovrà vivere e in cui dovranno crescere i nostri figli. Ricordiamo che parlare di brevettibilità della vita significa mettere in discussione il limite del diritto di proprietà, perché tutte le costituzioni e le legislazioni dei moderni Stati democratici prevedono che nessun uomo possa disporre della vita di un altro uomo come sua proprietà oggettiva, mentre ora pare essersi ottenuta la proprietà inalienabile dello "stampo", ovvero della sequenza del codice genetico che consentirebbe l’indefinita riproducibilità tecnica di quegli stessi individui su scala industriale. Ma non dimentichiamo neppure che un tale passo apre le porte alla possibilità di curare molti altri individui, di salvarli dalla morte, di far fronte alla forte ed urgente necessità di organi da trapianto.
Qual è la vostra posizione in merito? Quali riflessioni vi suscita questa incredibile meta raggiunta dalla scienza? Siete favorevoli o contrari? Attendiamo le vostre voci…


Francesca Orlando

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