Contenti sicuramente noi giuristi italiani per la scelta "europea" di utilizzare il termine latino societas in questa nuova forma giuridica, cerchiamo di capire un po’ meglio in cosa consiste la S.E. e come viene regolata.
Innanzitutto, c’è da dire che il quadro normativo di riferimento, entrato in vigore lo scorso 8 ottobre, è costituito da due testi: il regolamento CE n. 2157/20011 relativo allo statuto della Società europea e la direttiva comunitaria n. 86/20012 che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori.
La S.E. è una società di capitali che presenta interessanti caratteri di autonomia dai singoli ordinamenti giuridici dei Paesi membri, avente un proprio particolarissimo statuto e finalità specifiche che la rendono adatta per affrontare al meglio le sfide che l’attuale contesto economico europeo e globale pongono alle imprese.
Il primo progetto di regolamento di una società di tal genere venne elaborato dalla Commissione Europea già nel 1970 e presentato al Parlamento Europeo verso la fine degli anni ’80 in due proposte distinte ma senza sortire alcun esito.
Si è dovuto attendere poi fino al dicembre del 2000 perché si arrivasse ad un accordo sulla presente regolamentazione e, nel 2001, i due testi vennero definitivamente approvati.
Secondo quanto previsto dal Reg. 2157/2001, possono costituire una S.E. le imprese costituite secondo la legge di un Paese membro e aventi la sede sociale o l’amministrazione centrale nel territorio dell’UE, di cui almeno due già operano secondo ordinamenti differenti, oppure con una affiliata soggetta alla legge di un altro Stato membro o una succursale situata in un altro Stato membro almeno da due anni.
Uno Stato membro può prevedere che una società, la cui amministrazione non si trovi nel territorio della Comunità, partecipi alla costituzione di una S.E., a condizione che essa abbia un legame economico duraturo con uno Stato membro.
Una volta costituita, la S.E. è soggetta alla legge dello Stato membro in cui ha stabilito la propria sede sociale.
La S.E. sarà costituita nella forma della società per azioni, con attribuzione della personalità giuridica, e avrà nella sua denominazione l’indicazione espressa del suffisso "S.E.". Le società che hanno già nella loro denominazione questo suffisso potranno mantenerlo invariato.
Il raffronto tra la legislazione nazionale e comunitaria deve tener conto delle sole regole previste o applicabili alle società per azioni. Questo, appunto, perché la S.E. può avere solo quella forma giuridica e operativa.
La S.E. avrà un capitale sociale minimo di €120.000, ma gli Stati membri potranno stabilire limiti più elevati per società che esercitano particolari attività e che hanno la sede nel proprio territorio.
La S.E. acquista la personalità giuridica con l’iscrizione nel registro delle società del luogo in cui stabilisce la propria sede. I provvedimenti di iscrizione e cancellazione devono essere pubblicati anche nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Comunità Europea (G.U.U.E.).
Per quanto riguarda la governance societaria, la SE potrà essere gestita secondo due modelli ben precisi e distinti:
– sistema dualistico, che prevede la nomina di un organo di controllo e di un organo di direzione. I componenti dell’organo di controllo, che sono nominati dall’assemblea generale, non possono far parte dell’organo di direzione. L’organo di controllo, a sua volta, nomina direttamente i membri dell’organo di direzione, salvo diversa previsione statutaria. L’organo di direzione è responsabile della gestione corrente della SE e deve comunicare, al massimo ogni tre mesi, all’organo di controllo, lo sviluppo dell’attività della società e le prospettive future;
– sistema monistico, che prevede esclusivamente la presenza di un organo di amministrazione, nominato dall’assemblea generale, che ha la responsabilità della gestione della S.E. Il numero dei componenti dell’organo di amministrazione non può essere inferiore a tre, se vi è la necessità di assicurare la partecipazione dei lavoratori.
L’assemblea generale è il fulcro su cui si muove l’intera S.E. e, a questo riguardo, il regolamento comunitario, rinviando per lo più alle normative nazionali, specifica solo alcuni principi base.
Quanto alla tutela delle minoranze azionarie, queste ultime, ove rappresentino almeno il 10% del capitale sociale, possono convocare l’assemblea, nonché stabilirne o integrarne l’ordine del giorno.
In base a quanto stabilito, la S.E. può essere costituita in quattro modi: fusione, costituzione di una holding, creazione di un’affiliata, trasformazione.
Il regolamento garantisce la massima flessibilità ai trasferimenti della sede sociale della S.E. da uno Stato membro all’altro, in modo da garantire il diretto riconoscimento dello statuto della società trasferita nel nuovo Stato. Indubbiamente, la possibilità per una società di trasferire la propria sede in un altro ordinamento senza che ciò incida sulla sua personalità giuridica costituisce un elemento di forte innovazione in campo societario.
Il progetto di trasferimento deve essere predisposto dall’organo di direzione. La pubblicità del progetto deve riportare, sia in riferimento alla sede attuale, sia in riferimento alla nuova sede prevista alcuni elementi (sede statutaria, statuto, conseguenze del trasferimento, calendario previsto, diritti garantiti agli azionisti e ai creditori).
Il trasferimento deve essere deliberato dall’assemblea generale e il relativo progetto deve essere reso noto ai creditori e agli azionisti almeno un mese prima di tale assemblea.
Accanto al regolamento relativo allo statuto della S.E. esiste la direttiva recante la disciplina del coinvolgimento dei lavoratori nella costituzione e nello sviluppo della S.E., al fine di evitare la discriminazione o l’indebolimento dei diritti di partecipazione degli stessi nella nuova società. In Italia detta direttiva è stata recepita dalla legge Comunitaria 2003.
In particolare, nella fase di costituzione della nuova società, la direttiva prevede la creazione di un gruppo speciale di negoziazione nominato tra i lavoratori, per la conclusione di un negoziato con gli organi di direzione delle società partecipanti. La trattativa si conclude con un accordo scritto, che dovrà contenere le regole di partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa.
Nella fase di funzionamento, invece, la direttiva prevede la nomina da parte dei lavoratori di un comitato, che dovrà essere consultato secondo le regole stabilite in fase di costituzione.
È appena il caso di osservare che la direttiva 2001/86/CE diviene parte integrante delle fonti che disciplinano la S.E. soltanto nel caso in cui alla costituzione della stessa partecipi almeno una società nella quale sia già presente una forma di partecipazione dei lavoratori agli organi sociali e vengano superate alcune soglie percentuali prestabilite che regolano il rapporto tra i lavoratori che già godevano di tali diritti e il numero complessivo dei lavoratori della S.E. In caso contrario, non è prevista alcuna misura di coinvolgimento.
I contenuti del regolamento mostrano abbastanza chiaramente come il progetto di S.E. si sia oggi concretizzato.
Il modello adottato per la S.E., con il rinvio alla disciplina dei singoli Stati membri, sembra riaprire la concorrenza tra i singoli ordinamenti nazionali, in relazione alla maggiore o minore facilità di attuazione delle direttive all’interno di ciascuno di essi.
Inoltre, la mancanza di una disciplina tributaria unitaria e il conseguente assoggettamento alle legislazioni fiscali vigenti nei singoli Stati membri, rendono la S.E. assimilabile ad un’impresa multinazionale.
In conclusione, la sensazione è che la Societas Europea rappresenti un’occasione mancata di unificazione del diritto societario europeo, non essendo riuscito il legislatore nell’intento di dare vita ad uno statuto totalmente autosufficiente e, dunque, ad una società disciplinata in modo uniforme in tutti gli ordinamenti degli Stati membri. Allo stesso tempo, proprio la mancanza di una disciplina uniforme rende la S.E. uno strumento appetibile per quelle imprese che vogliano scegliere l’ordinamento più favorevole in cui porre la propria sede, ponendola in concorrenza con i corrispondenti tipi societari previsti in ciascuno Stato membro.
Al riguardo, autorevole dottrina ha illustrato con un’efficace metafora la situazione della S.E. e dei soggetti che ad essa faranno ricorso "come quella di chi per gioco o scommessa vada a vivere su di un’isola centrale sulla quale esiste soltanto una parte delle risorse necessarie a sopravvivere, dovendosi per il resto approvvigionare presso altre quindici [ora, 25! N.d.A.] isole disposte intorno e raggiungibili con ponti di collegamento…l’approvvigionamento si deve fare per intero su di una sola delle quindici isole periferiche e lì a tal fine va tenuta aperta una capanna. Nel corso del gioco si può cambiare l’isola fornitrice, ed anzi per il trasferimento si viene attrezzati con un ottimo vascello, ma il viaggio richiede anche favorevoli condizioni meteorologiche e un attento esame delle carte nautiche".
Confidiamo che l’approdare su quest’isola sia un’opportunità per le imprese del sistema Europa e non un naufragio!
Bibliografia
– AA.VV., Diritto delle società di capitali (manuale breve), Milano, 2004.
– Miola M., Lo statuto di Società europea nel diritto societario comunitario: dall’armonizzazione alla concorrenza tra ordinamenti, in Riv. soc., 2003.
– Rescio G.A., La Società Europea tra diritto comunitario e diritto nazionale, in Riv. soc., 2003.
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"S.E., Societas Europea"
«Ubi societas, ibi ius»
Come se non avessimo già abbastanza sigle, dopo S.p.A., S.r.l., S.a.s., S.n.c., S.c.ar.l., ecco fare il suo debutto nell’ordinamento dei 25 Paesi membri dell’UE la nuova S.E., la Societas Europea!
Davide Caocci
«Ubi ius, ibi societas»
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, serie L n.294 del 10/11/2001, pag.1-21
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, serie L n.294 del 10/11/2001, pag.22-32