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Flauto

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FLAUTO

Rieccomi qui! Sono di nuovo travestito da sportivo, ma non tutina alla moda bensì maglietta, felpaccia, pantaloni tuta un po’ lisi, giacca a vento leggera, calze corte, scarpette e cuffia; devo correre e soprattutto sudare.
Obiettivo: eliminare le tossine fisiche e psichiche.
La paranoia dell’allenamento mi ha di nuovo ghermito, quindi, dopo un breve tratto di strada asfaltata, entro sempre correndo nel parco vicino a casa.
Esso
è lindo, ovvio e faunisticamente discreto, a parte qualche immancabile bambino rompipalle con bicicletta o peggio pallone al seguito.
Corro, corro lentamente ed armoniosamente con lo sguardo rivolto verso il basso, sono gi
à alle seconde gocce di sudore quando inspiegabilmente e senz’altro avventatamente, alzo lo sguardo; non avrei dovuto farlo ! Orrore e sgomento mi attanagliano in un micro secondo, la sudorazione immediatamente raddoppia; ho paura.
Li vedo e ci
ò che vedo mi procura, oltre al panico, un preoccupante effetto termo-fisico, gelo internamente e stracaldo umido con rossori esternamente, soprattutto in zona arti superiori.
Ci
ò che immediatamente penso di fare è una sana inversione ad u e contemporaneamente accelerare (molto) il ritmo della corsa; ma no, non farò così il mio senso di virile masochismo me lo impedisce, proseguo come se nulla fosse nella speranza di essere ignorato; spero di cavarmela.
Ci
ò che mi procura questi effetti devastanti ha dell’incredibile: la vedo, piuttosto bassa, vestitone alle caviglie (grosse) sul marrone con disegni di foglie verdi, largo ma non a sufficienza da nascondere un seno enorme, capelli evidentemente molto lunghi e castani chiari raccolti in una grande e lunga treccia, viso rubicondo, tondo con labbroni.
In mano tiene una specie di sacco con fiori ricamati dal quale sta estraendo uno strumento musicale identico a quello che gi
à si sta apprestando a suonare uno dei suoi due amici, i bongos, l’altro ha già in bocca un flauto; per pigrizia e ribrezzo non descriverò le facce, i capelli e gli indumenti dei due secchi maschietti.
Faccio un rapido calcolo mentale sulla distanza/tempo; non ho scampo.
Quando arriver
ò di fianco al terzetto, ora tutto seduto sull’erba, questo starà suonando.
Aumenta la sudorazione e mi nasce un fastidioso prurito al bicipite femorale sinistro, gratto poderosamente ma non passa, maledetto ma so a chi devo anche questo.
Il calcolo risulta inesorabilmente preciso, mi becco in pieno le prime note, le pi
ù incerte e dinamiche; ma non è tutto, essendo io fortunato come un cane in chiesa, alle note strumentali si aggiungono quelle vocali della tipa.
Pi
ù che cantare gorgheggia, – scusate amici uccelli – dei suoni incomprensibili e lamentosi.
Immediatamente mi vedo rovinato, temo di non riuscire a superare questa prova.
Intanto le gambe mi stanno abbandonando, complice anche un senso di nausea nato al terzo gorgheggio della trecciona.
Ma improvvisamente un moto mentale e fisico di forza mi pervade, esiste veramente la provvidenza o
è l’ultimo colpo di coda prima del decesso ? Mi sento rafforzato, in un istante mi è chiara la situazione: ce la farò ! Anzi, e qui subentra il gusto del rischio e del pericolo, rallento l’andatura ed abbozzo verso di loro una smorfia tipo sorriso che loro, i coglioni, contraccambiano e così, lentamente mi allontano girandomi e lanciando uno sguardo al loro indirizzo a mo’ di interesse e questi, due volte coglioni, addirittura mi salutano con un cenno dei loro capi frondosi.
Ce l’ho fatta, ho superato la prova cui qualche Dio, non so per quale capriccio, mi ha sottoposto, ce l’ho fatta !

Alberto Gorrani

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