Parte terza
I can’t be saved"
L’alba del vecchio Alexi
Il vecchio Alexi comincio’ la sua giornata come faceva da anni, con una tradizionale tazza di the’ alla menta, bevuta molto calda, al sorgere del sole. La tazza esalava un filo leggero di vapore profumato. Il caldo attorno era gia’ sensibile nonostante l’ora. Era in corso un autunno ben strano, troppo caldo, e la giornata in particolare si presentava limpida e senza un filo d’aria, con l’idea che entro la mattinata l’atmosfera sarebbe diventata soffocante. Proprio una bella giornata del cazzo per iniziare un viaggio che aveva gia’ altri motivi per essere fastidioso. I suoi due uomini sarebbero dovuti arrivare entro poco. La spedizione doveva iniziare al piu’ presto possibile, prima che la voce potesse diffondersi in maniera pericolosa.
Il sole si arrampicava sopra l’orizzonte e il cielo riacquistava lentamente tutta la sua luminosita’. Alexi non si accorse del tempo passato nella pura contemplazione dell’orizzonte, spoglio e infuocato. Sembrava quasi di essere nella Terra Rossa, in quell’ora poco dopo l’alba. Era un momento di pace e di contemplazione, poteva immaginarsi, con un poco di impegno, un’alba lontana di vacanza totale dal mondo e dai suoi violenti fatti, qualcosa che impediva la preoccupazione, che ti avvolgeva con i suoi colori e la sua aria calda e ti cullava in maniera da stordirti. Ma era un’immagine che Alexi non riusciva a trattenere nella mente. Aveva l’animo pieno di pensieri pesanti, scaglie di dubbi che gli rodevano. Louis, Tefa, Cimaron. Non c’era verso di pensare a qualcos’altro. E’ piacevole, per certi spiriti intraprendenti, avere le difficolta’ concentrate in un unico problema, avere un unico obiettivo da perseguire che metta a tacere tutti gli altri pensieri: ma la potenza di un problema come questo riusciva a mettere paura anche al vecchio Alexi. Sentiva il battito cardiaco accelerato, ed era una cosa che gli capitava assai raramente.
Sarebbe andato volentieri con loro, penso’, se non altro per riuscire con l’azione a schiacciare i pensieri. La paura era una sottile morsa di solitudine estrema avvinghiata alla bocca dello stomaco, una strana incontrastabile sensazione di non avere piu’ molte carte da giocare. Era contemplare per la prima volta nella propria vita la possibilta’ di un crollo e di una sconfitta totale, okay, abbiamo sottovalutato qualcuno e adesso quel qualcuno si vendica, era una strana sensazione che, diciamo, i cattivi forse erano la sua gente, quelli del Sud. In fondo, chi aveva sfruttato per anni le risorse del territorio settentrionale lasciando che la gente rimanesse nell’arretratezza e nel degrado incivile di lotte quotidiane e del dominio di pochi violenti signori?
Quando i suoi due uomini si fecero vivi erano passate quasi due ore dal sorgere del sole. Prima arrivo’ Louis, con una camminata nervosa e rapida, lo sguardo gia’ vigile che si voltava a scrutare il terreno, pronto a cogliere ogni particolare, come fosse gia’ in attesa di pericoli. Sosteneva con una mano il peso di un borsone verde la cui cinghia di sostegno e di chiusura girava sulla sua spalla sinistra. Incrocio’ lo sguardo del vecchio all’entrata del giardino, e poi di nuovo quando ormai gli era di fronte. Era preoccupato. Gli si leggevano negli occhi i timori che una simile missione gli ispirava. Ma non ne fece cenno, e cerco’ di salutare cordialmente Alexi.
– Buongiorno, maestro.
– Buongiorno, Louis. Come sta il principe?
– Meravigliosamente, grazie – rispose Louis sorridendo. Il suo amore era una dolce certezza che gli permetteva di distrarsi dai dubbi che gli navigavano per la mente. Liberi pensieri pericolosi.
Depose il sacco con attenzione. Tra pochi vestiti, un pugnale da foresta e una corda di qualche metro teneva anche una serie di colori con il quale truccarsi e mimetizzarsi agli animali e agli uomini della fitta foresta settentrionale. Non avrebbe dovuto fare nemmeno un passo senza la massima cautela.
Poco piu’ tardi giunse Tefa, con passo lento e gli occhiali da sole che gli nascondevano l’espressione. Ma il suo stesso fisico impediva di credere che avesse un atteggiamento meno che deciso. Quella roccia non si emozionava, non in bene e non in male, aveva una divina coerenza di distacco dalle cose che, da sola, si meritava un rispetto notevole. La lucidita’ e’ la chiave della sopravvivenza e del successo. Non disse niente arrivando, rispose con un cenno al saluto di Louis, e fece una specie di mugugno all’indirizzo di Alexi. Portava una piccola sacca, meta’ di quella di Louis, e la teneva per l’imboccatura, dove un giro di grosso spago chiudeva la tela.
Alexi non perdette tempo.
– Ragazzi, c’e’ molta responsabilita’ su di voi. Lo so. Ma c’e’ qualcosa che mi dice che farete bene.
– Maestro – lo interruppe Louis – c’e’ una cosa che non ho capito bene.
– Non ti preoccupare, Louis. Durante il viaggio in mare un mio incaricato vi mettera’ al corrente di tutto cio’ che conosciamo.
Louis scosse la testa.
– No, non e’ questo che intendevo. Volevo dire, come mai io e… Saskjevic, qui… perche’ siamo stati scelti noi?
– Te l’ho gia’ accennato ieri, Louis. Le due citta’ di Meralba e di Anumix si odiano. Pur avendo i migliori guerrieri del continente, nessuna delle due e’ disposta a mandare una spedizione per questo pericoloso compito, rischiando i propri uomini per aiutare anche la citta’ nemica. E organizzare una spedizione con uomini di entrambe le citta’ sarebbe un fallimento in partenza. Avevo bisogno di persone molto in gamba e abbastanza ben disposte verso entrambe le citta’, oppure totalmente disinteressate da entrambe. Voi siete le persone giuste.
Sospiro’. E si accinse a salutarli.
– Ora non c’e’ piu’ tempo per parlare. Al porto di Laire c’e’ gia’ il mio allievo che vi sta aspettando. L’ho mandato la’ per organizzare il viaggio, sara’ lui a spiegarvi le informazioni che abbiamo, e a illustrarvi i piani che abbiamo elaborato. Vi diranno quello che siamo riusciti a sapere: non e’ molto. Ma dovra’ bastarvi. Vi ho gia’ detto, tutta la sicurezza del popolo del continente dipende da voi. Non vi bastasse, sappiate che avrete un’ottima ricompensa al ritorno. Molti, molti soldi: saranno sempre di meno di quelli che le citta’ di Meralba e Anumix dovranno investire in una guerra con il nord se voi fallirete.
Ma non fallite, ragazzi.
Per favore.
Non fallite.
Qualcosa da qualche altra parte – IV
E’ notte – calma notte primaverile ai piedi del monte Arwok. Cimaron sta risalendo in camera e pian piano, man mano che si dissolve la leggera ovattata incoscienza alcolica, il suo cuore comincia a battere più veloce. Entra in camera e si siede al tavolo pensando a quanto gli è passata vicina la morte, stanotte. Pensa, pensa, e poco dopo l’effetto farfalla lo ha letteralmente sconvolto, l’entità di quel gesto gli sembra infinita. Come cazzo si sono permessi di tentare una cosa del genere? I ricchi, civilizzati governatori del Sud che mandano un assassino a ucciderlo! Oltre ogni limite, decisamente oltre ogni previsione sulla meschinità altrui che Cimaron avesse mai potuto fare.
Scoppio delirio di rabbia incoscienza non trattenersi uscire ed urlare come un animale ferito perchè la vita è niente niente di più che un lunga battaglia per evitare le lance che ci trafiggono la vita è una corsa per sfuggire a una bestia famelica che ci insegue correndo veloce sulle sue lunghe possenti zampe muscolose la vita ci regala sporadiche illusioni e poi ci butta per terra e non c’è che piangere e urlare solo per un istante perchè poi bisogna ricominciare a correre e allora la vita è ingiusta e questo fa rabbia e allora io mi incazzo perchè grazie alla rabbia vado avanti non toglietemi la mia rabbia perchè non mi rimarrebbe niente – sto guidando un popolo verso la propria libertà, questa gente si sente finalmente attiva dopo secoli di inferiorità, hanno quasi le lacrime agli occhi dovrei sentirmi felice e invece mi sento solo vuoto non so cosa fare non so dove andare la serenità è una palude infida è una sabbia mobile l’odio è una lunga strada nera che ti porta dritto dritto dove vuoi arrivare, senza distrazioni senza commozioni senza disturbi e io odio amare e odio sentirmi vuoto e odio sentire ringraziamenti anzi proprio per questo mi fanno bene perchè imparo nuovamente a odiare quando mi sento spento e felice allora mi incazzo e grido e scrivo e urlo e strepito e il mio cuore ricomincia a battere forte come fare ginnastica appena svegli per riattivare la circolazione io faccio questa ginnastica d’odio per riattivare il fluido nero della rabbia che scorre dentro me, nero nero nero come il sangue dell’inferno che non è un posto marrone rosso giallo come viene descritto nelle deliranti visioni di pseudo artisti pseudo religiosi pseudo impazziti, no, l’inferno è una gelida distesa di roccia nera senza pace, punte speroni ghiacciai di melma scura che torturano il viandante l’inferno è un lungo viaggio senza meta l’inferno è la pazzia dietro ogni angolo l’inferno è vedere continuamente tutte le possibilità andate perse e sorriderci sopra e ci vuole un bel fegato e un bell’autocontrollo oppure una totale mancanza di iniziativa è una musica per gente sconfitta io ancora non voglio smettere di combattere e di sanguinare ed ecco perchè mi sento così solo perchè la mia vita non è ancora ferma perchè se la vita è una lunga fuga dall’inferno io non ho ancora smesso di correre ho ancora quel famoso fluido nero in corpo – può sembrare paradossale ma è proprio così – odiare per avere la forza di fuggire dall’inferno gridare per avere la forza di non impazzire – ma non è solo odiare e gridare è saperlo fare, se un Paradiso c’è è per chi ha il coraggio di fuggire e di inseguire, per chi non si accontenta, e se non è così, allora vaffanculo anche il Paradiso, sopravviverò a qualsiasi cosa o altrimenti morirò, è la stessa cosa, ma lascerò le mie unghie incise nella pelle dei miei nemici e nelle catene che mi imprigionano, gratto con le unghie rabbiosamente e il sangue che ne esce è l’inchiostro dei miei versi amari, della mia disperazione, della mia nausea, della mia inspiegabile insoddisfazione, inadattabilità, la mia croce la mia tempesta personale dura ancora e allora anche quest’anno è arrivato e sarà un anno grandioso, ho intenzione di prendermi le mie rivincite sulla vita. Chiudete bene le finestre, gente di Biggerd, perchè tira forte aria di battaglia.
Cimaron, adesso, è proprio incazzato. E se ancora si faceva qualche scrupolo, ora non più.
Tefa e Louis arrivano al porto di Laire
Quella cosa strana chiamata vita. Che ti prende e ti porta dove vuole lei quando ne ha voglia, guardandoti gioire dei tuoi trionfi con il sorriso sarcastico di chi sa che con un solo soffio ti porterebbe via tutte le vittorie che hai ottenuto. La vita che vuole farsi corteggiare e va corteggiata perche’ ne vale sempre la pena, quest’amante strana ma eccezionale che sa sempre sorprenderti.
Louis era li’ che viaggiava verso il porto di Laire a bordo di una comune diligenza da trasporto (trenta miglia circa, non molte ma abbastanza per rompere un sedere se si va a cavallo un po’ di fretta), con questo ex-assassino di fronte, taciturno, silenzioso, opprimente come la giornata schiacciata dall’imponente peso delle preoccupazioni, la giornata che presa in ostaggio dai pensieri bui aveva paura a farsi notare. Tefa gli appariva cosi’, come una giornata buia senza espressione. E Louis s’interrogava ad ogni minuto sulla correttezza delle proprie azioni, ed elaborava dei piani di comportamento, e mentalmente s’adattava a quello che avrebbe potuto incontrare. Ma il primo mistero, provvisoriamente il piu’ grosso, era proprio l’omone li’ davanti, quello strano inaffidabile individuo sul quale avrebbe dovuto contare e nessun altro, come in una poco credibile coppia di soldati segreti. Che dire, come organizzare i piani con qualcuno che se ne stava seduto li’ come un iceberg, qualcuno che sembrava faticare anche solo per tirare fuori un saluto? Dio. Sarebbe stata dura, questa volta, rimanere calmi.
C’e’ silenzio. Bene. Non voglio confusione. Voglio tenermi per quando arrivera’ la tensione, e dovro’ essere molto, molto rapido. Cazzo, guarda com’e’ nervoso quel ragazzino. Mi fara’ perdere la concentrazione. Non so. Sara’ una cosa abbastanza strana. Ma andro’ fino in fondo. Salvare il mondo, Dio, che schifo. Lo lascerei andare a farsi fottere volentieri. Ma mi diverte l’idea che qualcuno debba ringraziarmi. Si’. E un sacco di soldi, si’, santo dio, cosi’ io e Filine la smettiamo di stare cosi’ lontani. Oppure no, io continuo, pero’ lei smette. Le compro una casa. Un po’ di cavalli. Stara’ bene e mi aspettera’. La mia tigre.
Silenzio. Bisogna stare zitti. Le parole rovinano la vita.
Al porto di Laire non fu difficile trovare la nave. Praticamente fu la nave a trovare loro, o meglio, un allievo di Alexi. Stavano passando vicino ad alcune navi di mercanti, quando un uomo si avvicino’ loro. Era un giovane dalla pelle liscia e scura, lo sguardo felino negli occhi chiari. L’uomo parlo’ loro a bassa voce, dopo aver dato alcune occhiate furtive in giro
– Louis De La Manon, Tefa Saskjevic? Vi aspettavamo.
– Ci conosciamo? – domando’ secco Tefa.
– Non ancora, ma non stiamo partendo per una vacanza. Dalle descrizioni del Maestro, non potevate essere che voi due. Vi ho riconosciuto subito. Io sono Luc Cherbin, allievo di Alexi.
Girandosi, fece un cenno a un uomo che stava vicino al parapetto della nave, e quello comincio’ a chiamare i suoi uomini. L’equipaggio, che se ne stava disteso in vari posti della nave a prendere il sole, o a giocare a dadi sulle casse vicino alla passerella d’imbarco, si mosse improvvisamente. Ognuno si diresse piu’ o meno rapidamente al proprio posto, e le corde cominciarono ad essere slegate.
Luc Cherbin si volto’ facendo loro cenno di seguirli, e li precedette sulla passerella che portava a bordo del Necessaire.
– Questa e’ una nave di mercanti che e’ stata gia’ piu’ volte a Holye Nan – continuo’ mentre li guidava in alcuni alloggi all’interno della nave. Non ci sara’ niente di strano che provi a tornarci per comprare del tabacco. In ogni caso, non dovra’ fermarsi piu’ di tanto, se quelli che adesso dirigono la citta’ rifiutano di trattare. Sarebbe sospetto. Nel frattempo voi dovrete scendere e nascondervi, o trovare una scusa plausibile per poter raggiungere il castello di Cimaron. Ho l’incarico di spiegarvi tutto quello che so sulla missione, e di facilitare il vostro ingresso nel Nord. Conosco alla perfezione i loro dialetti e i loro accenti, e vi insegnero’ quello che posso. Vi riferiro’ tutto quello che so relativamente ai loro costumi, alle misure di guardia, e alla cartografia. Ho gia’ anche alcuni piani d’azione da sottoporvi. Durante il viaggio in mare, che durera’ cinque o sei giorni, vi mettero’ al corrente di tutto. Adesso partiamo.
L’uomo era arrivato alla stiva. Apri’ la porta ed entro’. Dapprima, Louis non vide altro che grosse casse di legno e sacchi di provviste, e si chiese per quale motivo l’uomo li portasse a visitare la stiva. Tefa, diffidente, esito’ sulla soglia. Poi Luc giro’ intorno ad alcune casse, e Louis, seguendolo, vide che ben nascoste dietro il carico c’erano due brande. Louis intui’ in anticipo quello che Luc stava per dire.
– Signori, il vostro alloggio.
Louis esamino’ un istante la situazione, e poco dopo si rese conto che la cosa era perfettamente ragionevole. In fondo, non dovevano risultare in mezzo all’equipaggio. Tefa avanzo’ nella stiva e guardo’ solo per un secondo i letti, prima di scegliere uno dei due e buttarci sopra il suo misero bagaglio.
– Prima classe, vedo – mormoro’ sarcastico.
– Come vi dicevo, non e’ una vacanza – replico’ immediatamente Luc
– Per me non ci sono problemi – riprese seriamente Tefa. – Magari tu, Louis, sei abituato meglio?
– Va benissimo – rispose Louis, fingendo di non aver capito l’ironia di Tefa. Avanzo’ e appoggio’ la propria sacca sull’ultimo letto rimasto libero. – Spero solo che tu non russi – , disse poi al compagno.
Senza dargli tempo di replicare, si rivolse a Luc: – Hai detto che ci avresti spiegato i dettagli che conosci. Perche’ non cominciamo subito?
– E’ un’ottima idea. Se avrete pazienza qualche minuto, vado ad assicurarmi che la partenza proceda bene. Poi potrete uscire allo scoperto, solo dovete promettermi di non parlare con l’equipaggio. Dopo vi spieghero’ il perche’.
Luc usci’ dalla stiva, e Tefa si sbatte’ immediatamente sulla branda.
– Che fai, gia’ dormi?
Tefa rispose con voce bassa.
– Ho il culo rotto.
– Come, scusa?
– Quella carrozza di merda. Era scomodissima.
– Ti facevo piu’ robusto – rispose Louis, sedendosi a sua volta sul letto.
– Non sono abituato a fare viaggi cosi’ lunghi, non tutti in una volta, per lo meno.
– Un giorno ne inventeranno di piu’ comode, non ti preoccupare. E il tuo fondoschiena sara’ salvo.
– Grazie. So badare al mio fondoschiena, io.
Louis avvampo’. – Senti, Saskjevic, non ci siamo proprio.
Tefa sollevo appena la testa e lo guardo’ incuriosito. Era la prima volta che lo sentiva parlare con decisione.
Louis continuo’, cercando di controllarsi: – Intendo dire, stiamo partendo per una missione abbastanza delicata. Dovremo, come minimo, collaborare perfettamente per avere qualche speranza di successo. E per collaborare bisognerebbe come minimo conoscersi e andare d’accordo. Non mi sembra che tu stia facendo molto in questo senso.
Tefa non disse niente. Era gia’ qualcosa.
– Io sono un esploratore, punto. La mia vita privata e’ qualcosa che non ti riguarda. Se mai avrai di lamentarti di me per il mio lavoro, ti daro’ ragione. Ma smettila immediatamente di fare queste battute del cavolo. Dai ragazzini di Anumix, posso aspettarmele e sopporto. Ma da quello che dovrei portare sano e salvo fino ad uccidere un nemico del nostro continente, no. Chiaro?
L’assassino non replico’ immediatamente, ma doveva ammettere che quello non aveva proprio torto. Cerco’ di indorare la pillola.
– Forse mi hai capito male. Se c’e’ uno che considera questo mondo aperto e libero a tutti i tipi di persone, quello sono io. Non mi frega della tua vita privata, e nemmeno intendo farti pesare niente. Solo…
Esito’ qualche attimo.
– Be’, non sono proprio abituato a stare con altri, specialmente quando ho un lavoro da fare. Mi rende nervoso.
Non ci furono altre parole. Louis capi’ che ci voleva probabilmente un sacco di tempo per entrare in confidenza con quell’uomo. Spero’ di averne abbastamza.
Tefa, dal canto suo, aveva gia’ detto molte piu’ parole di quanto fosse sua abitudine. Era quasi esausto per lo sforzo di volonta’ che aveva dovuto compiere per riuscire a spiegarsi gentilmente.
Poco dopo, Luc Cherbin rientro’ improvvisamente nel loro alloggio, facendoli sobbalzare e interrompendo i loro pensieri.
– Santo cielo, questo si’ che si chiama muoversi silenziosamente – sorrise Louis. – Non ti ho sentito arrivare.
– Fa parte del mio addestramento, Louis. Scusate l’assenza, ma ho voluto verificare personalmente che non ci fossero problemi. Come sapete, dobbiamo far si’ che nessuno sappia di questa missione. I marinai sono stati pagati per non dire niente e non fare domande. Per sicurezza, comunque, ho messo in giro la voce che siamo dell’agenzia commerciale che possiede la nave, e vogliamo andare fino a Holye Nan per trattare segretamente con i locali e poter ottenere un trattamento privilegiato. La gente, qui, non sa esattamente quello che e’ successo, tranne che i rifornimenti di tabacco e di altri generi sono diventati molto piu’ rari. Per lo piu’ pensano che a Holye Nan sia successo qualche disastro, o una qualche piccola guerra civile. Hanno paura per la sorte dei pochi marinai che sono partiti ultimamente per il Nord e non sono ancora tornati, e non immaginano neppure quello di cui dovrebbero veramente aver paura… che e’ quello che voi due siete stati mandati a scongiurare. Ma cominciamo dall’inizio -, disse sospirando leggermente e sedendosi su una cassa, prima di cominciare a raccontare.
Il mare buio di notte e’ uno spettacolo superbo, con i mille spruzzi brillanti che decorano le onde, riflessi della luna e di tutte le stelle esistenti. La tua nave solca silenziosa le acque come un enorme cetaceo, vedi la grossa schiuma dietro di te e ti sembre improvvisamente ricca di significato, cosi’, piena com’e’ di vortici e di scontri d’acqua, ti sembra che un intera enciclopedia potrebbe essere scritta sulle scie che vengono lasciate dalle navi in corsa sugli oceani. E’ la magia della notte che regala questi momenti di fantasia scientifica.
Louis fissava rapito la scia della nave, girandosi ogni tanto per osservare i luccichii lontani, oppure le stelle accese e sicure. Contemplava il tutto cercando di distrarsi dai mille calcoli che gia’ gli affollavano la mente, ogni dettaglio, sapeva che sono i dettagli che rovinano le imprese, il piu’ delle volte, e quindi pensava che piu’ dettagli cercava di mettere a fuoco, meno ne rimanevano a rovinare la loro missione.
Tefa stava appoggiato a un albero della nave a qualche metro dal parapetto, con l’immancabile sigaretta fumante tra le dita. Non dava segni di vita, quasi. Forse pensava, ma nessuna smorfia, nessuna esternazione.
– Non dovresti fumare -, gli disse Louis, sorridendo, cercando di sdrammatizzare. Dovevano pure cominciare a conoscersi.
Tefa esito’ qualche istante, senza dare neppure segno di averlo sentito. Poi rispose improvviso:
– Fottiti.
La prima giornata di Tefa e Louis si concluse con queste dolci parole.
Alessandro Zanardi (continua)
Terra rossa
"And I still believe that (Smashing Pumpkins)