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Il Kazoo

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Strumenti Musicali Nel Mondo
IL KAZOO

Il kazoo, anche se è più noto ormai come giocattolo per bambini, è uno strumento musicale che appartiene alla categoria dei membranofoni a urto d’aria. Tutti lo possono suonare, anche coloro che non abbiano alcuna nozione musicale, a meno che non siano proprio fisiologicamente stonati e refrattari alla musica.
Il kazoo, infatti, non possiede comandi di nessuna sorta per la produzione delle note, ma è una semplice canna a sezione schiacciata, di metallo o di plastica, lunga una decina di centimetri, sulla quale è applicata una membrana di carta velina o di carta oleata che vibra quando, dall’imboccatura, il suonatore emette canticchiando una sorta di "tu-tu". Il suono, nasale e ronzante, starnazzante e irriverente, vagamente di sassofono, è simile a quello di una trombetta, o ancor più somiglia al cromorno, lo strumento ad ancia incapsulata più importante del Rinascimento. Quello ormai più noto per averlo comunque sentito suonare in famosi brani rinascimentali quali "Schiarazula Marazula" di Giorgio Mainerio (adattato a canzone anni fa da Angelo Branduardi col titolo di "Ballo in fa diesis minore") o nella musichetta del fu "Almanacco del giorno dopo", la "Chanson Baladée" del musico e poeta francese del ‘300 Guillaume de Machaut.
Per suonare il kazoo lo si imbocca tra i denti, non si deve soffiare nell’imboccatura, o non ne sortirebbe alcun suono. Per far vibrare la membrana, bisogna invece vocalizzarvi la melodia emettendo principalmente due monosillabi tu (per l’attacco) e uh (per il sostegno). Il kazoo, se vi si parla attraverso, amplifica e deforma la voce, producendo quasi un effetto di distorsione (come si può ascoltare all’inizio di "Tu grillo parlante" di Edoardo Bennato).
Il suono di un kazoo varia a seconda della membrana utilizzata, la qualità e dimensione del tubo e la presenza o meno su di esso di fessure.
Il kazoo ha origini lontane. Un suo antenato parente era diffuso in Francia nel XVII secolo: era di legno e prese il nome di "mirliton". Nella sua forma attuale apparve invece agli inizi del Novecento fra i musicisti afroamericani (pare comunque sia nato precedentemente in Africa occidentale). I primi jazzisti e suonatori di blues ne fecero uso. E ancora oggi il kazoo è talvolta impiegato nel jazz, nel cajun e nel blues che si rifànno alle origini del Tennesse, del Mississippi e della Louisiana.
In Italia si è diffuso negli anni Sessanta e Settanta divenendo popolare grazie a Bob Dylan, alle performance del One-Man-Band Edoardo Bennato e ancor più grazie agli stacchetti di Paolo Conte, che del kazoo è ritenuto per altro un vero e proprio virtuoso.
Il costo di un normale kazoo di metallo si aggira intorno ai 3-5 euro, la metà per quelli di plastica, il cui suono però è di qualità inferiore. Se invece si vuole comunque risparmiare, o piace aguzzare l’ingegno e dedicarsi al fai-da-te, costruirsene uno non è affatto difficile, utilizzando anche materiali reperibili in casa.
Il kazoo, se vogliamo, è una evoluzione del pettine sonoro, o pettine e carta velina, giocattolo o strumento musicale rudimentale d’altri tempi (non poi così lontani, dal momento che mio padre ancora ne usava per divertirmi da bambino). Il pettine sonoro era costituito da un piccolo pettine, un foglio di carta velina per ricoprire il pettine e un elastico per unire il tutto. Il pettine così trattato veniva avvicinato alle labbra, si soffiava sul foglio di velina e il suono che ne scaturiva era una specie di pernacchia melodicamente modulabile prodotta dalla vibrazione della carta velina sulle labbra e sui denti del pettine. Credo che l’apogeo italiano del pettine sonoro sia stato raggiunto in una canzone di Renato Rascel, che negli anni Sessanta vi si esibì in un varietà televisivo (il che mi ricordo vagamente, e non saprei dirne il titolo o dare al riguardo ogni altro più preciso riferimento).

Davide Riccio

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