(Irene Caprara – edizione Autori Esclusi)
Eppure, come sempre, la vita non è così facile, e Rita è costretta a crescere troppo in fretta e a confrontarsi con la perdita dell’infanzia, segnata dalla morte del padre.
I sogni e le illusioni di ragazzina idealista si scontrano con la dura realtà familiare: una madre, impegnata a ricucire la sua esistenza, troppo assente e distratta per dare quel senso di protezione e fiducia che Rita si aspetta dalla famiglia; un fratello maggiore che si ritrova in prigione per droga, quasi per caso, in una sera come tante; una sorella minore, chiusa nella sua corazza di disillusione e cinismo, per la quale "il mondo è dei vincenti e non ti è concesso sbagliare".
Incomprensioni, liti e rimorsi. Rita non condivide le scelte e gli errori delle persone che le stanno accanto ma li accetta, senza chiedere spiegazioni, in nome di legami ancestrali che ancora una volta la ancorano al passato, in una ragnatela di fantasmi familiari che se da un lato la protegge, dall’altro la vincola a un’infanzia che diventa ogni giorno più stretta.
E la paura costante di crescere, di diventare un gigante, insensibile, che non degna di uno sguardo le piccole formichine che a fatica, giorno dopo giorno, nella loro quotidianità, cercano il loro spazio, la loro storia.
Il paese di montagna in cui vive Rita, con i suoi giorni tranquilli e il forte disagio interiore, trova un limite fisico e metaforico nella staccionata vicino al campetto di calcio, luogo di ritrovo e riflessione, rivolta verso le montagne, verso l’infinito, e il mondo oltre, troppo grande, troppo lontano… Non si ha quasi mai l’impressione che sia Rita ad andare verso il mondo, è il mondo che va verso di lei (che è comunque un modo per crescere…). Rita infatti vive come un tradimento la partenza dell’amico Mirco, che vuole diventare pittore e riuscirà ad esporre i propri quadri a Londra.
Rita sembra subire gli eventi, ma è incrollabile nelle sue certezze interiori; ancorata al passato, si ritrova nella saggezza di un vecchio edicolante del paese, il signor Battista, che, con le sue riflessioni sul senso della vita, è l’adulto che non è diventato un gigante, che è capace di fermarsi a parlare con le formichine, che le sa ascoltare, e riesce a infondere a Rita un po’ di fiducia nel futuro.
Come tutti gli adolescenti, la protagonista, vive la generazionale paura e voglia di indipendenza dalla famiglia, è indecisa su come agire, ma sa esattamente cosa è giusto e cosa è sbagliato, forse troppo rigida, vive la sua storia in modo attutivo, ovattato; il groviglio interiore è un vulcano sotterraneo che non esplode, che non riesce a spezzare il "corpo di pietra", quasi mai (se non forse nel finale); il tutto sempre senza trasgressione, senza rabbia. Ma esistono ancora ragazze così?
Belle le immagini delle persone e del paesaggio, che spesso è un paesaggio dell’anima. Un libro, forse non originalissimo, ma ben scritto, con uno stile semplice e scorrevole, e ben strutturato, curato e coerente nella descrizione interiore dei personaggi. Un’opera prima molto promettente.
In cielo volano le rondini
"Non credo di voler crescere, se questo significa diventare un gigante" è il motto di Rita, la protagonista di "In cielo volano le rondini", che come molti adolescenti divide le sue giornate tra la famiglia e gli amici: la discoteca, il cinema, la gelateria del paese, le corse in bicicletta, le gite al mare, il lavoro, lo studio, i primi amori confusi.
Stefania Gentile