Quella di Mirella Floris, attraverso un primo impatto con la nota biografica di copertina, è una vita che appare intensa ed articolata in un percorso che la vede attiva protagonista nel sociale quanto nei diritti civili. Esperienze che si evolvono dal volontariato, evidenziandolo nel suo aspetto più laico, all’approdo, in tempi più recenti, verso la letteratura. Potresti spiegarci meglio questo tuo percorso? E, soprattutto, consideri la scrittura una sintesi di questo tuo vissuto?
Ognuno di noi scrive attingendo alla memoria e alle emozioni vissute, ma indirettamente. La poesia, in particolare, rielabora in maniera simbolica. Così si può dire che il percorso del proprio vissuto, anche politico, c’è, ma non si vede.
La cosa che più colpisce è, certamente, quanto entusiasmo riesci a trasmettere nell’immergerti in più esperienze. La tua, come sensazione di lettura, appare una scrittura musicale come, del resto, dichiari in "Versi": "navigano in me pensieri di suono in parole piene" dove, oltre al tuo impegno sociale, traspare una capacità di metterti a nudo. Emblematica la tua poesia "Paure", il saper affondare sin dentro i propri limiti e dubbi penetrando nell’"io" in una forma distaccata e consapevole, personalmente ho apprezzato molto questi tratti, come consideri e riesci a vivere questi elementi e, viene spontaneo chiederselo, dove riesci a trovare tutta la tua carica ed energia?
Io con la scrittura sconfiggo la morte, una tentazione che sempre mi affascina e un po’ mi perseguita. Da qui, credo, nasca la mia energia. E dall’amore. Mi sento, ripiegata verso gli altri, come un girasole volto sempre ai raggi dell’astro. Da qui nasce anche la libreria-donna che accoglie tanti scrittori, disinteressatamente. Opero un certa selezione in base alla qualità, ai miei gusti. Tu sai, com’è la rete: invia di tutto, ma si deve anche avere il coraggio di respingere, con cortesia e con parole di consiglio. L’attività sul territorio nasce, invece, dal bisogno di contribuire al miglioramento della società.
Ad evidenziare un tua forma intimista c’è lo stesso rapporto che, in prima persona, vivi con la tua poesia: l’attimo intenso, sublime e forgiato di dolore che in "Urlo" scorre come "sottile sotterranea onnipresente sofferenza del sentirsi poeta" tra "sgorganti fiotti di sangue rugginoso e amaro". Versi che ti "fanno paura" ma, "A piene mani", diventano anche coraggio ed esortazione per altri a farlo. Su questa linea si pone anche "Rivelazione" e, in "Piangerei", sembra che tu voglia mettere in comunicazione una sofferenza interiore che guarda al sociale, puoi dirci qualcosa in più al riguardo?
Come dicevo, la mia è una lotta per vivere che dall’amore degli altri trae sostentamento, ma è anche una denuncia del male che c’è e che il poeta deve rivelare essendo testimone del proprio tempo.
Scorrendo versi come "continua la morte a danzare sui popoli chini nella preghiera", "contro le donne tutte le religioni stanno" o ancora " Preme urgente la sospensione di Dio, sfuggente ancora ai vizi della ragione insonne" emergono, anche dai testi, profonde radici laiche che non rispecchiano più la realtà dei nostri tempi, nondimeno è forte la tua tensione verso il metafisico e, in questo, se ti ho bene interpretata, mi sento vicino a te, puoi spiegarci meglio e fare qualche altra considerazione?
Non sono credente, almeno non in senso religioso, ma sento una forte unione con tutta l’umanità, forse in questo ancora legata al cristianesimo in cui sono stata educata. Inoltre, la tensione è verso l’alto, indipendentemente dalla forma che l’ "alto" assume: ideale, fede, speranza…
Dopo aver esordito nella poesia con Prospettiva sei uscita nella narrativa con un romanzo breve intitolato "Venuta dal mare" ed ora torni di nuovo alla poesia. Puoi identificare delle scelte in questa sequenza e parlarci anche un po’ della tua esperienza nella narrativa, avrà un seguito?
Proprio in questi giorni ho terminato il romanzo "La terrorista" che vede i personaggi agire in Italia e in Marocco, in un legame immaginato tra il brigatismo italiano e il terrorismo islamico. Ma e’ sopratutto un romanzo d’amore.
Tornando a "Lampi del Tempo", in "Verso inquietante" riporti una citazione di Franco Santamaria, un’artista contemporaneo e, suppongo, anche una tua conoscenza; "A Viola" è un’altra poesia in cui celebri un’attrice, puoi parlarci di questi rapporti, ma anche di quelli con altri artisti tuoi contemporanei in genere, e cosa ti ha spinto, nel dettaglio, a scrivere qualcosa su di loro?
I versi degli altri, come Santamaria, e la performance teatrale di Viola Costa mi hanno emozionata e ispirato quelle poesie. Sento fortemente il legame con altri scrittori, specialmente quelli della Libreria-donna e della lista omonima, dove si dibatte parecchio di scrittura. Sta anche per partire un progetto di scrittura insieme, ancora non ben definito. Tengo, inoltre, dei corsi di scrittura creativa, che sono anche per me stimolo e arricchimento.
Delle tue eredità nel movimento femminista emergono in questo volume due poesie: "Cinque preghiere e un Ramadan" e "Otto marzo" dove sembri invitarci a rivisitare e riflettere sui troppi luoghi comuni costruiti intorno all’ideale di liberazione della donna. Versi come "forse nelle vostre prigioni volteggia il sogno, soffiano sull’afa dentro il burka aliti di speranza, più del mio il vostro pensiero vola" o "non crollare ora nell’ipocrita insidia: consumare tra donne" potresti commentarceli?
Un filo rosso unisce le donne del mondo: la maternità, l’amore e il sangue. Io sento la fratellanza con loro, ma fuori da stereotipi e mode, che, come l’otto marzo da noi, sono divenute vuota convenzione. Nella poesia "Cinque preghiere e un Ramadan" mi sono sentita vicina a tante donne islamiche che oggi sono nel teatro della guerra o dell’oscurantismo. Penso che abbiano sogni e valori diversi, ma forse più forti dei nostri.
Versi profondi ed incisivi sono quelli di "Frammenti", dove l’umano, guardando oltre l’espressione delle sue emozioni, si libera di quante possibili frustrazioni e delusioni e genera l’essenza stessa dell’amore. Con "Intuizioni" tutto permane vivo nell’inaspettata folgorazione del mutabile, "sospensioni in raggi di luce: intuizioni inaspettate nel mistero del vivere". Può, in qualche modo, esprimersi in questi o altri concetti una possibile chiave di lettura del tuo profondo senso di vitalità in una realtà tanto ostile?
A volte si hanno lampi e intuizioni che sembrano condurre al centro, al nocciolo dell’esistenza, al suo significato più recondito. Credo che la poesia consenta di tanto in tanto di cogliere l’essenzialità e di poterla rendere in versi. In questi casi si avvertono l’importanza del vivere e il superamento del dolore e della morte.
Toccante è la tua immedesimazione nel "Piccolo mendicante" che prende corpo e vive nelle tue stesse sensazioni trasmesse nella scrittura, è questo, forse, un altro di quei momenti in cui fondi il tuo intimo nel sociale ma, altrove, esterni "giardini dannunziani"o ne alludi gli echi in "nuda, una donna offre al caldo bacio del sole la vulva rosata" , ne "La baia" t’incarni in una natura che traduce le tue stesse sensazioni aprendo ulteriori prospettive che riconducono ad una femminilità, puoi e vuoi parlarcene?
Il corpo della donna, talvolta così vilipeso, contiene il nucleo della continuità. Steso al sole diviene elemento naturale, paganamente inteso, unità col mare e la brezza, sintonico con gli alberi. Il mare è di per sé femminile e io lo sento presente nelle radici del mio essere.
Riguardo lo stile con cui componi i tuoi versi, appare piuttosto rigoroso ed armonioso, come più ampiamente ha voluto sottolineare chi ha curato la tua prefazione, ovvero: Letizia Lanza ma, tornando alla tua nota biografica sembra che tu, in prima persona, voglia evidenziare l’importanza del buon uso della lingua guardando al nuovo e proiettandoti verso una cultura che definisci "alternativa", quali sono i tuoi riferimenti?
Negli ultimi tempi prevale il cattivo gusto, se non la vera e propria scorrettezza, contrabbandata come "nuovo". Da tempo conduco una piccola lotta a favore dell’uso rigoroso della lingua, che, solo dopo essere stata fatta propria fino in fondo, può essere piegata a rinnovamenti e anche a stravolgimenti. Sperimentare nuovi linguaggi, è necessario soprattutto oggi che abbiamo strumenti sconvolgenti di comunicazione. Si deve lavorare duramente per questo; non basta dimenticare le ‘virgole’ e abolire ‘i punti e virgola’. Il verso non è un’andata a capo ogni tanto, ma simbolo e ritmo.
Per concludere, ultimo ma nondimeno importante è un sottile ma costante riferimento alla famiglia e le radici che si percepisce dai tuoi versi, a partire da "Pensieri per Sara", "Maternità", "Ombra lunga" e che, in "Scura terra" addirittura sembra rilevarsi per simboli. Come interpreti e concili questo tuo ulteriore percorso?
E’ insito e normale, credo in ogni donna, il legame con la maternità, con la sessualità, in una parola, con il corpo. Ho provato forti emozioni come donna e come madre e l’ho cantato. E’ stato naturale.
Ultimissime considerazioni: il titolo ("Lampi del tempo"), dopo averti letta, mi fa venire in mente folgorazioni, miti ma profonde illuminazioni intercorse nei labirinti della memoria.Ti senti di aggiungerci altro? Poi sarei curioso di chiederti un tuo parziale bilancio su come ti sei trovata con "Proposte editoriali" con cui hai pubblicato la raccolta e, se ne hai, quali sono i progetti per il tuo futuro più immediato?
Riguardo al titolo "Lampi del tempo", come dicevo, sento di cogliere il mio Tempo in versi che cercano di catturarne l’essenza. Il poeta deve superare il privato sentire, staccandosi dalla contemplazione del ‘proprio ombellico’ e andando oltre. La casa editrice ‘Proposte editoriali’ è retta da una vera signora, alla quale spero di restare legata per le mie future pubblicazioni.
Mirella Floris – "Lampi Del Tempo"
Enrico Pietrangeli