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Terra rossa

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Terra rossa
Parte seconda


3. Louis e Levin

Louis De La Manon era nato a Meralba ventidue anni prima, in un’estate particolarmente afosa e detestabile. Lui, al contrario, era una persona adorabile – e adorata: era stato fin da ragazzo pieno di allegria e curiosità per ogni cosa, eppure mai indiscreto, anzi, i suoi modi erano sempre spiccatamente gentili. Era uno spirito irrequieto, sempre in cerca della prossima sorpresa; aveva studiato un po’ di tutto non tanto sui libri, quanto con l’osservazione diretta, soprattutto di piante e fiori e animali; e ora continuamente non esitava a viaggiare e andare a scoprire nuove cose. Era cresciuto un bel ragazzo con i suoi occhi verdi e i morbidi capelli neri che cadevano sulle spalle: il corpo agile e scattante allenato dai tanti giochi e salti e viaggi all’aria aperta; la pelle abbronzata che completava la sua piacente figura.
Era stato verso i diciott’anni che aveva conosciuto il principe di Anumix in un viaggio verso il nord del continente e lì aveva sentito nascere dentro qualcosa che avrebbe sottratto per sempre il suo bel viso e i suoi morbidi capelli alle carezze passionali delle donne.
Il principe Levin era uno splendido ragazzo esile dai lineamenti delicati; aveva scintillanti occhi di un azzurro chiarissimo brillante, come acqua di un ruscello di montagna; lisci capelli biondi lunghi fino al collo. Indossava sempre abiti chiari, giacchette, camicie, pantaloni larghi leggeri. Era una persona poco abituata a parlare, e tuttavia disponeva di un lessico interessante, dopo molti anni di studio e letture. La sua arte preferita era la poesia: scriveva poesie e ne conosceva un’infinità. Le sue labbra rosse proferivano sempre dolci parole.
Tra lui e il principe Levin era nata subito un’intesa particolare, una forte attrazione spirituale che entrambi avevano accolto con gioia. Ma dopo qualche giorno trascorso quasi interamente insieme, era successo…

mio amore, ricordi quella sera d’estate? Ricordi quei giorni spensierati di allegria e calda complicità, durante i quali ci eravamo detti tutto, anche i nostri dubbi sull’amore? E poi quella sera nel giardino, quando eravamo lì senza parlare e a un certo punto ci siamo guardati contemporaneamente e abbiamo sorriso? Ho sentito in quel momento un amore terribile nei tuoi confronti… chissà, forse hai sentito la stessa cosa… ti ho passato un braccio intorno alle spalle, e tu mi hai accarezzato lievemente il viso. Ed eri così meraviglioso, il tuo pallido viso sotto la luce della luna quasi piena, i tuoi occhi che brillavano di gioia e vi leggevo la mia importanza nel tuo cuore… non mi ero mai sentito così, con nessun altro, mai così desideroso di stringersi ed essere una cosa sola… e allora ti ho abbracciato stretto, delicato ma stretto… e tu hai risposto con calore al mio abbraccio, e lì mi sono sentito in paradiso…
… e poi ci siamo guardati ancora e ho visto il tuo viso avvicinarsi e ho chiuso gli occhi e ho sentito le tue labbra fresche sulle mie ed era una sensazione dolcissima, ho continuato a tenere chiusi gli occhi sperando che non finisse più, che non ti staccassi mai, un bacio leggero che conteneva tutto un universo di amore… mentre con una mano mi accarezzavi dolcemente i capelli…

…questi erano i ricordi dolci di Louis, passeggiando nel giardino della casa del vecchio. Louis non aveva mai amato altre persone prima e non ne amò altre da allora. Levin era il suo unico amante anche se la loro malvista unione, doppiamente malvista dato che appartenevano alle due città nemiche, concedeva rarissimi momenti di intimità. Per tutto il resto del tempo l’unica cosa che si potevano permettere erano le notti insonni a pensarsi; per quanto riguarda Levin, scriveva poesie e poesie dedicate al bel vagabondo; e Louis sapeva solo cercare i suoi occhi in ogni cielo splendente o in ogni pietra preziosa.
Il tempo di ricongiungersi era lontano. Non avevano tenuto segreto il loro amore, e questo ovviamente aveva creato un notevole scandalo. Dalla parte di Louis non c’erano problemi: suo padre era morto anni prima, sua madre era una dolcissima creatura che non poteva che amare il figlio qualsiasi cosa avesse fatto, e così non giudicò male la cosa: anzi, le sembrava più delicato e gentile che perdere tempo a correre dietro a qualche sottana e, al limite, violentare le donne dei nemici quando capitava. Lei stessa era stata violentata anni prima… e non poteva che odiare tutti i maschi brutali e arroganti che consideravano le donne alla pari di un oggetto.
Ma da parte del principe Levin c’erano maggiori problemi. Il re oramai non aveva più l’importanza di un tempo, in questa nuova forma di monarchia democratica in cui la sua carica perdeva sempre più importanza a favore del Consiglio Generale; oltretutto il principe ereditario era il fratello maggiore di Levin, Ian Tralday, un ragazzo robusto, disciplinato, intelligente e abbastanza sottomesso per assumere la carica di re quando ce ne sarebbe stato bisogno. Insomma, Levin non rischiava la forca o l’esilio.
Tuttavia quando Levin aveva trovato il coraggio di confidare ai genitori la propria passione quelli non avevano potuto nascondere la loro delusione, e da allora il loro rapporto con il figlio era notevolmente cambiato. In più la voce si era diffusa ulteriormente a causa della servitù, e in poco tempo tutta la città sapeva che il principe Levin amava un uomo, e le battute ormai si sprecavano. Scritte sui muri del tipo "NO AL RE FROCIO" avevano dissuaso il ragazzo dalle poche uscite che ancora si permetteva, e in pratica da alcuni anni la sua vita era isolata in casa propria, tolto qualche vacanza in posti lontani. Di farsi vedere in città non se ne parlava proprio.
Lo stesso valeva per Louis. Le prime volte che andò ad Anumix nessuno lo conosceva e riuscì ad avvicinarsi al palazzo e a vedere Levin senza che succedesse niente – a parte gli sguardi di disprezzo di alcuni servitori. Ma ben presto venne chiarito chi era e cominciò ad essere guardato male finchè un giorno dovette quasi scappare da un gruppo di ragazzi che volevano scherzare un po’ con lui – sì, probabilmente scherzare fino a farlo sanguinare e rompergli qualcosa, è così che i ragazzi vogliono scherzare con qualcuno, di solito.
E da quel momento i loro incontri si erano interrotti; mentre nel frattempo Levin aveva continuato a scrivere poesie e un giorno, con l’aiuto di un insegnante, era riuscito a pubblicarne una raccolta. Quel piccolo successo aveva fatto riguadagnare al ragazzo la benevolenza, se non la fiducia, dei genitori, tanto che gli avevano permesso di viaggiare sapendo che era per lui l’unico modo di incontrare Louis. Insomma ogni tanto Levin organizzava una piccola vacanza, scriveva una lettera a Louis per avvertirlo e potevano finalmente passare qualche momento insieme, Levin interrompendo il suo poetare, Louis interrompendo il suo vagabondare e scoprire.
Non si poteva nemmeno dire che non fossero felici, in fondo; entrambi amavano ed erano corrisposti.
Louis nel frattempo continuò a dedicarsi ai suoi viaggi e alle sue ricerche su flora e fauna dell’intero continente, tanto da diventare una rinomata guida in molti viaggi di scoperta e di esplorazione. Conosceva le caratteristiche e i pericoli delle varie zone del continente, e la sua consulenza era apprezzata specialmente quando qualche potente si voleva insediare in zone pressochè selvagge. Gli stessi governi di Meralba e di Anumix si erano rivolti a lui in più di un’occasione.

4. Tefa e Filine

Tefa Saskjevic era nato ad Anumix ventotto anni prima, e non aveva che pochi anni quando era rimasto orfano di entrambi i genitori morti nel crollo di una locanda durante un viaggio. Da quel momento era stato sballottato da un parente all’altro e questo, oltre a riempirlo di un’abbondante e inestinguibile vena di pessimismo, gli aveva permesso di viaggiare in varie città e paesi, di conoscere varie usanze e tradizioni, in quel mondo dove ogni villaggio, ogni città costituiva un nucleo isolato. Aveva conosciuto la bellezza della città di Miandelhavn, affacciata sull’Oceano delle Grandi Balene; aveva sofferto il caldo del villaggio di Ozinius, lontano meno di cento miglia dalla Grande Strada Rossa; aveva visto Rolan, la splendida città d’argento che brillava tanto da farsi vedere a molte decine di miglia di distanza; ed era stato anche a Meralba, nell’industriosa città dell’acciaio, dove venivano forgiate le migliori spade e i migliori arredamenti del continente.
Tefa non conservava un buon ricordo di questo suo girovagare. Ricordava solo confusione e solitudine che si rinnovavano ogni volta che doveva lasciare un posto per andare in un altro. Ricordava lavori occasionali, per lo più di fatica, che gli avevano fatto sviluppare una notevole stazza fisica; ricordava le prime risse serie, e le prime volte che qualcuno l’aveva pagato per far del male a qualcun altro; ricordava la prima persona che aveva ucciso a pagamento, un ometto calvo e ciccione, proveniente da non si sa dove, un posto lontano lungo la Grande Strada Rossa, che era arrivato a Meralba per rovinare il giro a qualche delinquente locale. E Tefa aveva rovinato lui. Senza rancore, nè paura, nè esitazione. Aveva preso un mucchio di soldi e questo gli bastava.
Ma allora aveva deciso di darci un taglio. Ormai aveva vent’anni, e da tempo non aveva più bisogno di stare da qualcuno; poteva badare a se stesso. Decise di andare a trovarsi un lavoro stabile nell’operosa Meralba. E così avvenne.
Fu poco tempo dopo, in un paesino di qualche centinaio di abitanti poco lontano da Meralba, ad una festa popolare, che gli occhi argentei di cristallo di Filine l’avevano stregato strappandolo alla sua solitudine e alla sua amarezza. Erano occhi di una luce sottile e inarrestabile, come certe lune lontane straniere che ti incantano con lo sguardo fisso al cielo. Erano occhi pieni di energia e di consapevolezza, occhi di una ragazza che era già donna, una giovane con lunghi capelli castani appena ondeggianti, un naso piccolo e appuntito che donava un significato più intenso alla sua bellezza. E un fisico memorabile, con un corto vestito stretto che celava a malapena le sue perfezioni. Filine stava ballando non molto distante da un fuoco che illuminava la serata.
Tefa la guardò a lungo, e quegli occhi risposero al suo lungo sguardo in una maniera che non lasciava dubbi. Pochi minuti dopo i due si incontrarono lontano da sguardi indiscreti, dietro una grossa quercia; non si dissero niente. Quasi con violenza, lui la spinse contro l’albero e cominciò a baciarla spingendo le mani lungo tutto il suo corpo. Lei non urlò, non si lamentò: gli afferrò i capelli e li tirò con forza, costringendolo a guardarla. Si fissarono alcuni secondi in silenzio, dopodichè sorrisero, e poi scoppiarono a ridere. Si erano scoperti. Semmai sono esistite due persone fatte per stare insieme, quelle erano Filine e Tefa.
Si baciarono e fecero all’amore lì, dietro una grande quercia. Poi cominciarono a conoscersi.
Nel corso degli anni si lasciarono e si ritrovarono diverse volte; entrambi avevano storie occasionali. Ma la loro unione andava oltre tutto questo. Il loro amore era fuori dallo spazio e dal tempo. Il loro amore era nel cielo, e sarebbe durato per sempre.
Tefa non era fatto per una vita regolare, nell’operosa Meralba. Continuò a cambiare mestiere, andando e venendo da Meralba e dalla sua Filine. E continuò anche a uccidere persone a pagamento, anzi, divenne un vero professionista.

(continua)

Alessandro Zanardi

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