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21°TORINO FILM FESTIVAL – 13/21 NOVEMBRE 2003

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21°Torino Film Festival
13/21 Novembre 2003

Ormai negli ultimi anni, il Torino Film Festival, si conferma come uno dei migliori Festival di cinema italiani (probabilmente il migliore come qualità delle pellicole proiettate) senza avere la pesante organizzazione di un Festival come quello di Venezia. Non c’è che dire, ci si sente a casa. Giovani, tanti giovani, sincera passione per il cinema, inutili formalismi, totale eliminazione dello star sistem e del gossip giornalistico (qui gli attori, i registi e gli addetti di cinema, vivono fianco a fianco al pubblico). L’eredità lasciata prima da Barbera, poi da Della Casa è preziosa, recepita a pieno dai nuovi direttori artistici della rassegna di quest’anno, Roberto Turigliatto e Giulia D’Agnolo Vallan, a loro agio nel seguire il solco della tradizione. Visto l’avanzante successo, nelle ultime edizioni, di critica e di pubblico, si è dovuto affrontare progressivamente un aumento di utenza che ha portato inevitabilmente ad avere qualche problema in più dal punto di vista organizzativo. Il cambiamento di sede dell’anno scorso dal centro città alla Multisala Pathè Lingotto, moderna struttura recuperata dagli ex uffici della Fiat, ha portato qualche disagio negli spostamenti. C’è qualche problema in più nell’accoglienza per gli accreditati e non tutti riescono ad entrare alle proiezioni. Ma l’impegno è tanto e la serietà della manifestazione cancella queste piccole mancanze. Inoltre la qualità del Festival fa veramente la differenza, ogni edizione in continua ascesa, sempre più ricca e stimolante.
Quest’anno le retrospettive sono state dedicate a tre grandi cineasti: Aleksandr Sokurov (curata da Enrico Ghezzi), Stàvros Tornès (curata da Sergio Germani) e William Friedkin (curata da Giulia D’Agnolo Vallan) con omaggi al regista giapponese Kinji Fukasaku, Joao Cesar Monteiro e a Stan Beakhage. I film del Torino Film Festival abbracciano zone geografiche molto diverse e le varie sezioni hanno subito mutamenti nel corso degli anni. "Americana" è l’unica sezione geografica che si è mantenuta come sezione a sé già da diverse edizioni e rimane una delle più interessanti nell’esporre opere indipendenti, provenienti soprattutto dal Sundance Film Festival, che danno uno spaccato della cultura underground americana assolutamente sconosciuta da un pubblico europeo, ma di assoluto interesse per avere una visione più completa della società che rappresenta. Quest’anno, ad esempio, Torino ha ospitato il vincitore del Sundance Festival, la pellicola "American Splendor", documentario fra fiction e fumetto su Harvey Peckar, originale personaggio diventato famoso per essere l’ideatore della collana di fumetti "American Splendor", autobiografica, dove è descritta la sua vita ed il mondo che lo circonda, che lo ha portato ed avere un discreto successo in patria, grazie anche alla particolarità dell’autore ospitato spesso nei principali talk show americani.
Anche un documentario come "The Fog Of War: Eleven Lessons From The Life Of Robert S.McNamara" di Errol Morris, una presenza costante qui a Torino con le sue apprezzate pellicole documentarie (è dell’edizione del 2000 il suo film su Fred Leuchter, Mr. Death), svela nuovi controversi capitoli della storia politica americana degli anni 60′, quando Robert S.McNamara era segretario di stato alla difesa durante la legislazione Kennedy e la successiva di Lindon Johnson, fra i momenti più critici della Guerra Fredda ed il Vietnam, e ci porta ad un’inevitabile riflessione sul presente.
La linea di continuità è presente anche nel resto delle sezioni del Festival. Oltre alle pellicole sulle problematiche legate al lavoro, che ormai da anni rappresentano un punto fermo e sono fortemente legate alla storia di Torino, perché legate alla storia della Fiat, da alcune edizioni c’è il recupero di un periodo della nostra storia recente, quello del ’77 a Bologna, con le forti contestazioni studentesche che coincisero con il particolare momento di tensione politica e sociale degli attentati e delle stragi di piazza, periodo che ancor oggi non è stato completamente esorcizzato. Qui, una pellicola come "Bologna Centrale" del regista francese Vincent Dieutre, ci riporta ai suoni dell’epoca, sulla base di un racconto a sfondo omosessuale vissuto proprio durante questo periodo.
Venire a Torino per chi come me è emiliano, è un po’ come ritrovarsi a casa. Ogni anno ci sono sempre pellicole legate alla mia terra ed ai luoghi in cui vivo. Questa edizione, con "Mondonuovo", di Davide Ferrario, Gianni Celati ci ha accompagnato nella pianura emiliana, analizzandone i mutamenti sull’analisi dei suoi scritti, ricordi nella memoria familiare di queste terre, mentre Sara Pozzoli con "Echi di Pietra", attraverso la figura di Giovanni Lindo Ferretti, ci trasporta fra le montagne emiliane e la musica che un uomo le regala per ringraziarla.
È un altro viaggio quello che voglio segnalare, una pellicola di Giuseppe Gagliardi "Doichlanda", che attraverso la musica del Parto delle Nuvole Pesanti (band calabra che si muove fra tradizione e musica contemporanea), racconta la storia di emigranti calabresi in Germania.
Anche il concorso internazionale lungometraggi ha raggiunto una maturità tale da proporci filmografie valide da ogni regione del mondo, film malesi, coreani, giapponesi, turchi di estrema modernità sia nei temi che nei contenuti.
È piacevole vedere come un giovane autore come Corso Salani, ingiustamente poco considerato nel panorama cinematografico nazionale, scelga questo Festival per promuovere le sue pellicole, questa edizione con "Palabras", un film la cui protagonista, una giovane donna spagnola, rievoca il ricordo di un’intensa relazione terminata improvvisamente.
Un’ultima segnalazione, l’anteprima Nazionale della nuova pellicola di Jacques Rivette "Histoire de Marie e Julien", progetto interrotto 27 anni fa e ripreso ora con qualche cambiamento rispetto all’originale, che vede protagonista la sua musa, la strepitosa Emanuelle Beart.


Andrea Leonardi

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