KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Terra rossa

12 min read

Terra rossa
5.
Il giorno dopo cominciò con un raggio di sole che s’infrangeva sulla foglia di un acero, e illuminava le gocce di rugiada colanti. Alla splendida piccola scena assistevano curiosi qualche insetto, pochi volatili, e un ragazzo di Anumix. Un ragazzo che era cresciuto con la meraviglia nel cuore e negli occhi, un ragazzo che aveva imparato a non diventare grande, ad amare le cose belle, a credere nelle infinite possibilità dell’esistenza. Guardò il raggio di sole con un mezzo sorriso acceso sul volto, e fu partecipe per un istante della grandiosità stessa della vita. Non era ancora andato a dormire, troppa l’eccitazione in lui, troppo l’amore. Era la sua Janine che nel pensiero lo teneva sveglio, era il suo unico universo, era dentro ad ogni cosa. Nella luce pura del mattino tutto era perfetto.
Fu con grande fatica che attese la sveglia della città, il lento riemergere del giorno di festa, reduci dal banchetto della sera prima; s’immaginò occhi socchiusi e galoppanti mal di testa, brontolii di stomaco e sapori amari in bocca. Che truppa di esagerati! Si divertivano così poco che in quell’occasione non avevano limite.
Non c’era astio nei suoi pensieri, non poteva esserci. Bontà per ogni singola persona di quella città che gli aveva fatto conoscere Janine, e non poteva desiderare altro.
E presto bussava a palazzo con un sorriso e una luce impetuosa nelle ampie iridi azzurre, mostrate con vanto dalle piccole pupille insonnolite. Fu Marius a rispondergli, e sorridendo sorpreso lo invitò a bere per una tazza di thè.
– In piedi così presto, giovane Kim? Hai buone abitudini.
– Veramente non ho ancora dormito -, rispose Kim entrando e sentendo un lieve nervosismo che l’assaliva. La sua comunione con il mondo, quella pace irreale che aveva assaporato prima, all’alba, ora lo stava rapidamente abbandonando, sconfitta dai variabili e inquieti umori umani. Si preparò a parlare.
– Siediti.
Marius l’aveva condotto in giardino, dove su un tavolo stava una teiera fumante, e un vassoio di biscotti. Nessuno era ancora in giro.
– Dorme ancora tutto il palazzo? – chiese Kim, prese tempo.
– E’ così. Io sono abituato a dormire poco, ed è per questo che mi hai trovato già sveglio. Tengo alla mia salute.
– Mi sembra che sia ottima.
– Ti ringrazio – rispose il principe sorridendo. Il suo viso era effettivamente asciutto e vigoroso, e mostrava salute. In quella mattinata di pace, le preoccupazioni e gli impegni della vita di tutti i giorni se ne stavano in disparte, ed era solo tranquilla salute che si poteva leggere sul volto di Marius. Un piccolo miracolo della natura che Kim non mancò di notare. C’era un atmosfera cordiale, di confidenza, tra loro due, nonostante la diversa provenienza; e approfittò dell’occasione.
– Principe Marius, ho una confidenza da farvi.
– Una confidenza, ragazzo?
Kim annuì. Ora, è da considerare che Janine era l’unica figlia di Marius, e talvolta il principe di Meralba aveva sentito la mancanza di un maschio da crescere e sentire vicino. Quella richiesta di confidenza quasi lo commosse. Aveva una vita metodica riscaldata solo da poche tiepide gioie familiari, e ora poteva vedere nel giovane Kim un figlio mai avuto, una triste nostalgia di qualcosa di inesistente, un sogno fattosi improvvisamente realtà nel bel viso di quel giovane di Anumix.
– Parla, Kim.
– Bene, la notte scorsa… io mi sono molto divertito, e… vi ringrazio per questo.
– Ne sono molto felice. Non ci sono molti rapporti tra noi, e chissà che non sia la volta di cambiare un poco le nostre abitudini.
– Ho avuto anche l’occasione di scambiare due parole con vostra figlia. E’ una ragazza adorabile.
Kim arrossì lievemente, per la delicatezza del discorso; Marius se ne accorse, e lo individuò per quello che era, un interesse troppo acceso.
– Le hai parlato?
– Sì… durante la festa ci siamo parlati.
Marius ebbe un lampo di fastidio, la gelosia e la sorpresa lo invogliavano a troncare subito il discorso. Si comportava esattamente come tutti quelli di Anumix! Aveva conosciuto una ragazza la sera prima, e ora già se n’era invaghito. Privo di pazienza, privo di buonsenso. Inaffidabile. Ma forse era solo un complimento, che non nascondeva altre implicazioni. Si lasciò trasportare dalla rilassatezza della mattinata.
– Kim, caro, apprezzo quello che mi stai dicendo. E sono d’accordo con te, Janine è adorabile. E’ già promessa, sai? Al principe Dani, di Kyahad.
– Oh, davvero? – dissimulò Kim. – Un uomo fortunato.
– Sì, credo anch’io. Mi dispiacerà perderla.
La delusione s’impadronì del cuore di Kim, s’allargò come una goccia di colore caduta su un foglio. Era come aver trovato uno splendido gioiello e ora sentire che non lo si può tenere, raggiungere le porte del paradiso e non poter entrare.
– Quando ti sposerai, tu, Kim?
– Come dite?
– Ti ho chiesto quando ti sposerai. Hai già trovata una ragazza buona per te?
Sorrise appena mentre rispondeva: -Sì, l’ho trovata, principe. E spero di sposarla presto.
Prima di andarsene, Kim comunicò a Marius che si sentiva un poco stanco, e che sarebbe rimasto ancora una notte prima di tornare a casa.

Era di nuovo notte quando Kim tornò a vedere Janine. S’arrampico nuovamente di soppiatto fino alla finestra del suo tesoro, rischiando di più che non la sera precedente, quando il festino distraeva gli abitanti del palazzo.
Ma la felicità lo attendeva al di là di quel vetro, e il sorriso di Janine cancellava ogni paura.
– Amore mio, benvenuto – lo salutò lei per prima.
– Salve, bellezza. Ho brutte notizie.
– Quali?
– Tuo padre dice che sei già promessa.
– Cosa? E a chi?
– Dani, di Kyahad.
Una vampata di rossa rabbia le attraversò il viso.
– Non ne sapevo niente! E con chi pensa di avere a che fare, con una bambola?
– Ora sei tu a perdere la calma, bellezza.
– Ti sfido, essere assegnata senza nemmeno riceverne la notizia. L’avrò visto due volte, questo tizio, e nemmeno mi piace! No, non può essere.
– Io non credo che abbia fretta, in ogni caso. Domani mattina dovrò sicuramente andarmene da Meralba. Ma tornerò, e tu m’aspetterai. Vero?
Janine lo guardò così dolce da far male, e gli sussurrò: – T’aspettero fino ad aver le ragnatele sui vestiti, amore mio.
– Non serve così tanto. Se dovesse passare così tanto tempo, lasciami pure perdere. Probabilmente sarei morto.
– Non dire così, non dirlo nemmeno. Tutti al mondo potrebbero morire ma tu no. Non adesso. Non potrei sopportarlo, giuro.
– Comunque tornerò ancora e presto farò la mia proposta a tuo padre. Gli farò cambiare idea, vedrai.
– Se ti volesse bene un decimo di quello che t’amo io, saremmo già a posto. Ma non sarà facile, vedrai. Sono sicura che c’è di mezzo qualche interesse suo.
– Non lo permetterò! – sbottò Kim, e i due si guardarono attorno per vedere se qualcuno l’avesse sentito.
– Non dico che lo sposerò! Mi opporrò, e credo che mi voglia abbastanza bene da rispettare le mie scelte, dopo che avrò insistito un poco. Ma lasciarmi sposare te, be’, è un altro paio di maniche. In questi giorni è stato accogliente con te, ma non si fida a tal punto.
– Lascia fare a me, tesoro. Tu stai attenta a non finir sposata a qualcun altro, e io penserò a convincere tutto il mondo.
– Sei pazzo, ed è un’impresa difficile… ma sarò con te, e mi auguro con tutto il cuore che tu riesca. Ora è meglio che tu vada. Torna a trovarmi, e ci vedremo ancora a palazzo.
– Tu non dire niente a tuo padre, mi raccomando.
– Va bene. Buonanotte, amore mio.
– A presto. Vorrei stare qui con te fino al mattino, ma…
Un bacio disse tutte le parole che mancavano. Un bacio lungo e infinito come cento discorsi, come certe lunghe chiacchierate calde di sere d’estate sotto un albero, iniziate appena dopo il tramonto e terminate a notte fonda con la gola bagnata d’acqua fresca. Era impossibile andarsene adesso, era impossibile allontanarsi da quel dolce frutto che era Janine, e allora si baciarono ancora, e ancora, e presto le mani passavano nei morbidi capelli e sulle guance e sulla schiena, e le labbra che correvano dalle labbra al collo e di nuovo calamitate dalle labbra dell’altro, e i corpi erano sempre più vicini, una dolce trappola di miele, un fatale abbraccio, un irresistibile calore come per certe falene che vanno al fuoco e muoiono felici, vengono uccise dalla loro sensibilità alla bellezza, era una splendida bestia assassina che mentre ci sta dando il colpo di grazia ci lascia dare un’ultima occhiata alla propria maestosità, un bavaglio di seta delicata, soffocare con meravigliose piume, morire immobili di fronte all’ineguagliabile eruzione di un vulcano, o buttandosi in un fiume impetuoso, era quando la rovina e la bellezza estrema si sovrappongono, quando la disgrazia assume il suo aspetto più seducente, quando il pericolo abbraccia con forza e dolcezza irresistibili.
Stavano per morire di amore.
Una porta si spalancò, i due si girarono all’improvviso e la madre di lei comparve sulla soglia, con la faccia stravolta dalla sorpresa, e intanto invocazioni che sgorgavano dalla bocca. Gridò ogni sorta d’insulto a entrambi, trascinò via la figlia, mentre chiamava a gran voce il marito, e Kim inerme incapace di pensare a qualcosa di buono, finchè Janine gli gridò di fuggire, e allora si avviò ancora per la finestra e la rovina decise di dargli ancora una possibilità, lo lasciò fuggire con il dolore nel cuore, la lasciò vivo e distrutto, lo lasciò scappare ed arrivare a casa di gran corsa con i suoi uomini svegliati all’improvviso, la sua dolce lontana Anumix, dove pianse come non faceva da anni, e poi guardò un’alba e un tramonto, e diede da pensare a suo padre, che lo vide vagare di notte silenzioso nei giardini del palazzo. Finchè Kim stesso decise di raccontargli tutto.

– Janine è lontana, più di lontana di Meralba, più lontana del palazzo di Marius Hajal. Janine è quasi irraggiungibile, e questo non lo posso sopportare. Che devo fare, padre?
– Attendere. Che vuoi fare? Cambiare l’ordine del mondo? Far splendere la luna di giorno? Figlio mio, ti capisco. Ti ho visto ancora invaghito, ma questo dev’essere davvero un amore che li supera tutti, per come ti vedo in questi giorni. E proprio a Meralba, e proprio con la figlia del governatore di Meralba dovevi cadere? E’ quanto di peggio potevi scegliere.
– Non ho scelto! Non ho scelto nulla! E’ stato semplicemente inevitabile, devi capirmi, non puoi capirmi? E’ stato improvviso come un fulmine, l’ho vista, poche parole, un bacio, e ho capito che lei è tutto, è oltre qualsiasi mio sogno. Lei è una realtà, la prima realtà che conquisto che mi fa soffrire così.
– E pensi che sia giusto soffrire?
– Morirei per lei. Non ho mai sentito qualcosa del genere, mai. Padre, devo averla come mia sposa. Non posso rinunciare.
– Non dire così. La vita è lunga, il tempo che passa guarisce tutto. Avrai altre gioie.
– Non voglio avere altre gioie, senza di lei! Non posso smettere di pensarla, di amarla, di volerla! Nè adesso, nè mai.
– Ora, calmati. Mi ha raccontato quel che ti è successo. Volevi il mio parere e io te l’ho dato. So che non è facile accettarlo. Ma ne riparleremo tra qualche giorno, e vedrai che sarà tutto come prima. Starai meglio. Tornerai il Kim che conosco, che sorride alla vita. Dio santo, non mi ricordo il tempo di vederti con gli occhi così lucidi. Vai, ora, vai e lascia passare il tempo. Il tempo è l’unica cosa in cui valga la pena di credere.

6.
Ma anche Anumix era diversa, ormai, anche i sorrisi degli amici e le splendide piante del giardino avevano perso il loro calore, e i lenti dolci tramonti sull’orizzonte piatto guardando con speranza verso il mondo, niente era più come prima. A tutto mancava qualcosa, ad ogni oggetto, ogni persona, ogni casa, ogni via. Niente era completo e niente lo sarebbe stato, senza Janine. Era lei, ormai, il significato di tutto, l’alfabeto per parlare la vita. Kim scoprì il potente amaro sapore dell’imperfezione, e il dolore bruciante di un amore lontano e difficile. Passeggiava lento senza comprensione di sè o del resto, senza meta o soddisfazione. Era come un foglio pieno di scritte incomprensibili, aveva l’animo sepolto e indecifrabile come una tomba antica. Era, forse per la prima volta in vita sua, infelice. E non c’era che un motivo, e non c’era che una sola cosa da fare: prendere l’amore che desiderava.
Lasciò passare qualche tempo per calmare le acque, poi decise di scrivere una lunga lettera al principe Marius, si scusò per l’atto impulsivo, chiese perdono, chiese di poter recarsi a Meralba per esprimere ufficialmente il proprio pentimento. Marius accolse le sue scuse, sottovalutando l’inquietudine di quel giovane. Gli credette; o meglio, credette ciò che voleva credere, e cioè che Kim si fosse rassegnato. Ma allo stesso tempo Kim mandò di nascosto una lettera a Janine, pregando che non lo scoprisse nessuno. Le chiese come stava e cosa pensava, se ancora fosse disposta a a sposarlo o se nel frattempo avesse cambiato idea (di propria o altrui volontà, non importava).
Lei era in attesa della stessa conferma. E quella lettera consegnata di nascosto, quell’atto di coraggio e quelle richieste ansiose le dissero che Kim l’amava e che valeva il suo amore. Gli rispose scrivendo: "Mi avevi detto che saresti tornato, e di aspettarti. Ti sto aspettando." Non disse altro, ma a Kim questo bastò. Non appena ricevuta la lettera decise di recarsi di persona a Meralba.
Kim tornò a Meralba. E passando silenzioso e solitario lungo le strade della città straniera si sentì molto meno accogliente e molto più incazzato. Rabbia benedetta e maledetta insieme. Rabbia che conduce dove non riusciresti ad arrivare con le energie razionali, ma anche dove non DOVRESTI arrivare con un pensiero attento. La zona vicina al palazzo era deserta, e in preda a un istinto, Kim ne approfittò per fare il giro e affacciarsi sul giardino. Lei era là.
Lei erà là e sopra tutto lei era splendida. Lei gli fece perdere la testa un’altra volta. Quel volto anche senza sorriso lo riempiva d’emozione. Non poteva parlarle, era in compagnia e un altro sgarbo a Marius poteva costare caro a entrambi. In realtà non aveva ancora accettato l’idea che Marius obbligasse sua figlia a seguire i propri interessi. Entrò a palazzo pronto a scusarsi e ad umiliarsi fino a terra, ma ancora credendo che sarebbe bastato dire: "Principe Marius, io amo suo figlia e la voglio sposare."
Si sbagliava.
Era tardi, quasi il tramonto, quando Marius sentì che stava perdendo la pazienza. Quel ragazzo era davvero esasperante. Gli aveva detto di no, ora basta.
– Kim, senti. Vedo che non riesci a capirmi. Sono orgoglioso del tuo interesse per mia figlia, capisco cosa tu stia passando e che magari non riesci a darti pace. Ma ti ho già detto che lei non può sposarti. Dunque, per il cielo, tornatene ad Anumix, trovati una moglie e tornami a trovare quando avrai messo la testa a posto. Non posso più sopportarti, adesso.
– No, principe, siete voi a non avere capito. Io amo Janine e lei ama me. Questo non potete ignorarlo.
La rabbia si dipinse rossa improvvisa sul viso di Marius. Quando parlò, l’atteggiamento comprensivo era sparito.
– Lei ti ama! E tu che ne sai? Per averle rubato un bacio come un vagabondo, ti senti di avere dei diritti su di lei? Tu e mia figlia non avrete niente da spartire, d’accordo? E adesso, per l’ultima volta, vattene prima che ti faccia buttare fuori a calci! E d’ora in poi la porta della mia città sarà chiusa per tutti gli abitanti della vostra stupida città!
Kim, ragazzo solitamente gentile, era pur sempre il figlio di un governatore, del governatore di una città di gente libera. Per la prima volta in tanti anni, sentì che si stava infuriando. Quello stupido principe non poteva mettersi tra lei e Janine, e non poteva permettersi di insultare la sua gente. Parlò con voce terribilmente bassa, come il miagolio sordo di un gatto che si prepara a una lotta.
– Pagherete ogni insulto, principe. Lo pagherete caro. E Janine sarà mia se lei lo vuole, voi non potrete impedirlo. A costo di venire a prenderla con la forza. Siete avvertito.

Alessandro Zanardi (continua)

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti