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Sympathy for the devil

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Sympathy for the devil


Marika è una ragazza carina, spigliata, brillante e piena di vita come buona parte dei suoi coetanei adolescenti in un’epoca in cui tutto gli è dovuto e nulla, tra i presunti desideri, sembra restare inappagato ed idealizzato nella sola mente.
Frequenta una scuola di una ricca provincia dove il lavoro, nel fiorire di un’economia di rifinito artigianato, non è più mancato. Un istituto professionale che, negli ultimi anni, con la massiccia presenza di figli di emigranti ha compensato lo scarso tasso di natalità del posto.
Sara, sua madre, una donna aperta e di sinistra, si guardava bene dall’esprimere giudizi su Faryd, un ragazzo figlio di operai magrebini. Glissava, ogni qualvolta Marika, infatuata, tentava di comunicare quell’indicibile sentire che, dolcemente, le aveva cinto il cuore liberando la sua anima sognatrice. Con noncuranza ed una voluta distanza Sara si convinceva che, in fondo, Faryd non era che un ragazzino, come la sua Marika; un’adolescenziale esperienza che avrebbe avuto il suo naturale, breve corso senza lasciare più segni. Del resto, dopo quella sprovveduta avventura dell’estate precedente, che aveva visto Marika coinvolta in un breve ma pericoloso flirt con un uomo maturo, Sara si sentiva sollevata in una celata e forse inconsapevole ipocrisia che, già all’epoca, aveva messo tutto a tacere.
Marika, sensibile a certi materni atteggiamenti, dopo l’ultimo forzato commento, quasi strappato dalle socchiuse labbra di Sara:
– Beh! Non so che dirti, se son rose fioriranno…personalmente quel ragazzo non mi dà alcuna impressione, nè positiva nè negativa, vivi pure la tua storia e cerca sempre di metterci la testa e fare attenzione! –
…Corse di nuovo a rinchiudersi in camera, sdraiandosi sul letto, sotto il poster di Marylin Manson, assorta in disordinati pensieri. Dopo qualche minuto, si girò per inserire un CD nel riproduttore, una vecchia raccolta di successi dei Rolling Stones che le aveva regalato Erminio, quel mancato ed inquietante padre che aveva incontrato durante la scorsa stagione. Scorsero le note di Sympathy for the devil e, dopo qualche istante, con un breve beep, un SMS comparve nel display del suo cellulare:

– Domani c’è un grande party, qui a casa mia, dopo le 21. Ti aspetto. Erminio – .

Marika, senza indugiare, selezionando tra le voci del menu sul display quella di reply digitò subito decisa:

– Hey! Guarda ke ho un fidanzato, cmq grazie 🙂 è stato un pensiero carino. Ci penserò su…se non ti offendi – .

e giù con il tasto d’invio.

…invio messaggio in corso

Faryd, era così innamorato di Marika da voler desiderare di sposarla e portarla via quanto prima possibile, lontano da quella strana famiglia di "mummie" che non gli aveva mai rivolto neppure la parola, oltre formali buongiorno e buonasera. L’amava così tanto ma si sentiva solo, impotente e titubante anche rispetto ai lunghi pomeriggi passati in camera insieme a lei, dove spesso Marika trascorreva più tempo a rispondere al telefono che a scambiare affettuose effusioni che lui, era sempre pronto ad esternare in continuazione.
Lei, dal canto suo, pur essendo coinvolta in tante premure ed attenzioni, iniziava, di tanto in tanto, a sentirsi un po’ fagocitata dall’ atteggiamento del compagno e, esternandolo a quest’ultimo, capitava che lui finisse con l’imbronciarsi.
Accadde che, il giorno successivo, il malumore di Faryd lievitò, inavvertitamente, divenendo rabbia e Marika, dal canto suo, pur di spezzare quella terribile aria che aveva condizionato tutta la sua giornata, non esitò a recarsi alla festa in casa di Erminio.
Un acre e denso profumo d’incenso faceva da contorno ad una strana carnevalata, dove tutti gli invitati sghignazzavano dietro goffe maschere. Marika, per l’occasione, indossò un abitino dark, comprato durante un piacevole soggiorno di studio a Londra. Aveva un grosso reticolato borchiato che le attraversava il seno: una stuzzicante ed acerba seconda misura e sembrava sentirsi a suo agio, non appena arrivata, in quello strano festino in bilico tra il sinistro ed il trash. Non tardò molto a recepire l’immediato invito ad indossare una maschera anche lei; ce n’erano in quantità dentro uno stanzino prossimo all’ingresso, scelse quella di un Pierrot, gelida e bianca, sembrava tumefatta da due grosse lacrime sovrapposte con della cera. Bevve poi, con i presenti, uno strano intruglio introdotto da Erminio come cocktail di apertura, altro non era che della mescalina aromatizzata con dell’innocente frutta.
– Buono! Sa di fragola…- .
Esordì, compiaciuta, dopo il primo sorso la piccola Marika. Dopo pochi istanti, un passo dopo l’altro, mentre si dirigeva nell’altra stanza, tutto s’investì di una sinistra presenza onirica nella sua mente divenuta di colpo inerte. Volti e maschere si fondevano in altre presenze, il suo corpo perse consistenza e si distese, sopra un’ara, immolata ai presenti.
Faryd, ignaro di quanto stesse accadendo a Marika in quel momento, si rivoltava, tormentato, nel suo giaciglio. Prese sonno, alla fine, ma di quello cumulato nella stanchezza della tensione, fatto d’inquietanti presenze ma, soprattutto, popolato di incubi. Assistette impotente, dentro gli abissi dei sogni, a quel perpetuato stupro, esibito con non curanza, nei confronti di Marika. Lei rideva, innaturale, talvolta sembrava essere sul punto di dimenarsi ma poi continuava a singhiozzare un riso strozzato da improvvisi e violenti gemiti.
Marika, con aria stravolta ed intontita, fece ritorno a casa molto tardi, evitando quel naturale materno stato di veglia, del resto Sara ormai ricorreva da tempo a sonniferi e quant’altro. Il sonno di Marika non tardò a venire, fu profondo ed ovattato, tanto da rinvenire solo l’indomani al ridosso del pranzo. Fu il telefono a ridestarla, una chiamata di Licia, sua compagna di classe, che le annunciava:
– …ma non hai sentito alla radio? Faryd, si, insomma, proprio quello lì, pare che si sia impiccato! – .



Enrico Pietrangeli



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