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L’italiano – Lezioni semiserie – Beppe Severgnini

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L’italiano, questo Mistero
 
Dopo aver preso in prestito questo libro dalla scrivania di mia sorella, ed essermi addentrata nell’ironica prosa di Severgnini sono veramente terrorizzata all’idea di scrivere un qualsiasi testo.
Adesso, ogni volta che mi trovo a comporre un testo che so diventerà in qualche modo pubblico mi ritrovo a controllare e ricontrollare ogni singola parola, riscrivere interi paragrafi, revisionare la punteggiatura, insomma un incubo se si pensa che il mio lavoro è proprio scrivere testi.
Sono giunta alla conclusione che questo fosse effettivamente lo scopo ultimo di Severgnini, immergere ogni pseudo comunicatore in uno stato di panico tale da ridurre drasticamente l’afflusso di “narrativa” che ogni giorni si riversa nel mondo. Sarebbe bello, infatti, se smettessimo per un po’ di fare scrittura creativa e ci limitassimo a scrivere solo le cose veramente degne e soprattutto a farlo in maniera grammaticalmente corretta.
I linguisti, anche quelli dell’Accademia della Crusca, sono concordi nell’affermare che ogni lingua, per il solo fatto di essere viva e quindi parlata, è in costante evoluzione e che perciò antichi errori sono ormai considerati accettabili nella lingua comune; è pur vero che tra punteggiare, coniugare, scegliere una parola, ecc… gli italiani stanno sprofondando sempre più nell’abisso dell’ignoranza.
Complici i programmi televisivi, le radio, i libri e soprattutto i giornali, stiamo dimenticando gli
anni di insegnamento scolastico. Se a questo aggiungiamo la diffusione massiccia di parole provenienti da lingue straniere, in particolare dal francese e dall’inglese, ci rendiamo conto che
sfuggire a questa “rozzizazione” della lingua è arduo.
Forse però, affrontare con umorismo alcuni tra i più “gettonati” errori della lingua può essere divertente oltre che istruttivo e rendere l’italiano una lingua un po’ più nostra. Sarà per questo che Severgnini ha dato origine a quello che lui chiama il “Decalogo Diabolico”, ovvero i 10 errori più quotati nell’uso della lingua italiana di noi moderni Dante:
1. Usate dieci parole quando tre bastano.
2. Usate parole lunghe invece di parole brevi, sigle incomprensibili e termini specialistici.
3. Considerate la punteggiatura una forma di acne: se non c’è, meglio.
4. Fate sentire in inferiorità il lettore: bombardatelo di citazioni.
5. Nauseatelo con metafore stantie.
6. Costringetelo all’apnea: nascondete la reggente dietro una siepe di subordinate, e cambiate il soggetto per dispetto.
7. Infilate due o più che in una frase.
8. Non scrivete “Il discorso era noioso, e i relatori aspettavano l’intervallo” ma “Lo speech era lowquality e il panel s’era messo in hold per il coffee-break“.
9. Usate espressioni come in riferimento alla Sua del…, il latore della presente, in attesa di favorevole riscontro…
10. Siate noiosi.
Seguite queste regole e cadrete così in basso che, a quel punto, potete solo risalire.
Come dargli torto? Ultimamente sembra che chiunque possa pubblicare qualsiasi cosa, non importa se si ha realmente qualcosa da dire, eppure questa dovrebbe essere la nostra priorità, avere un soggetto da comunicare e farlo in maniera chiara e coincisa, magari cercando di rendere il nostro concetto interessante per il pubblico.
Questo non vuol dire, come alcuni pensano, che sia necessario riempire un testo di paroloni, slang stranieri, virgolette, maiuscole all’interno del testo, citazioni, ecc… a volte basta solo essere semplici, diretti e soprattutto corretti.
Bhe non siamo qui per fare una lezione di italiano, purtroppo, ma anche se i suoi suggerimenti
passeranno su di noi senza lasciare traccia, Severgnini ci mette dinanzi alla realtà della nostra
moderna narrativa e per lo meno ci da modo di pensare. Come ho detto, e dimostrato con questo sproloquio, la lettura di questo libro difficilmente avrà un reale impatti sul nostro stile, ma ci renderà, lo spero, un po’ più consapevoli dei nostri errori. Insomma, alcuni cambiamenti sono inevitabili e vanno soltanto accettati, ma su altri, impariamo a riderci sopra.

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