Loretta Parenti, diplomata in pittura all’Accademia di Bologna,si è dedicata con passione ad elaborare uno stile inconfondibile, i cui connotati personalissimi, non rientrano negli asfittici, artificiosi
“ismi” delle tendenze alla moda, pilotate da maitres à penser, che nel ruolo di burattinai, strizzano l’occhio al mercato, bombardando slogan da persuasori occulti, come registi che creino consumi effimeri attraverso riviste e gallerie ad hoc.
Loretta, ignara di questi condizionamenti ha messo a punto un codice visivo che in uno stile forbito assume eleganzi movenze tra il
Simbolismo, il Liberty e l’Art Deco, di cui ha assimilato il repertorio iconografico, traducendolo in istanze inedite, non risentendo degli influssi citazionisti, nè dell’obsoleta iconologia mitologica, dando vita a personaggi, figure e simboli, filtrati da una sensibilità che capta le vibrazioni di suggestive atmosfere, della fiaba e del mito.
E allora, emerge, dal fondo complice un delicato profilo da cammeo fragile come quello della Dama del Pollaiolo del Poldi-Pezzoli; oppure
è la Chioma di Berenice a inanellarsi, per essere imbrigliata in una treccia fulva.
Curioso il Paguro Bernardo ad ammiccare sgusciando dalle valve di un guscio occupato come temporanea dimora acquatica in “Eros del mare”.
La Chiave del potere, risolta in un avvolgimento di struttura spiraliforme, una sinuosità bloccata da un muro che sembra quello che imprigionava il “divino Marchese” De Sade in un blocco asfittico.
Recentemente la pittrice si è cimentata in un notevole ciclo di murale di 100 metri quadri, che spicca lussureggiante sulle pareti della discoteca Picchio Rosso. E’ una magnifica opera in cui l’artista ha fatto sfoggio del piglio di affabulatrice di razza, in una magica creatività, tradotta in un simbolismo venato di esotismo.
Ha saputo delineare, con scioltezza ed eleganza un ciclo di figurazioni che talvolta sembrano ispirarsi a le Mille e una notte. In questo Tabulae pictae elabora immagini avvincenti che sembrano ispirarsi emblematicamente ad “Arte ed alchimia” di Jung; altre sembrano originali interpretazioni de “Le radici antropologiche dell’immaginario” di Gilbert Durand. Infatti la Parenti traduce in questo superbo ciclo i simboli, rispettivamente, del Regime diurno e del Regime notturno dell’immagine, legati alle fasi del giorno e della notte.
Oppure, si avverte l’avvicendarsi ciclico delle stagioni, in sintonia con gli elementi e il sogno, interpretati da Gaston Bachelard. Altri simboli disseminati in queste superbe immagini surreali sembrano presentare una Wahlverwandrschaft, quell’affinità elettiva cara a
Goethe, che elaborò anche la teoria delle ombre colorate stilando un codice simbolico, quale sarebbe stato messo a punto ne The Golden
Bough di Frazer, il fatidico ramo d’oro, l’iniziatico vischio, passe-partout per gli Inferi per Enea, che è stato ben illustrato ne
“La storia delle religioni” di M. Eliade.
Qualche parola voglio spendere a proposito della tavolozza radiosa impiegata in questo ciclo, basata su toni vividi, nel contrasto dei colori primari toni affocati, che si alternano empaticamente a colori diafani, nella pacatezza del pastello.
Loretta Parenti vive e opera a Solignano V. Isonzo 3, telefono
797454.
Loretta Parenti
Giuliana Galli