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Tano da morire

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Tano da morire

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DURATA:            75 minuti
REGIA:            Roberta Torre
ATTORI PRINCIPALI:    Ciccio Guarino,
Enzo Paglio, Mimma D. De
Rosalia, Maria Alliotta
MUSICA:            Nino D’Angelo

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A tutti coloro che erroneamente pensassero a questa pellicola in termini di “cavolata sesquipedale” rivolgo questo articolo e una umile preghiera:
PRESTO CORRETE AL CINEMA !!
Vi troverete, infatti, di fronte al più grottesco film di denuncia che sia mai stato realizzato.
Come noto ai più, almeno per l’enorme battage pubblicitario, l’argomento cardine del film è la Mafia, vista e raccontata secondo l’ottica dei diversi personaggi che ne fanno parte.
La storia, peraltro vera,è quella di un piccolo boss mafioso di un quartiere di Palermo, Tano Guarrasi, il quale viene trucidato nella sua macelleria nell’88, con sei colpi di pistola.
Ma è anche la storia di un matrimonio, quello della sorella di Tano,
Franca, da sempre soffocata dalla gelosia di lui e che ora, a distanza di “soli” due anni, prende marito e, per giunta, in abito bianco.
Da qui inizia una serie di racconti da parte dei singoli personaggi: la sorella Franca, le donne d’onore, la figlia Anna, l’amico d’infanzia ecc…, dei quali tiene magnificamente le fila Enzo, amico e debitore da sempre di Tano.
La conclusione non può che essere tragica con la morte di Franca lo stesso giorno del suo matrimonio, preceduta da due eventi funesti: l’apparizione del corteo funebre di fronte alla chiesa dove è appena stato celebrato il rito e la perdita del velo nuziale durante il pranzo.
E veramente bello vedere un film che realmente riesce a descrivere gli usi e costumi di Cosa Nostra, da un lato cercando di penetrare nel linguaggio che gli è proprio, dall’altro necessariamente dissacrandolo.
Attraverso Tano si capisce come deve essere l’appartenenza a quel mondo, ma ciò viene fatto usando scene grottesche rese da abiti anni
60 (con camicie aperte fino all’ombelico), setificati e stracolmi di lustrini; dall’uso sapiente della musica coreografata ad arte (ci pare doveroso, infatti, citare lo splendido balletto che Tano esegue quando
“mette a posto” gli spasimanti delle sorelle o anche quando si celebra la festa per suggellare la sua entrata nella “Famiglia”).
Bella, anche, l’esplosione di colori, che appare sin dai primi momenti del film e che sottolinea la teatralità, vera e propria, in quanto alcune scene sono girate proprio su palcoscenici(come quando la figlia di Tano gli comunica di essersi innamorata e che ci vede spettatori di uno splendido duello tra polli, naturalmente morti e facenti parte della macelleria di Tano).
Ma questo film tocca anche il problema dei pentiti, che vengono visti dalle stesse madri degli “schifosi traditori” e che sottolinea l’omertà delle donne d’onore.
Insomma il tutto può far gridare al capolavoro se si pensa poi al fatto che la regista Roberta Torre ha utilizzato, suppongo per dare ulteriore veridicità alla pellicola, attori non professionisti, bensì casalinghe, ambulanti, disoccupati e anche un giornalista di una piccola rete televisiva locale, che interpreta se stesso e che abbozza il rapporto Mafia-Informazione.
La Torre ha dovuto fare i conti con gli imbarazzi degli attori, che si evidenziano in qualche risatina di sottecchi, ma non ha mai smorzato la loro naturalezza(un retroscena giudicato esplicativo è quello di un’attrice sofferente di pressione alta, la quale durante le riprese perdeva continuamente i sensi).
Non stupisce dunque a questo punto se il film si è subito evidenziato nella 54a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e che si è aggiudicato il “Premio Luigi de Laurentis” perché: “… film ironico e divertente, ma anche coraggioso che riesce a raccontare la mafia senza mai abbassare la guardia” (da Festivals News).

Samantha Cristiani

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