Sono veramente contenta che KULT mi abbia dato la possibilità di poter finalmente rispondere ad un leghista (peccato però non farlo personalmente).
E’ da poco più di un anno che vivo a Modena e non avevo ancora avuto l’occasione di incontrarne uno. Io, ragazza meridionale di ventisei anni, sono stata costretta per esigenze personali e di lavoro a lasciare la mia città, per la quale, chi mi conosce, sa quanta nostalgia io provo.
Il rapporto che ho instaurato con la gente è abbastanza positivo, anche perché ne apprezzo la capacità di mettere in pratica la più semplice iniziativa, l’abilità a far convivere nella loro vita lavoro e divertimento, la grand’efficienza dei servizi sociali. I modenesi e gli altri settentrionali che ho conosciuto finora si sono sempre dimostrati, almeno in apparenza, contrari alla politica di Bossi. Mi sono, quindi, chiesta spesso chi fossero in realtà questi leghisti e quali fossero le loro reali ragioni per la secessione. Ero convinta che chi seguisse il “guru” di questo movimento avesse, nel proprio piccolo, motivi un po’ più validi che voler fare una moneta di carta straccia con un inesistente valore di mercato. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più!
Ciò che ho letto nell’articolo di Gianni è semplicemente un eco delle insensate parole urlate ai quattro venti dal “senatur”.
Quant’ipocrisia tra le righe!
L’amico dei meridionali, tale Gianni si auto-definisce, ha pensato bene di paragonarci ad una moderna Taiwan da poter sfruttare a basso prezzo, per permettere al Settentrione di poter entrare in Europa.
Bell’amicizia la sua!
Mi chiedo quindi se veramente conosca la gente, il Sud, le sue realtà e le sue risorse.
Il Meridione non è un secchio pieno di gente criminale, sanguisuga e assassina gettato in fondo ad un pozzo. C’è gente, ed è la maggior parte della popolazione, che vi lavora onestamente, che ha le sue piccole imprese, costruite durante gli anni, anche tenendo a bada amministrazioni e amministratori marci, ma soprattutto estorsori di mazzette e tangenti, garanti queste della sopravvivenza delle aziende e di chi vi lavorava. In alcuni casi gli imprenditori, pur di mantenere il loro lavoro, hanno dovuto dimostrare di essere più agguerriti degli stessi banditi.
Ciò che mi ha meravigliato in quest’articolo è il suo autore, che sicuramente è un ragazzo, al quale però manca quello spirito cosmopolita e volontario, intrinseco nella gioventù d’oggi. Un atteggiamento del genere avrei potuto giustificarlo in persone di una certa età, che hanno subito nel corso degli anni una pressione fiscale che spesso ha dovuto sopperire alle mancanze e alle deficienze economiche del Meridione, andando a riempire la “senza fondo” Cassa del Mezzogiorno. Non dimentichiamo, però, che i suoi proventi hanno spesso rimpinguato le tasche di gente che non aveva effettivamente problemi economici. So anche, per certo, che una delle fette più consistenti e forse le più agguerrite delle milizie leghiste sono di origine meridionale. Sono quelli che ormai si sono inseriti nelle società settentrionali e che rinnegano le loro origini. Sono soprattutto i figli trentenni o quarantenni di coloro che negli anni sessanta-settanta, sono emigrati al Nord e hanno subito l’umiliazione di essere chiamati “terroni”. Sono coloro che arrivano al sud con macchine costose a trovare i loro parenti e che danno l’impressione di volerti colonizzare, che chiamano le nostre terre Africa o Albania, che osannano le bellezze di paesi lontani, disprezzando le bellezze locali.
Mi meraviglia, tuttavia, dei leghisti il fatto che continuino a credere ad una persona che, dopo aver denunciato i ladri e i ladroni di Roma, sia stato scoperto anche lui implicato in imbrogli relativi ai finanziamenti ai partiti. Credono in una persona che urla di poter ottenere da sola l’entrata in Europa, ma che non possiede la coscienza che parte della ricchezza del Nord proviene dai soldi e dalla gente del Sud, contribuendo così al benessere economico delle aziende settentrionali. In fin dei conti noi rappresentiamo proprio una delle loro maggiori risorse, sia come manodopera sia come mercato di vendita.
I primi sfruttatori sono stati proprio le persone del Nord che, sin dalla creazione dell’Unità d’Italia nel secolo scorso, hanno utilizzato le nostre risorse naturali. (Si legga a tal proposito il romanzo di Pirandello “I vecchi e i giovani” sullo sfruttamento delle zolfatare in Sicilia, il cui materiale era trasportato nelle industrie del Piemonte.)
Una cosa certa è che se noi non avessimo avuto bisogno del lavoro, non avremmo dovuto chieder soldi e avremmo potuto tranquillamente starcene a casa nostra.
Siamo in fin dei conti tutti della stessa pasta: sia a Nord sia a Sud c’è gente onesta e gente approffitatrice, gente che ha voglia di lavorare e gente che preferisce farsi assistere dallo Stato. E allora come si vuole giustificare la secessione?
Non nego che tra Nord e Sud ci siano profonde differenze, soprattutto di ricchezza collettiva, ma se Roma ha rubato, come dice Bossi, vorrei sottolineare che una buona percentuale dei ladroni sono venuti e vengono anche dal Settentrione. I grandi imprenditori che nel corso degli anni hanno costruito i loro imperi, lo hanno fatto anche attraverso facilitazioni legislative che loro stessi hanno fatto passare in Parlamento, tutto (lo sottolineo) a loro ed esclusivo personale beneficio.
Tra i tanti motivi per cui Bossi non può essere preso sul serio come politico, è che non è mai coerente con le sue idee o i suoi propositi.
Si pensi all’estensione dello Stato Padano, che inizialmente doveva essere costituito quasi esclusivamente dalle regioni settentrionali e poi c’è stata l’espansione fino alla Toscana e alle Marche. Parla ora di una Confederazione di Stati, di disgregazione dell’Unità Italiana in un momento storico in cui si sta per realizzare l’Unione Europea.
Direi che è decisamente in controtendenza alle attuali idee politiche.
Vuole poi creare un nuovo Stato per entrare a far parte di una nuova entità politica con fini politici, economici, sociali e cooperativi.
Come potrebbe essere accettata la Padania nell’Unione Europea se nasce da un’idea di disgregazione dell’intero?
Fino a che punto…
Beatrice Di Venosa