Finalmente il presidente Scalfaro ha dato l’altolà al senatore lombardo Umberto Bossi dopo le sue ultime dichiarazioni esplosive:
“Secessione o guerra civile”, “disobbedienza alle leggi italiane”, “la mano va alla fondina”, dichiarazioni fatte già più volte, anche se in altre forme, e per troppo tempo sopportate. Un gesto importante ma fatto, probabilmente, molto in ritardo; soprattutto c’è da chiedersi se questo da solo riuscirà a fermare un tipo come Bossi che ha subito risposto con la solita battuta smentendo di aver fatto tali dichiarazioni, accusando i giornalisti di travisare e stravolgere le sue parole e definendo Scalfaro come il presidente che si schiera dalla parte del boia, alias magistratura, per impiccare la lega.
Quello che in tutta questa epopea della lega più indigna è l’indifferenza che mostrano un po’ tutti, a partire dai politici, colleghi del senatore, che sono molto più interessati ai voti e alle alleanze che ai princìpi e gli hanno lasciato fare tutto quello che voleva, alla magistratura che ha troppo spesso permesso al “senatùr” di oltrepassare il limite tra propaganda politica, elettorale ed eversiva, lasciandogli pronunciare offese al Capo dello Stato e incitamenti all’odio e all’intolleranza verso meridionali ed immigrati. Mi chiedo perché se la secessione è un illecito penale nessuno sia ancora intervenuto contro chi, almeno all’inizio, ne ha fatto la propria bandiera.
Penso che Bossi sia stato per troppo tempo considerato un personaggio folcloristico le cui idee erano eccessivamente folli per essere davvero seguite da un numero rilevante di persone, trascurando il fatto che egli nei suoi proclami ha spesso puntato sui sentimenti e sullo sdegno della gente, riuscendo ad ottenere così un falso seguito.
I suoi temi più frequenti sono “Roma ladrona”, che ostacola l’economia del Nord impedendone lo sviluppo, “indipendenza della ricca Padania” di cui però non riesce nemmeno a determinare i confini, le tasse e la burocrazia che soffocano l’attività imprenditoriale e la crescita economica del settentrione. Questi messaggi hanno creato effetti forse non previsti neanche dallo stesso Bossi, come l’assalto al campanile di Venezia da parte di otto persone fornite anche di un carro armato artigianale ma comunque dotato di lanciafiamme, e quello che è più sconvolgente è che in tale vicenda sono coinvolti non solo giovani che magari si sono lasciati infiammare eccessivamente da ideali politici, per quanto poco condivisibili, ma anche quarantenni, persone ormai mature e pronte a rischiare la prigione pur di lottare per l’indipendenza della “Serenissima Repubblica di Venezia”. Il gesto che più dovrebbe indignare i cittadini italiani è sicuramente lo svolgimento del referendum padano. Come si può permettere che vengano allestiti numerosi gazebo in vari punti della città e in tutte le città della Padania? Ma sbaglio o la nostra è ancora una Repubblica con libertà di parola e di pensiero ma con già un proprio governo e con delle leggi da rispettare anche in campo elettorale? Non credo che siano stati abrogati articoli del C.P. come il 241 che prevede la reclusione da 5 a 12 anni per chi promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni aventi per fine la soppressione VIOLENTA di ogni ordinamento politico e giuridico della società. Infine sono certamente in vigore l’art. 278 e 279 che puniscono chiunque offenda l’onore e il prestigio del Presidente della Repubblica o chi pubblicamente fa risalire al Presidente della Repubblica il biasimo o la responsabilità degli atti del Governo. Con tutto questo non si vogliono assolutamente chiudere gli occhi di fronte alla necessità urgente e verissima di un intervento in campo politico ed economico per dare maggiore autonomia e più potere alle regioni e magari arrivare gradualmente ad un federalismo fiscale, ma si deve essere decisamente contrari alla richiesta di secessione, e ad una fantomatica indipendenza della
“Padania” e soprattutto a queste istigazioni alla violenza e all’uso delle armi. Bossi oggi appare come un razzista consapevole, che predica l’egoismo, le divisioni con manifestazioni eclatanti quanto degne di biasimo e che racconta la storia d’Italia con molta disinvoltura, considera gli italiani come nemici e minaccia la secessione da ottenere con ogni mezzo, anche la guerra civile. Sono parole troppo grosse che certamente lasciano il segno come per esempio quelle più recenti: “le cose possono precipitare” che suonano come una minaccia che ci dovrebbe far pensare al senatore leghista come ad un personaggio pericoloso da non sottovalutare.
Fino a che punto è lecito tollerare?
Francesca Sessa