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Wild Mood Swings…

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Wild Mood Swings

The CURE

“as we grow older we grow both more foolish and wiser at the same time”
Questa citazione da La Rouchefoucald che ritroviamo tra le note di copertina di Wild Mood Swings l’ultimo lavoro dei Cure, uscito in tempi non recentissimi (metà 1996), ci pare la meglio indicata a fotografare quello che Smith e compagni significano nel sempre più affollato panorama musicale odierno.
Il gruppo britannico, vera e propria istituzione in mezzo ad una marea di formazioni che nascono e muoiono con la rapidità di un servizio di
Ivanisevic (…scusate, ma dopotutto siamo in periodo di Wimbledon), riesce infatti a passare attraverso gli anni (quasi venti, ormai), regalandoci di tanto in tanto gioielli che puntualmente contengono un qualche elemento di novità che li distingue dalle prove precedenti senza mai perdere minimamente il legame con quel filo conduttore che ha contraddistinto l’opera di Smith fin qui, rendendola unica ed inimitabile.
Così, per queste ‘oscillazioni selvagge dell’umore’ il folletto (ormai ex tale, vista la mole) di Blackpool cambia ancora la formazione del gruppo e si affranca ulteriormente dalle atmosfere gotiche e sognanti di Disintegration ( forse il capolavoro, dal punto di vista melodico), peraltro gia’ mitigate nel successivo Wish, per addentrarsi in terreni apparentemente a lui poco congeniali, vedi l’orchestrina di fiati che accompagna ‘ The 13th’, scelto per di più come primo singolo nonostante la sua scarsissima commerciabilità.
Si è sentito da più parti affermare che i Cure avessero voluto tentare di perdere la propria immagine cupa e dark attraverso un lavoro più allegro e positivo, quasi a simboleggiare una diversa visione della vita che avrebbe permeato di se lo stesso leader Smith, in passato noto anche come Dottor Malinconia; ora tutto ciò potrbbe essere anche condiviso, ad un primo esame, ma , attenzione!, se guardiamo la copertina del disco ci accorgiamo che il pupazzo qui raffigurato ha una crepa nel bel mezzo del volto, e la sua espressione e così inquietante da farci pensare , più che a un innoquo giocattolo, ad uno dei tanti bambolotti assassini di cui sono pieni gli horror movies.
E se poi andiamo a leggere con attenzione i testi ci rendiamo conto che l’iniziale, splendida ‘Want’ non è che un inno al continuo nostro desiderare nuovi oggetti, emozioni, sensazioni per ovviare all’impossibilità di avere più tempo e speranza a disposizione nel corso di questa nostra vita; così nella conclusiva ‘Bare’ troviamo il dilaniante senso di rimpianto e di amarezza che la fine di un rapporto porta con se.
E’ peraltro vero che non mancano episodi più spensierati, valga per tutti la veloce e solare ‘Mint Car’, che non si discosta molto, per la sua orecchiabilità, da quella ‘Friday I’m in love’ che in passato aveva fatto conoscere i Cure ad un pubblico a loro non abituale, così come ‘Return’ è un vivace pezzo quasi funky con fiati ed un ritmo coinvolgente.
Grazie al cielo però, il buon Robert non dimentica nemmeno questa volta di farci omaggio di alcuni brani che scaturiscono dalla parte più intima della sua complicata anima, melodie romantiche e sognanti che ci proiettano in atmosfere e stati d’animo che, temo, ben pochi altri artisti sono oggi in grado di ricreare; così ecco a voi
‘Treasure’, che avrebbe potuto trovare spazio in ‘Disintegration’ tanto ha in comune con la delicata melanconia di quell’album, lo stesso discorso può essere fatto per ‘This is a lie’, che pure si colloca ad un livello leggermente inferiore.
Per concludere, una citazione a parte merita ‘Jupiter Crash’, che in un contorno musicale rarefatto e struggente ci cala in un’ atmosfera notturna e stellata con risultati estremamente affascinanti
(“meanwhile millions of miles away in space/ the icoming comet brushes
Jupiter’s face/ an disapperars away with barely a trace”)
Forse quindi quel burlone di Smith si è solo preso gioco di noi, facendoci credere di essere passato a cantare il lato solare della vita, quando in realtà il suo vero io resta sempre quello che, nel video di ‘Lullaby’, veniva divorato senza pietà dallo Spiderman; bè, peccato!, ma dopotutto è per questo che continuiamo ad acquistare i dischi dei Cure, non è vero?

Cesare Mortera

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