In questi ultimi giorni Marte, il pianeta rosso (e per questo chiamato dagli antichi col nome del dio della guerra) è tornato prepotentemente alla ribalta, grazie al piccolo miracolo degli scienziati e dei tecnici del JPL di Pasadena, USA. Dopo ben ventun anni da che le prime sonde Viking si posarono sul suolo marziano (nel lontano 1976) un nuovo concentrato di tecnologia si è staccato dalla Terra e, dopo sette mesi di viaggio nel buio dello spazio profondo è atterrato su
Marte, iniziando il suo programma di esplorazione. La distanza è tale che i segnali radio coi quali siamo in grado di comunicare col
Pathfinder (questo il nome della sonda) pur viaggiando alla velocità della luce, impiegano circa dieci minuti per colmare l’abisso di vuoto che ci separa da lui.
Per chi non avesse acceso la TV o letto i giornali nelle ultime settimane, la sonda Pathfinder, una sorta di tronco di cono grande circa quanto una lavastoviglie, è atterrata il 4 luglio su Marte, esattamente nell’area prevista (considerate le distanze in gioco, la precisione dell’atterraggio è stata davvero straordinaria). all’inizio della discesa un paracadute ha ridotto la velocità a circa 100 Km/h e poi tutto intorno alla sonda si sono gonfiati una sorta di airbag protettivi, formando un guscio morbido che ha assorbito l’impatto col suolo dopo una serie di rimbalzi (questa idea è stata presa a prestito da un progetto militare del Pentagono). Sgonfiati gli airbag, il
Pathfinder si apre a corolla come un fiore, dispiegando i pannelli solari che gli danno energia e liberando il piccolo robot che porta al suo interno, battezzato Sojourner (lo vedete sullo sfondo). Si tratta di un piccolo veicolo semovente su ruote, munito di sensori e telecamere e appositamente studiato per raccogliere dati su un’area di circa duecento metri nell’arco di una settimana di autonomia. Dopo la gioia del riuscito atterraggio ci sono stati momenti di tensione quando un airbag non completamente sgonfiato e un problema nelle comunicazioni tra sonda e robot poi sembravano dover pregiudicare il successo della missione. Ma i tecnici del JPL hanno fatto anche l’impossibile ed ora il piccolo Sojourner scorrazza sul suolo marziano, anche mentre voi state leggendo queste parole…
Le prime immagini inviate dal robot sono eccezionali, e hanno confermato quello che gli scenziati sospettavano da tempo, e cioè che su Marte in epoche remotissime scorreva una grande quantità d’acqua. E dove c’è acqua è possibile che ci sia la vita…
L’euforia è grande, e il sucesso di questa missione sarà la molla per molte altre che la seguiranno, prima tra tutte la messa in orbita attorno a Marte di un satellite (Mars Global Survejor) che ne cartograferà completamente la superficie. E così il programma spaziale, dopo gli anni di abbandono e disinteresse che seguirono alla tragedia del Challenger, riprende vigore e slancio. Molti si chiedono se sia giusto spendere tanti soldi in questa avventura, ma quanti miliardi di dollari sono stati spesi dai paesi di tutto il mondo per la costruzione di caccia, portaerei, carri armati, sommergibili nucleari, missili balistici intercontinentali, ecc, ecc.? Pensate che un solo cacciabombardiere di ultima generazione costa come l’intera missione Pathfinder!
L’obiettivo, ancora lontano ma non poi tanto (si parla di una ventina d’anni) è quello di sbarcare su Marte non un semplice robot, ma degli esseri umani. E se ci spostiamo un po’ più avanti con l’immaginazione, perchè non immaginare una colonia permanente… Parafrasando il titolo di un recente e divertente film di fantascienza, potremmo dire…
Earth Attacks!
Marte!
Massimo Borri