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La tregua

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La tregua

Dopo il clamore sollevato prima dell’uscita di questo film devo dire che mi aspettavo un po’ di più. Il romanzo di Primo Levi ne esce a tratti “macchiettato” dai personaggi del film che, tranne il solito grande John Turturro, non arrivano a quell’intensità di recitazione che un soggetto del genere richiederebbe. Claudio Bisio, Roberto
Citran, Andy Luotto, Massimo Ghini e Stefano Dionisi sono i caratteristi regionali che danno troppo colore ad una vicenda che di colore ne ha ben poca. La storia è ormai nota anche a chi non ha letto il romanzo originale. In “La tregua”, di Franco Rosi, si parla del lungo ritorno a casa di un gruppo di italiani scampati alle docce di
Aushwitz, “liberati” dai soldati dell’Armata rossa. Il treno non arriva, il viaggio è frammentato e gli stenti non sono finiti con la caduta di Hitler, annunciata proprio durante il film. Mi aspettavo forse un clima più emotivo e più struggente, alla “Schindler list” per intenderci, ma qui il pathos non decolla e le scene, pur ottimamente ricostruite e ricche di comparse, non coinvolgono quanto potrebbero.
Dopo un’ora si finisce per dimenticare che sono dei deportati e si pensa al romano “ridaccione”, al napoletano che si arrangia, al milanese che si sente superiore o al melanconico veneziano. Qualcuno ha definito tutto ciò un pregio ma il mio parere personale è che, pur conservando quello spirito all’italiana, “La tregua” ha perso una buona occasione per sfruttare le parole di un romanzo molto dolente e riflessivo.
Ritornando su Turturro non mi stancherò mai di dire che secondo me è un grandissimo attore che (fortunatamente!) continua a rimanere fuori dai filmoni commerciali senza contenuti. Pensate che spreco una faccia ed una recitazione del genere in un paccone come “Daylight”! In “La tregua” sembra sentire molto il personaggio non solo perché è dovuto dimagrire parecchio per interpretarlo, ma perché ha sempre lo sguardo giusto e il gesto misurato. Il giudizio complessivo è comunque positivo: “La tregua” è un’altra pietra per la riqualificazione del cinema italiano che, a dispetto dei soliti noti, sembra essere in netta crescita dopo i livelli infimi degli anni ’80.

Michele Benatti

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