Colgo l’occasione per onorare con una sola recensione due dei più grandi lavoratori del cinema italiano: Fellini e Mastroianni. La loro collaborazione va ben oltre il solo “8 e mezzo” del quale vi parlerò tra poco, ma è proprio in questo film che entrambi fanno qualcosa di nuovo, il regista mette in scena le sue ansie e i propri timori e
Mastroianni le interpreta magistralmente, alternando divismo e irrequietezza.
“8 e mezzo” è l’indice cronologico dei film di Fellini che prima di questo aveva appunto girato sette lungometraggi ed un episodio di un film collettivo. Dopo “La dolce vita” Fellini si sente, giustamente, svuotato come se si rendesse conto solo in quel momento che la sua ispirazione e la sua carriera fossero esaurite dopo un capolavoro del genere. Cosa realizzare dopo un film del genere?
In “8 e mezzo” c’è tutto il mondo del cinema. Il critico, pungente e parolaio, che assilla Mastroianni (l’alter-ego di Federico Fellini), la diva francese che sorride anche di fronte ad una parte che non c’è, il produttore padre e comprensivo che però finisce tutti i suoi discorsi con la parola “soldi”, l’amante sciantosa, ottimamente interpretata da Sandra Milo, e la moglie moderna. Tutto ciò ruota attorno ad un nuovo film che Guido, questo è il nome del personaggio interpretato da Mastroianni, deve assolutamente partorire entro pochi giorni. Tutto sembra pronto per cominciare. Poco lontano dal centro dell’attività, un luogo termale sospeso tra liberty e fantascienza,
Guido ha fatto costruire un’immensa scenografia che raffigura un’astronave, senza sapere il perché; Guido ha inoltre fatto decine e decine di provini, Guido ha convocato l’intera corte per una presentazione che lui stesso sa che non potrà esserci.
E il film? “8 e mezzo” si muove senza confondersi tra sogno, l’infanzia, e la realtà ed è proprio questo soggetto che sembra ronzare in testa a Guido. In mezzo a tutto ciò c’è anche l’uomo Guido, incostante, infedele, appassionato, intelligente, imbarazzato. E’ assolutamente memorabile la scena in cui Guido pensa alle sue donne o le donne tutte insieme pensano a lui. Fellini se le immagina ammucchiate in un harem che altro non è che la sua casa d’infanzia, divise tra piano superiore ed inferiore a seconda del grado di utilità. Le non più giovani o le eccessivamente sfruttate al piano di sopra, le ragazze in fiore, le dame affascinanti e la moglie, qui sguattera docile, al piano di sotto. Sarà proprio una soubrette già eccessivamente usata da Guido a dare inizio alla rivolta che, metaforicamente sveglierà Guido dal suo arrocco. Quando arriva il giorno della presentazione del film Guido si agita, è incapace di fronteggiare quello che sapeva sarebbe accaduto fin da subito. Cerca in tutti i modi di sottrarsi alle domande dei giornalisti, alle insidie dei critici, alle iperboli dei produttori e, soprattutto, agli sguardi delle sue donne. Si nasconde sotto il tavolo e… e poi quando le luci dell’astronave sono spente e gli operai cominciano a smontare la scenografia del film che non si farà, la folgorazione. Una delle scene più famose dell’intera produzione Felliniana ci annuncia che
Guido ha capito, che il film è lui stesso e le sue incertezze, che il materiale su cui lavorare non è sulla luna ma attorno a lui. “8 e mezzo” è semplicemente meraviglioso, si pensi all’anno di realizzazione, il 1963, e si pensi ai contenuti forti di questo film.
Adulterio, sfruttamento, ribellione e trasgressione furono i motivi per cui il pubblico del festival di Mosca si agitò, ma non poté fare a meno di premiare un film del genere, così come fece nello stesso anno la Academy Award, conferendogli il premio Oscar per il miglior film straniero.
Un genio mette in discussione se stesso
Michele Benatti