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Non aprite quella porta!

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Non aprite quella porta!

La regia di Rodriguez, lo sconosciuto che ha fatto fortuna con “El
Mariachi” e con “Desperado”, e la sceneggiatura di Tarantino, oltre alla sua partecipazione come attore, fanno presagire ad un altro film dove humour e violenza gratuita si fondono insieme in modo moderatamente piacevole. Ma se l’impatto che ebbe “Pulp Fiction” ed il fascino dell’artigianale di “El Mariachi” sono unici, ciò significa che ogni nuovo capitolo ha sempre meno contenuti. E’ proprio così.
“Dal tramonto all’alba” ha il promo giusto, un videoclip mooolto intrigante per musica e immagini, le facce giuste e l’attesa giusta per sbancare il botteghino, ma sappiate che lo sbancherà perché solo chi lo ha visto è al corrente che al termine del primo tempo…
La sorpresa non ve la svelo, anche perché qualche vostro amico ha già fatto la spia, non come me che invece voglio godermi un mezzo gaudio mandando qualche amico a vedere il male comune! Il primo tempo è la tarantinata più classica. E’ incredibile come un autore così giovane abbia già dei discepoli. Due pericolosi rapinatori devono superare il confine per recarsi in Messico e ritirare parecchi soldi, frutto naturalmente di chissà quale crimine. Sono due fratelli, interpretati dal buon Quentin e dal bello di “E.R. – medici in prima linea”.
Durante la loro fuga uccidono e il maniaco Quentin fa anche qualcosa di più quando vede una donna. Sparatorie a go-go, esplosioni gratuite ed un bel po’ di sangue sono ammorbidite da battute memorabili come
“…non ti avevo detto di non farci notare?” pronunciato mentre, alle loro spalle, un bar esplode completamente e altre sparate di questo genere. Intendiamoci: dopo il mitico “Pulp fiction” la minestra pare un po’ riscaldata ma sempre godibile. Nel proseguimento della fuga entrano in Harvey Keitel, nella parte di un mite pastore in lite con la propria fede, ed i figli, fra i quali una Juliette Lewis che si trattiene per almeno venti minuti. Tutti insieme, anche se gli ultimi tre da ostaggi, raggiungono il “Titty Twister” un apocalittico bar per camionisti e motociclisti dove entreranno trionfalmente dopo avere steso il buttafuori. La porta si apre e si vedono ragazze mezze nude in mezzo ad una folla in giubbino di pelle ubriaca di tequila. E poi?
E poi il film cambia radicalmente, basti pensare che il commento più frequente all’uscita era “…se fosse stato tutto come il primo tempo!”. Tarantino dovrebbe concedersi una pausa: dopo “Pulp fiction” e la sceneggiatura di “Assassini nati” e facile accusare qualche battuta d’arresto. Già il suo episodio in “Four rooms” era piuttosto banale ma ora con la nuova moda del cinema “gore”, che significa una miscela di schifo e risate, rischia veramente di precipitare.
Rodriguez soffre sicuramente di un complesso d’inferiorità nei confronti del suo “tutor” e se la sua storia usata due volte per i precedenti film lo caratterizzavano, qui si perde del tutto. Una delusione annunciata.

Michele Benatti

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