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Ma l’Irlanda è proprio cosi’?

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Ma l’Irlanda è proprio cosi?

Il nuovo film di Stephen Frears, che alterna pellicole filo-Loach a megaproduzioni hollywoodiane come il pur intrigante “Le relazioni pericolose”, è sicuramente molto divertente e fa anche riflettere. La storia. Due disoccupati irlandesi, bevitori di birra e orgogliosi della propria condizione e della propria famiglia al punto di togliersi il pane di bocca per accontentare i desideri della figlia o le esigenze della moglie, decidono di aprire un chiosco di merluzzo e patatine da far sostare principalmente davanti ai pub che trasmettono le partite di Italia ’90 dove decine e decine di tifosi trovano
Guinnes a volontà ma niente con cui riempirsi lo stomaco. L’idea nasce dalla disperazione e da una sottile xenofobia razzista nei confronti di un esercizio simile gestito da vietnamiti che pare guadagnare bene.
Naturalmente i due sono amicissimi e condividono desideri e speranze, ma quando ci sono di mezzo i soldi l’amicizia è spesso un ostacolo.
Dopo qualche settimana il rapporto fra i due non è più retto da quello spirito pionieristico dei primi giorni, quando risistemarono un furgone ridotto a rottame fra gli sghignazzi dei vicini di casa. A tutto questo aggiungiamo un figlio vegetariano, una figlia adolescente, la sconfitta dell’Irlanda per opera del nostro Totò (una maglietta recita impietosa “Fuck Schillaci”), qualche bevuta di troppo e l’ispettore sanitario: il finale dovete vederlo da soli.
La prima parte del film è ricca di battute e situazioni divertenti, seppure seguano uno schema preconfezionato per questo genere di circostanze; la seconda parte divaga un po’, si trascina ma poi termina ottimamente. Quello a cui allude il titolo è se sia ancora il caso di girare film sui proletari irlandesi ed inglesi, due realtà che sono cambiate parecchio da dieci anni a questa parte. In Gran Bretagna soprattutto, il tasso di disoccupazione è in calo costante ed in
Irlanda, grazie ad un’oculata politica volta a favorire gli investimenti a capitale estero, gli abitanti non sono diventati ricchi ma il tenore di vita e aumentato più che sensibilmente. Forse ora tocca a noi fare qualche film di “basso livello”…

Michele Benatti

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