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La Squadra (Parte Seconda)

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La Squadra (Parte Seconda)

-Le mie donne vi hanno abbandonato?-
Chiese con il sorriso disarmante per cui era famoso.
-Pare proprio così Richie.-
Disse Frank alzandosi per dargli una pacca sulla spalla.
-Susan, sei bellissima.-
Le baciò la mano.
-Vi va un drink?- domandò guardando Frank
-Sarebbe già il sesto, meglio di no. Non conosciamo bene le reazioni dell’ultima arrivata.-
-Sei davvero saggio Frankie. La prudenza non è mai troppa.-
-Vabbè ho capito, fallo anche per me.-
Si arrese evitando di incontrare lo sguardo della moglie.
-A che ora arriva la squadra?-
-Alle due, forse ci sarà Lopez.-
Rispose osservando i volumi della libreria.
-Cazzo. Le due? Ma cosa pretendono? Che ci facciamo in macchina tornando dall’ufficio?-
Buttò giù il drink tutto d’un fiato.
-Barbara vedi di darti una mossa, la squadra sarà qui alle due.
Cristo.-
Le gridò
-Venite, andiamo di là con loro.-
Disse poi ai due.
La cucina era la stanza più confortevole della casa.
Grande e luminosa con un bellissimo tavolo tondo al centro. Si erano fatti mandare i mobili da un artigiano che lavorava nel paese dove abitavano i genitori di Barbara. Si sedettero, mentre Patricia finiva di apparecchiare e Barbara cavava l’arrosto dal forno.
Richard scese in cantina a prendere del vino rosso italiano.
Quando cominciarono a cenare erano già le nove.
-Non ho fatto molto. Spero che vi piaccia il mio arrosto.-
Disse Barbara mentre tutti iniziavano a tagliare le fette di lombo di maiale che avevano nel piatto.
-Se Frank mi avesse avvertito avrei fatto l’insalata di patate danese che piace tanto a Richard, ma mi ha voluto fare una sorpresa.-
-Frankie, non mi hai detto qual’è il reagente questa volta.-
Disse Richard.
-Il latte, la Perla Nera reagisce con il latte.-
-Cazzo. Con il latte, quelli del laboratorio stanno facendo passi da gigante.-
-Già, stanno cercando di arrivare ad una sostanza che divenga droga se mischiata con l’acqua.- Continuò
Erano questi gli studi che la D. R. I. faceva da più di vent’anni.
All’inizio era una semplice casa farmaceutica, poi, dopo la fusione con un’industria chimica, ogni dollaro che veniva investito in ricerca era destinato agli studi su nuove droghe.
Ed il nome DRUGS. RESEARCH. INDUSTRIES. ora calzava proprio a pennello.
La Perla Nera faceva parte delle droghe dell’ultima generazione, sostanze innocue che divenivano potenti stupefacenti solo se mischiate con altre sostanze innocue.
La via per la legalizzazione assoluta.
Gli allucinogeni targati D. R. I. avevano invaso il mercato in un paio d’anni. E la Perla Nera, nei piani dei soci azionisti, avrebbe sbaragliato la concorrenza Sud Americana e dell’est asiatico.
Richard e Frank non erano altro, in fondo, che costosissime cavie umane.
In capo a mezz’ora finirono di mangiare anche la cheese cake preparata da Patricia.
-Richard, posso telefonare a Jeff, piacerebbe anche a lui assaggiare la vostra roba.- Chiese la ragazza.
Jeff era il ragazzo con cui usciva da quattro mesi, anche lui sballava di tanto in tanto, ma di certo non aveva mai provato quella melassa degli dei.
-No tesoro, lo sai che gli altri genitori non sono libertini come noi.
Non voglio finire nei guai per un ragazzo che non conosco neanche.-
-Non capisco, non è legale questa roba?-
Si stava innervosendo, si capiva dal mento che le tremava leggermente.
-Sì la roba è legale, in un certo senso, ma che ne so come si droga il tuo amico? La Perla Nera è pesante, se ci collassa in casa i suoi di sicuro non saranno contenti.-
-La settimana scorsa ci siamo fatti la piastra d’argento che era rimasta. Era più lucido di me. –
Patricia chiamava piastra d’argento un acido minerale che la D. R. I. aveva provato su di loro l’anno prima.
Roba forte, solida, in foglietti fatti di una sostanza leggermante argentata.
-Su Richard, lascia che venga, voglio conoscere il ragazzo di Pat.-
Intervenne Susan.
-Va bene, va bene, ma voi due ne prendete una dose a metà, intesi?-
-Sì, va bene.-
Corse a telefonargli.
-E digli di essere qui entro cinque minuti, se no non lo aspettiamo-
Le urlò la madre.
Frank prese la ventiquattrore, la appoggiò sul tavolo e la apri in maniera studiatamente lenta. Con trasporto religioso.
Prese la fiala e la mostrò muovendola. Il contenuto biancastro si mosse vischiosamente da una parte all’altra del contenitore di vetro.

Le due donne e Richard applaudirono. Patricia li raggiunse in quel momento e si unì.
-Questa roba va scaldata. Hai un accendino.-
Chiese Frank all’amico.
-Certo.-
Gli porse un elegante accendisigari rivestito di radica.
-Perchè la scaldi?- Chiese Pat incuriosita.
-Potremmo scaldare il latte, ma questa è la maniera più veloce. In questo modo diventa più fluida. In questa fiala c’è una dose pesante per quattro persone, noi la divideremo per cinque e tu Pat dividerai la tua con Jeff. Un’altra cosa, appena arriva la squadra tu e il tuo ragazzo sparite. Quelli non vogliono che dividiamo niente con nessuno, vogliono che raggiungiamo il limite da soli.-
-D’accordo.- Rispose seria la ragazza preparando i cinque bicchieri sul tavolo.
Frank vi versò la Perla Nera, ora molto più liquida, in parti uguali.
-Pat, prendi il latte.- Ordinò
Gli altri tre seguivano l’uomo e la ragazza come se stessero compiendo un antico cerimoniale.
Quando versarono il latte nei bicchieri la reazione fra i due liquidi fu bizzarra, come se si trattasse di una pozione magica in un programma televisivo per bambini.
Il latte cominciò a friggere leggermente e divenne nero, mentre un fumo giallognolo dall’odore solfurico usciva dai calici.
-Signori, la Perla Nera.- Disse con solennità Frank Levi.
-Aspetto Jeff per prenderla.- disse Pat.
-Non vorrai lasciare da soli quattro poveri vecchi durante il viaggio?-
Fece suo padre con aria di rimprovero.
-Jeff potrà prendere la sua parte quando arriverà.-
-O.K., O.K., non vi abbandonerò.-
Brindarono e portarono i bicchieri alla bocca tutti insieme.
Erano le 9.38 di sera.
Si spostarono in salotto ad aspettare l’effetto. Richard mise un disco con della musica indiana che aveva già sperimentato come ipnotica a sufficenza, Barbara attaccò il lettore di dischetti che proiettava fotografie e dipinti sulla parete sgombra in fondo alla stanza.
Abbassarono le luci e fissarono, in silenzio, le proiezioni.
Il primo a cui salì fu Frank.
Sulla parete c’era un ruscello ed un unico albero curvo verso l’acqua, tutt’attorno girasoli.
Sentì l’acqua scorrergli fra le dita dei piedi. Si accorse di avere gli occhi praticamente chiusi e all’improvviso la somiglianza divenne metamorfosi. Il gufo spostò un girasole con un’ala che gli rimase tinta di giallo. Spostava i girasoli e quelli tornavano esattamente dov’erano come se fossero attaccati al terreno con una molla. Per gli altri era un vecchio gufo, lo guardavano dentro il ruscello spostare i fiori nervosamente. Pat notò le piume polverose e piene di insetti.
Le faceva frusciare sui fiori, con un suono orribile.
Si voltò verso di loro a guardarli con quegli occhi tondi e stupidi.
Le piume sotto il sole avevano ora un riflesso violetto.
Pat si avvicinò al ruscello e vide le grosse e rugose zampe dell’uccello dentro l’acqua.
I pesci fluorescenti si erano radunati per mangiare i parassiti che si annidavano fra le dita e sopra le zampe.
Saltò anch’essa in acqua e sentì che era più calda di quanto si aspettasse. Il gufo continuava a spostre i girasoli come impazzito.
Finalmette uno cedette di schianto, come se fosse improvvisamente divenatato di vetro.
Dal gambo partirono due schegge che ruppero altri girasoli e questi a loro volta ne ruppero altri.
Ora vicino all’albero c’era una piccola radura.
Richard camminava in direzione di sua figlia che era seduta nel ruscello con l’acqua sino alla vita.
Nella radura comparve Charles, il figlio morto di Susan e del gufo.
Era normale e tranquillo anche se Pat vide chiaramente che gli occhi erano senza iride e al posto della lingua quando cominciò a parlare sembrava aver un grosso insetto.
-Mi avete ucciso voi al pic-nic. Forse vi eravate sbagliati dose, un po’ troppo forte per un bambino di nove anni.-
Il gufo si avvicinò e con il becco ad unco gli strappò il grosso insetto dalla bocca, una cavalletta nera con un sangue verde e denso.
Susan si avvicinò per assaggiare l’insetto eccitata, mentre Charlie cadeva per terra e diventava blu come quando lo avevano trovato.
Nessuno degnò il cadavere di uno sguardo.
La famiglia Ferriani nuotava nel ruscello, Pat si era spogliata e mostrava orgogliosa il fisico acerbo e ben fatto. Il gufo si eccitò.
Il lettore ronzò e sul muro apparve una grossa distesa di sabbia. Il dio Ra voleva Susan e lei lo capì.
-Aiutami a scavare.- disse a Barbara
Pat cominciò a ballare istericamente mentre il gufo la accarezzava con le piume e con le ali.
Richard indossò il saio bianco, bordato d’oro e seguì i due scarabei giganti dentro il tempio di avorio.
Susan lo seguiva con Barbara, scavando un solco a forma d’arco.
Passarono per lo zouk animato solo da scimmie.
L’odore del muschio delle rovine lontane arrivava con il vento caldo insieme a quello delle spezie.
Il seno di Pat era eccitato dal tocco putrido e polveroso del gufo.
Il tempio era molto più grande che nelle foto del depliant.
Richard sollevò il cappucciò del saio e aspettò un comando da Ra. Le due donne camminavano per mano con gli occhi chiusi e due lunghe vesti turchesi trasparenti.
-Ra, dio del sole.- sussurrò Richard
La sua voce entrò nello stretto labirinto sotterraneo e giunse al centro della terra. Il palazzo vibrò mentre il gufo baciava Pat sulla sabbia e fra le cosce.
Un suono fortissimo e sibilante partì dal pozzo del cortile centrale.
Un suono acuto ed intermittente.
Il gufo smise di montare la ragazza ansimante e camminò verso la grotta. Il pene spuntava fra le piume, lucido e rosso, riflettendo il sole alto.
Appena fu nella grotta tirò la grande maniglia arrugginita che spuntava dalla pietra, si trovò faccia a faccia con un toro bianco.
La ragazza nuda si voltò di scatto a guardare il giovane animale. Il toro le si avvicinò calpestando il cadavere, le arrivò molto vicino.
Il gufo urlò. Cercava nella grotta qualcosa per difenderla. Trovò solo un grosso sasso a punta. Glielo piantò fra la spalla ed il collo e quello crollò sull’arazzo con un lungo basso gemito.
Lui e Pat ne bevvero il sangue proprio nel momento in cui Susan sull’altare più grande e decorato stava per venire sacrificata con una lunga spada d’argento. Il lettore vibrò e sul muro ci furono le rovine di un enorme piramide Inca coperta da un’edera fittissima.
Un pappagallo volò da un albero e si posò sulla spalla di Richard. Da un buco nella roccia uscirono due lunghi serpenti neri intrecciati fra di loro. Raggiunsero Pat strisciando, poi si divisero e pian piano penetrarono nelle orecchie della ragazza che urlò.
Il gufo guardava Susan addormentata vicino ad un tronco resinoso.
Quella era resina odorosa e preziosa, iniziò a spalmargliela sui piedi. La donna portava ancora il vestito turchese ed il suo petto seguiva una respirazione lenta e regolare. Il cadavere del toro giaceva appena dietro un grosso masso.
Pat sanguinava dalle orecchie ed ora si lamentava solo lievemente.
Barbara vide la terra ed il muschio trasudare pus e Charlie riprendere vita e sgranchirsi le mani. C’era un odore orribile.
Il ragazzino aveva il naso scarnificato ed un globo oculare gli arrivava fino ad una spalla. Le parlò senza emettere suoni, ma così lentamente che riuscì a leggergli le labbra.
-Ora è sorda. Un morto e una sorda.-
Susan si svegliò e, avvicinandosi, lasciò sulla sabbia tracce della resina. Vide una tigre dietro l’albero, raccolse l’arco da terra e dopo aver mirato a lungo scagliò la freccia. La colpì alla gola. Lei e il gufo la trascinarono vicino al toro.
Sotto la testa di Pat la terra si era mischiata con il sangue ed ora germogliavano delle piante piccole e coloratissime. La ragazza le pestò nel mortaio e ne bevve il succo. Si alzò e cominciò a salire la piramide. Richard con un bastone tracciava simboli sconosciuti nella radura sabbiosa. Barbara cominciò a scavare in un punto roccioso rompendosi buona parte delle unghie. Il gufo, per un qualche motivo, era furibondo. Pat saliva senza provare fatica, con la giugulare calda di eccitazione e di attesa. Si voltò per guardare giù e non vide altro che una fitta nebbia. Sentiva il gufo fare un verso di odio e frullare istericamente le ali. Il sapore di quelle piante era così dolce…
Saliva lenta, ogni scalino sembrava darle piaceri ultraterreni, le mani degli angeli e dei diavoli, il canto del Ribelle e chissà cos’altro. Il tempo era fermo, questo lo capiva, eccome. Vide la luce diventare sempre più forte man mano che si avvicinava alla cima. Il gufo alle sue spalle urlò.
Lopez sfondò la porta alle 2.02 con un degli enormi anfibi. La squadra alle sue spalle entrò velocemente, tutti gli agenti avevano una pistola caricata ad adrenalina ed una a proiettili.
-Porca troia!- esclamò vedendò l’enorme chiazza di sangue sul tappeto dell’ingresso.
Indicò ai suoi uomini la porta del salotto, dove portavano le impronte di sangue.
Nessun rumore veniva dalla stanza. Niente, solo il ronzio della ventola refrigerante del proiettore.
La prima cosa che videro entrando furono i due cadaveri, quello di
Risky e quello di Jeff, distesi l’uno a fianco all’altro vicino al divano. Il coltello era ancora piantato nella testa del povero gatto.
Nel punto di entrata della lama erano visibilissimi dei pezzetti di cheese cake. Il ragazzo era disteso di faccia con le gambe piegate e sovrapposte, quasi stesse facendo una riverenza da sdraiato. Patricia era appoggiata al muro illuminata dai colori della proiezione, nuda, con del vomito raggrumato agli angoli della bocca e sui piedi. I quattro adulti fissavano la piramide inca senza accorgersi apparentemente della ragazza. Lopez fece segno ai ragazzi di seguirlo in cucina.
-Fra due minuti andate di là e li svegliate con l’adrenalina.-
Accese la radio.
-Qui c’è un vero casino capo. Un cadavere almeno e anche una ragazza che è lì lì per raggiungerlo. Me ne occupo io.-
Chiamò l’ambulanza della D. R. I.
Intanto la squadra aveva cominciato a sparare i proiettili che avrebbero fatto svanire l’effetto della perla nera. Come al solito tornarono alla ragione in un unico enorme formicolio, mentale e fisico.
Il medico ed un infermiere portarono via Patricia mentre i quattro non erano ancora del tutto coscienti.
Sapevano che non ci sarebbe stato molto da fare.
Quando Frank si riprese per prima cosa si versò un whiskey ed andò verso Lopez sorridendo.
-Un viaggio niente male, vecchio mio. Davvero niente male.-
-La figlia di Ferriani è in coma, testa di cazzo.- Sussurrò
-Oh, avrà preso troppa roba, forse anche la parte del suo ragazzo. Può darsi che l’abbia ucciso per questo.- Disse indicando il cadavere che due ragazzi stavano infilando in un sacco.
-Ascolta, questo è il mio lavoro e cerco di farlo bene, però voi altri tossici di merda mi avete stufato. Lo sai quali sono le regole. Niente minorenni.-
-Calmati, calmati, qui eravamo tutti maggiorenni.- Gli disse strizzando l’occhio mentre Susan che si era appena ripresa lo abbracciava.
I due Ferriani si avvicinarono. Barbara con un largo sorriso e
Richard sbadigliando.
-Cristo. C’è un bel po’ di sangue qui dentro.- Disse l’uomo guardando per terra -Chi ci è rimasto secco?-
-Un ragazzo di nome Jeff Gordenet ed un gatto.- rispose Lopez.
-Bisognerà chiamare l’impresa di pulizia.-
-E Patricia dov’è ?- Domandò la madre
-All’ospedale.-
-Se n’è fatta troppa come al solito.- rise Frank
Poi risero tutti.
-Io ne ho abbastanza del vostro schifo. E’ l’ultima volta che vengo da voi.-
Frank si avvicinò, gli appoggiò la mano sulla spalla. Nello stesso istante Patricia arrivò al reparto rianimazione della D. R. I. Già morta.
-E dai Lopez, quanto la fai lunga. Ci vediamo solo due volte l’anno.-

-Frank, ti va un altro drink.- Gli chiese Richard
-Perchè no, il pericolo è passato.-

Francesco Venturi

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