Questa ballata piena di umorismo e malinconia sembra essere più che altro una dichiarazione poetica ed esistenziale fatta da Sam Peckinpah al mondo. Il protagonista, Cable Hogue, è un individuo che si allontana dalla civiltà e sceglie il deserto come luogo ideale per la sua esistenza. Grazie a una sorgente d’acqua trovata nella sabbia (un miracolo?), Cable può permettersi una vita ai margini della società. Per Peckinpah è l’individuo la base di tutto, l’uomo che rischia e lotta per la propria libertà e la propria autonomia.
Quando Cable va in paese per comprarsi (legalmente) la terra dove ha trovato l’acqua, lo vediamo poi andare a chiedere ad una banca un prestito per poter iniziare la sua attività (vuole infatti costruire una stazione di ristoro per le diligenze). L’unica cosa che possiede è quel pezzo di carta che certifica il suo acquisto di un ettaro di terra per due dollari e mezzo. Quando il banchiere gli chiede delle garanzie, che naturalmente Cable non possiede, il nostro (anit)eroe se ne esce con una frase stupenda – E io? Non valgo niente?
Questa semplice domanda contiene al suo interno tutto il disprezzo di Sam per una società (quella capitalistica) che ha dimenticato che il valore di un uomo non dovrebbe mai risiedere in quello che un uomo possiede ma in quello che esso è.
Cable Hogue (che riesce infine a farsi prestare i soldi) costruisce così la sua stazione di rifornimento, chiama la terra comprata Cable Spring e nell’attesa di una vendetta scopre il suo amore nei confronti di una prostituta, Hildy.
Cable è uno di quegli uomini solitari, emarginati, schivi ma allo stesso tempo pieni di una vitalità così lontana da tutti i nostri obblighi morali e sociali che viene la voglia di imitarlo, di lasciare tutto e partire per il deserto, alla ricerca dell’avventura e delle stelle, di uno spazio immenso e sconfinato nel quale ritrovare se stessi.
Peckinpah ci mostra tutto quello che gli è più caro, l’amicizia maschile suggellatta come sempre da svariate bottiglie scolate, il sesso come momento di vero contatto tra uomini e donne e la ricerca della propria indipendenza come motore di tutta una vita.
Il regista poi costruisce il suo film (allontanadosi dalla violenza) usando toni molto ironici, dissacranti sono tutti i momenti in cui c’è una donna da conquistare o da portarsi al letto. Come per esempio nelle avances del predicatore mentre cerca di consolare una donna o nel primo incontro tra Cable e Hildy, dove attraverso un montaggio molto serrato capiamo quanto Cable apprezzi le grazie della ragazza. Aumentando poi la velocità delle immagini, in alcune sequenze ritorniamo ad una comicità propria agli albori del cinema, quella della slapstick comedy.
Molto romantica (ma in un modo non sdolcinato) è poi la storia d’amore che nasce tra Cable e Hildy. I due si innamorano senza mai mentirsi e senza mai essere diversi da quello che realmente sono. E’ interessante vedere come in Peckinpah l’ideale di una donna autonoma ed emancipata coincida con la figura della puttana, ovvero una donna che sceglie l’indipendenza decidendo di vendere il proprio corpo e il proprio amore. Ma qui la dimensione del prostituirsi appare sempre giocosa e libera, senza nessuna costrizione. Una dimensione dove le donne non si chiudono all’interno di bigotte morali ma dimostrano anche loro una vitalità e una voglia di autonomia che sono tutte da ammirare.
Dice lo stesso Sam al riguardo – Io sono stato con tutte le puttane (americane, cinesi, inglesi, messicane, di tutte le nazionalità) e con un dieci per cento di esse ho intrecciato una specie di calda relazione personale: ho vissuto con qualche buona puttana. O mi hanno portato a casa loro o ero io a portarle a casa con me, siamo stati esseri umani insieme e non ho mai pensato a queste donne come oggetti da usare. Mi piace una donna onesta, una donna che sia onesta con se stessa e con le persone a cui tiene. Non di rado, in un modo o nell’altro una donna di questo tipo diventa una prostituta.
Continuando nella visione del film rimaniamo affascinati dalle dune del deserto come luogo aperto all’avventura, da quella vita vissuta nella totalità della sua essenza. Ci affascina quella libertà anarchica di voler fare a tutti i costi di testa propria, costruendo il mondo attorno alla propria persona e non lasciandosi incastrare in gabbie di alcun tipo (memorabile è la maniera che Cable ha di sparecchiare la tavola e lavare i piatti).
Questa ballata ci ricorda che la vita può essere qualcosa di molto più personale ed emozionate di quanto ci possiamo aspettare dal mondo che ormai abbiamo intorno. Peckinpah rispolvera l’immaginario del western per raccontarci il suo approccio all’esistenza, per rendere omaggio a quelle cose per cui vale decisamente la pena di vivere. Le donne per esempio o il bere. Cose come l’amicizia e la libertà.
Insomma tutto quello che oggi ci stanno facendo dimenticare, rinchiudendoci dentro uffici a timbrare cartellini e dandoci del tempo libero da riempire con la merda della televisione e di una vita plastificata. Una vita sempre più uguale a quella di uno che sia rimasto intrappolato all’interno di un enorme supermercato.
E tu Sam cosa ne pensi di tutto questo?
Il sogno americano è un qualcosa avvolto nella plastica, un bell’imballaggio con l’etichetta appiccicata sopra.
Lo sapevo Sam, è arrivato il momento di strapparla questa plastica, per vedere quello che c’è sotto.
Sempre ammesso che qualcosa sia ancora rimasto.