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Guyver

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GUYVER

E questo mese parliamo di fantascienza!
Il manga che ho scelto di commentare in questo articolo ha conosciuto e sta conoscendo un meritato successo sia in Giappone sia nei paesi di lingua inglese (Inghilterra e USA soprattutto) e da oltre un anno sta vendendo piuttosto bene anche in Italia, grazie alla traduzione realizzata dalla Star Comics.
KYOSHOKU SOKO GUYVER, disegnato a partire dal 1986 dal bravissimo
Takaya Yoshiki, è un’opera che merita veramente un posto di riguardo nella libreria di tutti gli appassionati di fantascienza, e un posto di doppio riguardo per chi, come me, pretende da un fumetto un disegno super curato oltre che una buona trama e un solido intreccio.
Stranamente, le recensioni apparse su riviste e fanzines di qualche anno fa, prima della pubblicazione del manga in Italia, erano piuttosto scoraggianti; io stessa a quell’epoca, dopo aver letto quegli articoli e non avendo ancora mai visto di persona il manga di
Yoshiki, non mi ero sentita affatto invogliata a prenderlo in mano, convinta che si trattasse di un fumetto alquanto superficiale e scontato, infarcito solo di improbabili combattimenti tra super-esseri mostruosi. E invece, mi sbagliavo di grosso. E’ stata una mia amica a farmi una convinta promotion del manga (grazie Elisa!!), convincendomi a comprare almeno il primo numero, e da allora confesso di essermi appassionata ogni mese di più alle avventure di Guyver/Sho Fukamachi e dei suoi temerari compagni, senza contare le ore che perdo regolarmente in contemplazione delle vignette di Yoshiki, disegnate in modo davvero perfetto.
Ma veniamo ad un breve riassunto della storia.
Tutto comincia quando Sho Fukamachi, un normalissimo studente delle superiori, mette per sbaglio le mani su uno strano oggetto esagonale, piovuto dal cielo dopo un’esplosione. In realtà, l’oggetto è un’Unità
G, un manufatto alieno contenente un Guyver, cioè una bio-armatura capace di fondersi letteralmente con un corpo umano, trasformandolo in una terrificante arma da guerra tecnologica. L’Unità G è stata appena rubata, insieme ad altre due identiche, dai laboratori di una enorme multinazionale denominata Cronos, sotto la quale si cela un’organizzazione segretamente intenzionata ad impadronirsi del mondo.
E’ stata questa organizzazione a scoprire i resti della civiltà aliena che ha costruito le Unità, e servendosi della tecnologia che ha potuto ricavarne, è già riuscita a creare un esercito di Zoanoidi, esseri umani trasformabili in qualsiasi momento in mostri antropomorfi dalle capacità inimmaginabili. Qualcuno però, all’interno della stessa
Cronos, mira a sventare i piani di quest’ultima e tenta di far rubare le tre preziose Unità da una delle tante cavie umane dei laboratori.
Il piano riesce solo in parte: il ladro resta ucciso dagli Zoanoidi della Cronos che recuperano una delle Unità, la seconda Unità scompare nel nulla, e la terza finisce nelle mani del malcapitato Sho. Il ragazzo attiva inavvertitamente l’oggetto alieno e si ritrova inglobato dal Guyver che si fonde con lui in modo indissolubile e lo rende capace di sterminare i primi Zoanoidi che tentano di attaccarlo.
Da questo momento, Sho diventa il principale ostacolo per i piani di dominio della Cronos nonchè, naturalmente, il principale bersaglio di quest’ultima, decisa a tutto (fino alle bassezze più inumane!) pur di recuperare l’Unità G. Intorno al ragazzo si organizza ben presto un agguerrito gruppo di oppositori della Cronos, tra i quali il fotoreporter Masami Murakami, fuggito dai laboratori segreti dell’organizzazione dopo essere stato una delle cavie umane e perciò capace di trasformarsi in uno Zoalord , e Agito Makishima, un compagno di scuola di Sho, nientemeno che il misterioso traditore interno alla
Cronos venuto in possesso della terza delle Unità G che lui stesso aveva fatto rubare. La guerra segreta tra il gruppo di giovani e la multinazionale conosce una rapida escalation, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone, innocenti e non, e portando all’impiego di armi e strumenti sempre più sofisticati, fino ad una prima vittoria totale della Cronos. Ma Guyver non è ancora morto, e in un’atmosfera che a me ricorda molto quella della famosa serie TV V-VISITORS, prepara già il proprio contrattacco.
Nonostante la trama parta da alcuni spunti ormai più che sfruttati nella tradizione del fumetto giapponese (l’organizzazione segreta che usa gli uomini come cavie, il protagonista ignaro di tutto che capita nel posto sbagliato al momento sbagliato, il concetto di bio-armatura), Yoshiki è stato bravissimo, a mio parere, a ricavare un intreccio convincente e per nulla scontato o ripetitivo; i combattimenti, che pure occupano una buona parte delle tavole, scorrono veloci ed incalzanti, senza mai diventare gratuiti, e se nei primi numeri la psicologia dei personaggi poteva essere un po’ schematica, col procedere della storia l’analisi psicologica si fa più approfondita e le figure (anche quelle di contorno) assumono maggiore profondità. L’autore è bravo a dosare i colpi di scena, riuscendo molto meglio di altri suoi famosi colleghi a non cadere nell’improbabile o direttamente nel miracoloso (ultimamente, in altri fumetti, ho visto certe prodigiose resurrezioni e guarigioni…!).
Certo, alcuni sviluppi della trama possono apparire a volte un po’ forzati, ma sicuramente mai impossibili o inspiegabili.
E’ soprattutto il disegno di Yoshiki, però, a meritare gli elogi: tutte le vignette sono caratterizzate da un tratto estremamente raffinato e preciso, poco giapponese se paragonato ad altri manga e che risente sicuramente dell’influenza del fumetto occidentale. I fondali rivelano uno studio approfondito dei paesaggi urbani e naturali, avvicinandosi in maniera impressionante alle fotografie, ed anche i personaggi, che nei primi numeri apparivano in parte stilizzati alla maniera giapponese (e quindi, a volte, si armonizzavano poco con i fondali più realistici), si sono poi evoluti alla stessa maniera, diventando figure molto naturali e curate. Un appassionato di disegno, poi, non può non notare che l’autore utilizza in maniera perfetta il tratteggio a mano (tecnica adatta solo a chi possieda una pazienza a dir poco tibetana!), creando dei paesaggi da vertigine (provate un po’ a guardare le panoramiche di Tokyo degli ultimi volumetti!) e dei chiaroscuri impossibili da ottenere con il solo uso dei retini. Anche la particolare tecnica di “taglio” delle tavole è piuttosto interessante: l’autore varia le vignette nella forma a seconda del contenuto, o meglio a seconda del “ritmo” della vicenda rappresentata all’interno; nei momenti di calma e di dialogo le vignette sono per lo più rettangolari, nettamente separate le une dalle altre e disposte in maniera regolare, nei momenti di battaglia o di movimento concitato, invece, fioriscono le linee oblique, le sovrapposizioni inaspettate di più piani, le fusioni di vignette diverse le une nelle altre. Una tecnica di “differenziazione” ben precisa del racconto disegnato che non ho trovato finora in altri autori.
Ma GUYVER non è solo su carta; perciò, voltiamo pagina ed occupiamoci di OAV!

Randy

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