KULT Underground

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In the morning

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In the morning

With patient walks

everything can be solved

in a summer morning,

but problems

Modena,17 Agosto 2003

Ciao Simo,

come stai?

Lo so che è un bel po’ che non ti scrivo, ma sono successe così tante cose ultimamente che proprio non ho avuto tempo. Te l’avevo detto che hanno arrestato Marco? Dici che non è una novità? Beh, il fatto è che stavolta non l’hanno arrestato per spaccio o rissa, ma per un motivo che non immagineresti mai.
Ma, forse, è il caso che ti racconti tutto con ordine.
Come ti avevo già detto, io e il mio ragazzo siamo andati a vivere da soli in Marzo. E dovevi sentire i miei! Guarda, ci sono stati dei momenti che urlavano così forte, che temevo fossero impazziti. Capisco che per loro Marco è il peggior ragazzo che la loro unica figlia potesse scegliere come compagno, però…
Cioè, alla fine ho pensato: la vita è mia. E così ho preso su e ho fatto la prima cosa veramente autonoma in tutti i miei diciotto anni.
Gli passerà, dico. Chissà. Ogni tanto li sento ancora, in effetti, ma non è come se gli facesse piacere, o se gli importasse più di tanto, ora.
Oh, Simo, scusa. Come vedi non sono cambiata per niente da quando eravamo a scuola insieme. Non riesco proprio a seguire il filo del discorso, e mi metto a divagare, divagare e divagare.
Ci sei ancora? Si? Ok, allora.
Dicevo, in Marzo la qui presente signorina Manuela Scandellari, ha varcato la soglia dell’interno 10 del 23 di via Malagoli insieme all’uomo della sua vita, o giù lì. Subito è stato stupendo. Anche se c’era molto da fare (tenere dietro ad una casa non è uno scherzo, tra cucinare, fare la spesa, e tutto il resto), Marco era dolcissimo e ci sentivamo come se fossimo le uniche due persone in tutto il mondo.
Per i primi due mesi non ha mai neppure continuato a vendere spin e coca, ed era con me tutte le sere. Aveva “recuperato” un vecchio 26 pollici e un PC, e così, anche quando non rimaneva in casa, avevo compagnia.
E poi, tutto ad un tratto, i soldi che aveva da parte sono finiti, e lui è tornato al suo “lavoro” di sempre, e anch’io mi sono messa a cercare qualche lavoretto, magari da fare a casa, per tirare su qualche spicciolo.
Per un po’ sono anche tornata a scuola, per vedere se avevano bisogno di qualcuno per delle lezioni private di matematica, ma non mi hanno accolto molto bene. Soprattutto la Gambigliani, (te la ricordi? la peggiore proff di italiano che il Tassoni annoveri tra le sue folte schiere) aveva preso il vizio di farmi prediche che non finivano più sulla morale, e sul rispetto per i genitori e le istituzioni. Non so cosa le avesse preso, sembrava quasi che fossi figlia sua. Fatto sta che una volta, quando ormai stavo per risponderle male, è uscita con
“aspetta, forse so io chi potrebbe avere bisogno di te.”
La persona in questione era un suo ex allievo di trentacinque anni, che gestiva uno dei nove nodi internet qui di Modena. A dire il vero, io ne avevo già sentito parlare, ma sinceramente non sempre in termini lusinghieri, e l’ipotesi di usare il PC di casa per qualcosa di diverso dai giochi non mi era mai passata per la testa.
Ne ho discusso un po’ con Marco, che non era molto d’accordo sul fatto che dovessi anch’io lavorare per mantenerci, ma che non mi avrebbe mai detto di no apertamente, e poi sono andata a sentire di preciso in cosa sarebbe consistito il lavoro.
Beh, ti dico. Thomas, (si chiama proprio così, con il “th”) è un tipo a posto. Qualunque cosa di negativo sul suo conto possano dire in giro, ti assicuro che non è vero. Ha un modo di fare un po’ strano, è vero, ma nel complesso è la persona che in assoluto avrei scelto per padre se i genitori non fossero già lì quando nasci.
E’ alto, magro, con uno sguardo di quelli che ti fanno pensare che sia un tuo amico da sempre, e un gusto veramente singolare per i maglioni.
Dicono anche che giochi a rugby, anche se non capisco come faccia, cioè, non sembra uno che possa mettersi a correre con un pallone in mano in mezzo ad un campo pieno di gente enorme con quelle buffe armature. O forse quello è il footbal americano?
Ma non ha molta importanza, dico bene?
Comunque sia, Thomas aveva bisogno semplicemente di alcune persone che facessero da animatori-coordinatori “con le palle” per un forum sperimentale riguardante i Mair, e secondo lui i giovani avevano una marcia in più per queste cose, e perciò aveva sparso la voce a scuola sperando di trovare qualcuno con tempo e voglia per muovere un po’ le acque, se capisci cosa intendo.
Simo, quando ho iniziato non è che avessi proprio un’idea precisa della storia. Si, tutti parlano dei Mair, soprattutto dopo gli ultimi attentati a Roma e a Bologna di questo Luglio, (a proposito, ho temuto veramente per te quando ho saputo dell’auto esplosa in piazza
Liberazione!) ma anche Marco, che del giro ne ha, non è che ne sapesse tanto.
Più che altro storie, viaggi di chi dice di conoscere questo o quello, ma nulla a cui dare peso.
Non so da te, ma qui è un po’ un argomento da serata in birreria dopo il terzo o il quarto boccale. E’ meglio non parlarne da sobri, perchè lo sappiamo un po’ tutti cosa sta succedendo tra scontri, attentati e rapine, e non è che sia una cosa con la quale convivere sia piacevole.
Come si dice, meglio non pensarci.
Io invece, con il fantasioso nick-name di “Cocò”, ho cominciato non solo a pensarci ma anche a parlarne e a sapere un sacco di cose strane su di loro.
Come Thomas era sicuro il forum è andato subito in tilt. Io e gli altri tre (che sono poi diventati quattro dopo appena una settimana, per fare fronte alla mole di persone da gestire) abbiamo iniziato a buttare carne sul fuoco esaltando a mille tutte le voci e le dicerie più strampalate che ci giungevano all’orecchio.
E più notizie buttavano al centro più ce ne giungevano ai lati.
Anche Marco dopo qualche giorno, durante il quale mi teneva un po’ il muso per il troppo tempo che passavo al terminale, ha iniziato a stare con me mentre lavoravo, e a darmi qualche dritta anche lui, di quelle fresche che sentiva in piazzola. E anche per lui il discorso era uguale: più notizie cercava più gliene arrivavano.
Hai presente? E’ come se tutti avessero avuto una gran voglia di parlare dei Mair ma finchè nessuno aveva deciso di fare il primo passo, nessuno aveva avuto la forza di farlo. E adesso che si erano rotti gli argini ci si rendeva conto che molta gente sapeva più di quello che ci si sarebbe aspettati.
Thomas ha iniziato da un mese a questa parte a ricevere prima minacce di morte, e poi, udite udite, visite della polizia, che con il pretesto di fare non so quali controlli, è riuscita a chiudere il forum per parecchi giorni.
Ma io e Marco abbiamo continuato a fare casino da altre parti anche durante l’oscuramento, e come noi molti altri.
Poi, quando abbiamo ripreso il lavoro normale da Thomas, siamo entrati in contatto con “Maria”.
Non è che sappia tanto su di lui. Ci ha mandato alcuni messaggi crittografati che uno dello staff di Thomas è riuscito a decifrare, e in questi si qualificava come ex appertenente ai corpi speciali dei servizi segreti.
Diceva di avere del materiale importante che voleva rendere pubblico, ma che questo materiale, essendo “roba che scotta”, dovevamo gestirlo con della testa se non volevamo rimanerci in mezzo. Sosteneva anche che i Mair e i servizi segreti erano in contatto, e che esisteva una rete di comunicazione segreta a bande particolari che sfruttava la rete elettrica e che veniva utilizzata da gruppi clandestini combattenti.
Ehi, Simo, non lo so se tutto questo è vero. Cioè, io ho letto solo qualche pezzo dei messaggi che ci ha inviati, e poi, lo sai quanto è facile inventarsi delle cose un po’ strampalate quando cominci a metterci in mezzo i servizi segreti e roba di quel tipo.
Però a Marco quella storia ha preso male e da quel momento mi ha impedito di continuare a lavorare per Thomas.
E quindi adesso sono qui da sola, e senza lavoro un’altra volta.
Ma perchè da sola, ti chiederai.
Eh, si, in effetti non ti ho ancora detto cosa è successo a Marco.
Questa, da un lato è la parte più strana di tutta la faccenda, e forse se non fosse capitato forse tutta la storia delle dritte sui Mair mi sarebbe sembrato un bel gioco che mi ha fatto tirare su i soldi con cui sto andando avanti adesso.
Quattro giorni dopo che Cocò ha smesso di essere on-the-net, Marco se ne è tornato a casa un po’ stravolto, e non come il solito intendo.
Era agitato, non fatto, e aveva la giacca di jeans strappata in più punti, come se avesse preso contro a qualcosa di acuminato. Che so, giusto per dirti quello che ho pensato io, come se si fosse tagliato con del filo spinato, per esempio.
Io gli ho chiesto cosa era successo, e lui mi ha detto che andava tutto bene, che era tutto uno sballo perchè era riuscito a fare su un po’ di soldi, e che dovevo andare in camera a cambiarmi perchè mi avrebbe portato fuori a cena.
Io l’ho guardato un po’ male, ma poi ho detto, “perchè no?”, in fondo era un sacco che non uscivamo insieme, e del resto, giacca a parte, forse era davvero tutto a posto.
Perciò sono andata in camera mia e ho cominciato a spogliarmi e a cercare qualcosa di non troppo spiegazzato da mettermi. Mentre mi stavo truccando davanti allo specchio (il mio solito rossetto rosa con un velo di fondo tinta) vedo la luce della stanza lampeggiare un istante, e poi, con un rumore secco, spegnersi di colpo lasciandomi completamente al buio.
Si, come hai immaginato, Simo, mi sono messa urlare. Lo so che non sono più una bambina, ma anche in questo non sono cambiata. Il buio improvviso mi fa paura. E perciò ho iniziato a camminare alla cieca verso la stanza dove c’era Marco, continuando a chiamarlo a gran voce.
Poi, improvvisa come se ne è andata, la luce è tornata, e ho visto il mio uomo chinato vicino alla presa della luce che toglieva, ansimando, una scatoletta di metallo bianco con un filo che andava fino al PC.
“Cosa è successo?” gli ho chiesto, e lui, con un sorriso un po’ sforzato mi ha risposto ancora che era tutto a posto, e di tornare a finire di prepararmi perchè dovevamo uscire.
Allora io gli ho indicato la scatoletta che aveva in mano, e gli ho domandato che cos’era. Beh, Marco non mi aveva mai raccontato una bugia in vita sua, e anche quelle poche volte che mi aveva tradito dopo me lo ha sempre detto in faccia. E quella volta ho capito perchè: non è capace, mentire va proprio al di là delle sue facoltà.
“Questa?” mi ha chiesto, guardandola anche lui come se non sapesse che cosa poteva essere, e come poteva essere stata collegata al computer e alla presa di corrente.
L’ho guardato per un attimo, con il filo che gli penzolava dalla mano tremante, e poi mi sono detta “chi se ne frega”, e sono andata a finire di sistemarmi il trucco.
Quando poi sono ritornata nella stanza la scatoletta bianca non c’era più, il modem era riattaccato dov’era prima, lui sorrideva un po’ più convinto, anche se tremava ancora, e la prima cosa che ha fatto è stato prendermi tra le sue braccia e baciarmi.

Due giorni dopo ci fermano al Burghy quattro uomini in divisa insieme a un altro signore in giacca scura, e chiedono al mio uomo di venire con loro. Tra di loro c’era anche Giancarlo, uno per cui Marco delle volte ha fatto delle soffiate, quando l’aria era tesa ed era il caso di tenere la testa fuori dai casini.
Questo lo prende un po’ in disparte un attimo, mentre gli altri mi trattengono e cominciano a chiedermi chi sono cosa faccio e bla bla bla, e lo vedo tirare fuori dalla giacca una cosa scura e dargliela in mano.
Io non sono riuscito a sentire quello che si sono detti, e anche quando sono andata a trovare il mio uomo in prigione non mi ha voluto dire nulla, fatto sta che quando sono ritornati vicino a noi Giancarlo lo ha ammanettato e ha detto agli altri che era tutto a posto, e che
Marco aveva già confessato di essere stato lui a rubare la statuetta dal Palazzo dei Musei.
Io li ho guardati stupita, senza riuscire a dire una parola, poi mi hanno spinto via e se ne sono andati.

Non lo so, sai. Gli hanno dato quattro mesi da fare qui a Modena, e anche durante il processo Marco ha confessato quella cosa assurda che
Giancarlo aveva detto al momento dell’arresto.
Ma forse è meglio così. Non so se c’entri qualcosa ma Tony e Carmine sono stati uccisi qualche giorno fa in Piazzola da un drappello di uomini armati, e i Mair hanno rivendicato l’omicidio.

Cosa ti devo dire? Io per il momento tiro avanti, anche se questa casa, da sola, mi fa un po’ tristezza. Sto addirittura pensando di tornare dai miei, anche se preferirei aspettare che Marco esca.
Beh, si è fatto tardi, e comincio ad essere un po’ stanca. Mi auguro che tu te le stia passando meglio, lì a Bologna.
Fatti sentire, ok?
Baci

Manu.

P.S. Scusa se ti ho mandato una lettera, invece di un e-mail, ma Marco si è raccomandato di non collegarmi in rete per un po’. XXX

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