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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Questo numero “celebrativo” di un anno di vita di KULT vede presenti un numero di opere di buona qualità, coadiuvate da altrettanto validi elementi nella sezione dedicata ai giochi di ruolo. Questi ultimi, pur non essendo “solo” racconti, hanno, a mio parere, una sufficiente affinità con le “voci che sussurrano”, da potere tranquillamente essere ricordati e consigliati a chi normalmente si diletta con questa sezione soltanto.
Ma passando rapidamente a ciò che più nello specifico riguarda il nostro campo di interesse, ovvero l’arte dello scrivere non di un argomento, ma su un argomento, estrapolando cioè idee e sensazioni dai fatti che ci circondano per trasformarli in qualcosa di nostro e nuovo, ho avuto il piacere di notare quanto questa rubrica sia seguita da persone estremamente differenti in età e gusto.
Questo a confermare come una poesia, od un racconto abbiano quel linguaggio universale, quella chiave, che difficilmente non risveglia l’interesse di quasi tutti noi. E se questo, come sembra, è vero, voglio ricordare una volta di più che questo spazio è aperto a tutti.
A chiunque voglia mettersi “in piazza” e declamare un’opera che ritiene particolarmente ben riuscita, o carica di significati; a chiunque non sappia ancora se vuole scrivere o no di qualcosa che lo riguarda, o che si senta ispirato dall’estate passata e dall’inverno che viene.
Forse sarebbe addirittura simpatico indire una specie di concorso, semmai differenziato tra prosa e poesia. L’unica cosa che voglio ricordare è che un testo pubblicato in SUSSURRI verrà sicuramente letto da molte persone, e, contrariamente a quello che può essere la pubblicazione su un normale mensile, per il sottile gioco della non deperibilità dei file su Internet, potrà essere letto anche per molto tempo.
Non so se questo può maggiormente spronare chi di voi si sente un artista, o, piuttosto, spaventare chi di voi non ne è così sicuro.
Però intanto pensateci.
E scusatemi se questa volta il discorso “è il caso che vi uniate a noi” ho deciso di farlo in apertura, anzichè in chiusura, ma mi rendo conto che, data l’usuale qualità dei testi successivi a questo editoriale, molte volte la gente può non resistere fino alla fine, prima di passare oltre.
Ma adesso è tempo di parlare di quello che sta per andare in onda sui vostri schermi.

Il posto d’apertura questo mese è riservato a “RESURREZIONE”, dell’imolese Matteo Ranzi, poesia che fa anche parte dell’articolo
Ultimo Atto (sezione HYDE PARK). Componimento estremamente sentito, come del resto tutto il materiale di Matteo, e dal quale traspare quindi un profondo coinvolgimento per la questione Bosnia.
I toni, e le tinte sono toccanti, e l’affresco che ne risulta è impossibile da non immaginare, anche solo per un istante. Non so se si può veramente parlare di speranza, non so se l’ipotesi della fine del conflitto prima che giunga l’inverno, che pare essere inserita tra le righe, è sincera o grottesca o ancora una malinconica previsione di futuri tempi migliori. Certo è che una volta gettato lo sguardo, è difficile toglierlo, e fingere che nulla sia accaduto.

Differente in temi, e più consueta alla sua normale produzione, Asia
68, ci propone un’altra “pagina del suo diario”, metaforicamente parlando. 1 agosto 1986 è una poesia senza schemi, quasi un lungo e disperato discorso allo specchio. Le rime escono dalle emozioni, e non dall’accostamento di parole simili, e l’accorato rimpianto, la ricerca di spiegazioni, la delusione la rabbia, tutto è mescolato in un flusso di immagini e ricordi. Diciottenne quadro di un amore tradito dalla radice, ma con una maturità di concetti che difficilmente potrà risultare estraneo anche a chi, più grande, stia passando un periodo analogo. Asia 68, uno dei grandi assenti alla cena di compleanno di
KULT, che ci teniamo a salutare anche in queste righe, ci ha ormai abituato alle tematiche che ama sviluppare nei suoi scritti, ma mai riesce a non essere imprevedibile nell’esposizione così naturale e spontanea.

E’ già sera un’altra volta di Marco Giorgini è una poesia doppia, o, se preferite è una raccolta di due poesie, scritte relativamente allo stesso intervallo di tempo, e dedicate a due amici, un ragazzo ed una ragazza, con i quali il complesso rapporto tra persone di età e cultura differente è espresso con la forma del dialogo.
Due esternazioni quindi, due rapidi discorsi, per due momenti simili e diversi insieme, durante i quali le emozioni e la malinconia cercano di oltrepassare il presente per giungere a qualcosa di più stabile e certo.

Canzone della bambina buona, di IGNATZ, è l’ultima poesia di questo mese. I toni sentimentali delle opere precedenti a questa sono presto sostituiti da quelli ironici e pungenti di un autore che ha saputo crearsi un certo seguito tra i lettori di KULT. Presente “in incognito” alla cena già menzionata, si è perso le congratulazioni di più d’uno che mi avevano chiesto di lui per esprimere un’ammirazione che gli passo io in quest’istante.
Tornando a questo suo scritto, direi che è di non facile classificazione. L’argomento base, l’attacco al comune vivere sociale, sempre operato con arguzia e stile, si snoda nel discorso di una bambina di famiglia benestante, e nel suo “ingenuo” modo di vedere i comportamenti degli adulti che la circondano.

L’opera successiva “Liquido breve”, sempre di IGNATZ, apre invece la sequenza dei racconti di questo mese. E’ la descrizione di un
“viaggio”, di uno stato mentale alterato, oppure un’altra sapiente satira rivolta alla psicanalisi? Difficile dirlo. Sicuro è invece che l’alternarsi di figure, l’uso di un linguaggio a tratti crudo, riempie la lettura di un gusto onirico, ma più simile ad un sogno da dormiveglia, in cui tutto si mischia con la realtà, che ad uno profondo, in cui le cose sono tanto oltre il normale, da spiazzare, ma non da confondere.
I punti di riferimento saltano, e gli accenni a Freud, e a mille altri elementi rendono il tutto “strano”, così come il dialogo con questa
“nuvoletta”, e i riferimenti ai genitori e al gentil sesso, ma nel totale si scorge sempre quel gusto tipico di IGNATZ, di colpire con frecciatine un po’ ogni cosa, in modo non solo di sdrammatizzare, ma forse anche di smitizzare il mondo che ci circonda.

“Corvè” (titolo attributo dal sottoscritto ad un racconto arrivato senza) dell’altro pilastro di SUSSURRI, ovvero Raffaele Gambigliani
Zoccoli è un inevitabile tributo alla vita militare che adesso racchiude la sua. E notevole è vedere come Raffaele riesca a modellare le situazioni per adattarle al suo stile, trasformando così un’esperienza spiacevole come la corvè cucina di domenica, in un soggetto per un racconto breve, di notevole impatto.
L’altrernarsi alle considerazioni dell’io narrante, della voce fuori campo del N.C.C. rende ancora più estraniante tutta la storia, ancora più gustosamente effimera ed irreale, congiungendo ai pensieri di ordine personale, quelle degli altri personaggi, non visti, ma intuiti come presenza intorno a lui. Nel complesso questo è un testo che susciterà almeno un brivido freddo, a chi, come me, ha già passato un anno della propria vita a servire il proprio paese, anche in questo modo. E per gli altri rimarrà sicuramente non un monito, ma una nota stonata, un qualcosa a cui pensare di sfuggita, una storia da rileggere ogni tanto per l’immediatezza e il ritmo dell’esposizione.

“KOLT”, è invece un tributo a noi. Scritto sempre da Raffaele, gradevolissimo come contenuti, è stato rimandato fino a questo mese per la pesantezza delle espressioni usate, che ci costringono, a malincuore, a consigliarlo solo ad adulti. Niente è gratuito. La storia, il soggetto che narra, ed i temi trattati richiedono che venga esaltato un ruolo maschile particolare, e che le parole non siano da oratorio. Se un linguaggio crudo non vi infastidisce, e riuscirete ad andare oltre alla facciata vistosa che ha costruito, sicuramente riuscirete anche a cogliere l’ironia, la satira, i paradossi e la gradevolezza della narrazione, che ci vede, in secondo piano, coinvolti. Ringraziare per questo Raffaele è ovviamente dovuto, e ci auguriamo che al prossimo meeting che si farà gli sia possibile venire a ricevere le positive impressioni di molti lettori relativamente ai suoi testi.

“Le storie dell’uomo verde e altri racconti” di Teo 93, altro in servizio di leva in questo periodo, è infine giunto all’ultimo capitolo. Che dire ancora su questo testo di così notevoli dimensioni?
Se vi piacciono i racconti assurdi, il non-sense, e un particolare gusto per le situazioni non comuni, leggetelo. E se vi siete persi le puntate vecchie, procuratevele.
Per il momento Teo 93 non ci ha fatto pervenire altro materiale, perciò, per i suoi lettori abituali ci sarà probabilmente un periodo di “astinenza”. Fatevi sentire, e chissà che non sia già in progetto un “uomo verde 2”, o qualcos’altro di questo eclettico autore.

Per il momento è tutto. Premete F5 e buona lettura.

Marco Giorgini

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