“Soccmel!”, disse il primo alieno, alto e magro, strabuzzando i suoi sei occhi color miele.
“E cosa significa, di grazia?”, chiese l’altro alieno, più basso e rotondo, assumendo un’espressione attenta. Ma questo era solo l’inizio.
“Cosa avete imparato quest’oggi?”, aveva domandato in un mattino arido dell’estate di Marte il suo professore. Allora aveva deciso che sarebbe diventato Ricercatore Estremo. Avrebbe viaggiato sulle astronavi di studio per imparare il più possibile e aiutare poi i suoi simili. Così studiò, fece esercizio fisico, si preparò a lungo con sacrificio. E divenne R.E.
Ripensava ad ogni istante di convivenza col suo sogno, mentre rispondeva all’illustre professor De Rege.
“Soccmel è un’espressione di stupore o meraviglia usata parecchio dai terrestri di quest’area. Viene utilizzata altresì per indicare un rituale erotico di cui sfortunatamente poco sappiamo”.
“Ah!”, esclamò pensoso De Rege. Pensoso lo era sempre, a dire il vero.
I maligni dicevano che questo suo atteggiamento avesse permesso ai suoi amici giornalisti di deificarlo. Amelius però sapeva che non era vero. Non poteva esserlo.
“Professore, ci sono tantissime cose di questo mondo che non comprendo”, disse Amelius con aria contrita.
“Avessi capito tutto quello che ho visto nella mia vita, adesso sarei altrove”, rispose De Rege.
“E’ che sono…illogici!”
“Che vai dicendo, mio giovane allievo? Nessun essere è illogico, secondo quanto prescritto dalla Sacra Legge dell’Entropia. Spiegati meglio, ragazzo!”.
Già, la Sacra Legge: l’universo è un sistema nel quale il grado di disordine tende ad aumentare irreversibilmente. Quindi, filosoficamente parlando, tutto è in perfetto ordine.
“Conosco la Legge, ed è per questo che sono turbato, professore.
Questi terrestri sono incredibili. Sono come fiocchi di neve: perfetti per il disegno, ma cadono a caso”.
“Conosco il fenomeno atmosferico al quale ti riferisci e devo dire che il paragone, per quanto azzardato scientificamente, può calzare. Cosa ti turba, Amelius?”
“Farò qualche esempio: dicono spesso ho capito, soprattutto quando non hanno capito nulla. Lavorano come schiavi per padroni che odiano. Si chiudono dentro i loro buffi veicoli per andare da qualche parte e non arrivano mai in tempo perchè si danno appuntamento nello stesso posto a suonare i loro strumenti stonati. Eppure hanno il computer, ma sembra che li autorizzi ad essere ancora più disordinati. Quando raggiungono momentaneamente la felicità, riescono subito a perderla, e spesso per farlo pagano profumatamente strani dottori che chiamano psicanalisti. Eppoi i loro giochi…”
“Cosa c’è che non va nei loro giochi? Non hanno arene come noi, e duelli tra lottatori?”
“Beh, più o meno. La differenza è che qui lo spettacolo è sugli spalti, e non nell’arena. E’ lì che si lotta, non tra i gladiatori”.
“Capisco”, disse De Rege, che evidentemente stava imparando dai terrestri. Ripensò a quei versi di balena di Venere che aveva pubblicato, spacciandoli per poesia animale. Se n’era pentito quando la balena lo era andato a cercare. Voleva i diritti d’autore. “C’è altro?”
“Sì.I loro esperti di linguaggio.Noi studiamo ogni forma di comunicazione per farci capire, loro invece diventano incomprensibili, a mano a mano che approfondiscono le ricerche. Devo ammettere che io stesso, che ho studiato la poesia ermetica delle amebe di Nettuno e decifrato i silenzi binari dello Zirl su Aldebaran, fatico a capirli”.
“Amelius, sei ancora tanto giovane. Ho tanti interrogativi messi da parte senza trovare risposta, e sono anni che faccio questo mestiere.
Ogni tanto, quando non ci penso più, mi vengono in mente le risposte.
Poi chiamo quel mio amico del Tribune, ma questo non ti interessa. Ti dico solo: è giusto che tu ti interroghi, ma non esagerare. Potresti trovare tutte le risposte, e questo toglierebbe senso alla tua vita”.
“Sarà…” disse Amelius, ma non era convinto.
“E’ così. E ora mettiamoci al lavoro, mio giovane e ardito scudiero.
C’è tanto lavoro da fare. Dobbiamo analizzare il telegiornale. Conosci già questo giornalista?”, disse De Rege con una strana luce negli occhi.
“Ma è il Presidente della Repubblica!”
“Ah! Dunque si tratta di un’intervista”
“No, è un discorso alla nazione. Lo fa nei momenti di straordinaria importanza. Ogni due giorni, più o meno”.
“E cosa sta dicendo?”
“Si sta autodenunciando. Sta ammettendo le sue colpe, ma non è per nulla pentito. Ride sotto i baffi.”
“Ma come può essere? Neanche la Sacra Legge prevede una cosa del genere!”
“Eppure le giuro che è così!”
“Soccmel!!!”, disse De Rege.
“Appunto”, pensò Amelius.
MOLTO LONTANO
IGNATZ