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I fasmidi

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Rami e foglie viventi.

I Fasmidi

I fasmidi detti “insetti-foglia” e “insetti-stecco” per le loro incredibili capacità mimetiche in mezzo alla vegetazione sono praticamente invisibili al punto da non distinguersi l’uno dall’altro.
Sono circa 2000 le specie di questo singolarissimo ordine d’insetti specializzato nel mimetismo ambientale al punto d’essere chiamati appunto “insetti-foglia” ed “insetti-stecco” diffusi in prevalenza nei paesi tropicali, ma che contano un paio di specie reperibili anche da noi. Il nome fasmide deriva dal greco “Phàsma” che vuol dire
“apparizione meravigliosa”. Tali stranissime creature imitano in maniera così perfetta la foglia ed i rami delle piante su cui vivono, da rendersi praticamente invisibili. Lo scopo del camuffamento è stato dato loro dalla natura per sviare tutti i loro potenziali aggressori, che, nella continua ricerca della “preda” si orientano in modo particolare con la vista. E contro questi predatori i nostri simpatici amici completamente innocui, non saprebbero opporre nessun altro mezzo di difesa. A mettere in opera l’inganno, del resto, contribuisce il loro colore per lo più verde o rosaceo nelle forme giovanili, grigie e brunastre nelle forme più adulte. Colori che del resto coincidono con l’evolversi delle stagioni, primavera, estate, autunno, inverno. Ho potuto constatare dagli allevamenti fatti per alcuni anni una loro innata capacità: come i camaleonti, sono in grado molto velocemente di cambiare il loro colore in sintonia con quello delle piante con cui si nutrono. Con variazioni di temperatura, umidità e luce. Svolgono tutte le loro attività principali nelle ore notturne, mentre durante il giorno se ne stanno immobili sulle piante con le zampe nelle posizioni più assurde per meglio confondersi con l’intrigo dei rami delle piante nutrici. Se disturbati si lasciano cadere a terra, rimanendo immobili come morti. Anche le loro uova prendono parte alla “recita” infatti per essere il più possibile mimetiche copiano gli organi delle piante, il colore bruno mielato, la durezza coriacea, assomigliando più a semi che ad uova. Dei fasmidi non conosciamo quasi nulla malgrado siano molto affini agli Ortotteri; l’incertezza della loro collocazione dipende quasi sicuramente da due fattori principali, il primo la loro difficile reperibilità, il secondo il fatto che sono molto recenti come specie. Risalgono infatti, al terziario. Sono perfettamente uguali o simili alle specie attuali. Gli unici ritrovamenti fossili sono meravigliosamente conservati nell’Ambra del Mar Baltico. Questi insetti sono rigidamente vegetariani e in genere si accontentano di un’ampia gamma di piante della famiglia delle rosacee. V.I.Steanek a questo proposito, dice: (Si nutrono con ogni tipo di rosacee, Prunus
Mahaleb, Tradescania, e Rovus Silvaticus. L’Inverno al morir delle
Rose, ricorrasi de l’Edera e le sue foglie). Io ho potuto appurare invece, dall’esperienza nei miei allevamenti, che qualora si inizi con una pianta, difficilmente si adattano ad altre, nemmeno per necessità di sopravvivenza. Creando a volte seri problemi d’allevamento. La pianta che ho visto prediligere da questi insetti, è senza ombra di dubbio la Rosa, in tutte le sue varietà, compreso il rovo selvatico, reperibile in tutte le stagioni compresa quella invernale. Mai invece ho visto mangiare l’edera, tanto che mi sono ripromesso di tentarne un allevamento solo su di essa fin dall’inizio. Ho notato anche che i fasmidi non sono dei grandi mangiatori, nel corso dell’intera vita non consumano neppure una quantità di cibo pari come peso a venti volte quello del loro corpo. Eppure le piante su cui staziona un certo numero di questi insetti finiscono per restare completamente defogliate a causa del grande spreco che esse fanno delle foglie staccate, di cui rodono solo una piccola parte. Nella maggioranza delle trecento famiglie che comprendono queste duemila specie, le femmine sono attere in quanto le ali si trovano a un livello più o meno di atrofia. Va anche precisato che non tutti i fasmidi sono completamente indifesi contro i predatori, qualora si riveli insufficiente la protezione mimetica. L’EXTATOSOMA TIARATUM oltre ad acuminate e fastidiosissime spine ha nel torace delle ghiandole il cui secreto lattescente, dall’odore acre, possiede proprietà caustiche e può essere spruzzato a dieci o venti centimetri di distanza a scopo difensivo. Tra le proprietà più strabilianti di questi insetti bizzarri che si prestano alle più svariate esperienze di laboratorio, c’è quella di rigenerazione in parte o totale dei loro arti. E quella di potersi riprodurre in mancanza del maschio per partenogenesi, in questo caso si ha quasi sempre una netta predominanza di nascite di sesso femminile, tanto che presso certe specie la percentuale dei maschi arriva all’un per mille. In altre il maschio è completamente sconosciuto, sempre che esista. La deposizione delle uova, ho notato che viene effettuata senza un particolare criterio. Quando l’uovo è pronto allo stacco dal condotto ovarico, l’insetto comincia a dondolare freneticamente l’addome scagliando l’uovo distante da sè ed a casaccio con il caratteristico tintinnio di una biglia che cade sul pavimento rimbalzando più volte. Viste al microscopio queste piccole uova si presentano, somiglianti a minuscole “borracce” con tanto di tappo. E sarà proprio da esso che in seguito uscirà l’insetto neonato.
L’interno dell’uovo è coperto da una sostanza isolante simile al vetro, lo stesso dicasi per il tappo, sotto di cui è situata una piccola lente dello stesso materiale, che serve senz’altro da guarnizione tra tappo e borraccia. Con grande pignoleria e curiosità ho documentato tutte queste particolarità con una serie di diapositive fotografiche di grande interesse scientifico e spettacolare suggestione. Ho anche sezionato più di una femmina, morte per cause naturali e con mia grande sorpresa mi sono trovato davanti ad uno spettacolo impressionante. Centinaia di piccoli tubicini collegavano le varie uova ancora nel ventre dell’insetto, partendo tutte da un unico sistema centrale, scalando di grandezza fino ad una struttura così capillare da essere invisibile ad occhio nudo. Rimessi sotto al microscopio potevo osservare che queste specie di tubicini oramai della grandezza di metà capello di diametro; penetravano nelle varie uova da una specie di ombelico, situato al centro di una corona in rilievo, che percorre l’uovo solo su di un lato, in senso verticale come un meridiano che ipoteticamente, parte da un polo Sud al polo
Nord. Certamente per portare nel suo interno le sostanze vitali per la futura larva. Come il cordone ombelicale che collega la placenta di un embrione umano all’ombelico del ventre della mamma. L’accoppiamento fra maschio e femmina è lunghissimo. Il maschio rimane sulla femmina giorni e giorni, prima di passare ad altre, con cui si comporterà alla stessa maniera. Morirà alla fine di questo ciclo di accoppiamenti, molto prima delle femmine, ed anche se non l’ho potuto appurare per mancanza, di studi scientifici adeguati, come pure di mezzi molto più sofisticati di quelli in mio possesso, penso che le femmine siano in possesso nell’interno del loro corpo di una “spermoteca”, nella quale passino le uova, per essere fecondate prima della loro deposizione.
L’allevamento di questi insetti è molto bello ed interessantissimo e mi sento di consigliarlo a tutti gli amici in vena di farsi nuove esperienze. Soprattutto per la mancanza di biografie e di dati utili, su questi sconosciuti e stupendi esseri sarebbe veramente utile potere avere più materiale di confronto. In entomologia e in linea generale, anche la grandezza delle uova è determinante, per la distinzione fra maschio e femmina e in questo caso il disformismo è notevole, mi ripropongo pertanto di appurare anche questo dato che per il momento mi è ancora sconosciuto.

Giorgio Malferrari

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