Pensieri, preoccupazioni, domande, mille emozioni si affollano nel mio cuore.
Odio, amore, invidia, tristezza, rabbia, la mia mente è incessantemente bombardata da un’infinità di parole, che si mescolano in un turbinio di lettere. Sto cercando di dare un senso a quelle lettere, sto tentando di riunire quelle parole in ragionamenti.
Sto camminando. Sono solo, io, la mia confusione, il mio ombrello.
La meta non sarà un luogo fisico definito in questo piano materiale, la meta sarà la pace, l’ordine, la calma interiore, che mi viene negata dalle emozioni, dai discorsi sentiti dire, dalle immagini vissute, dalle cicatrici eterne e dalle ferite non ancora rimarginate.
E continuo a camminare. Nella mano, l’ombrello aperto, mi ripara da infinite gocce d’acqua che scendono inarrestabili su questo mondo, nel vano tentativo di pulirlo dal dolore, dal male, dalla tristezza.
Il mio passo è lento, non ho fretta di arrivare, l’importante è giungere, l’importante è non perdersi. I miei piedi procedono incuranti dell’acqua, delle pozzanghere, degli ostacoli, passo dopo passo mi conducono là, verso il blu.
Procedo nella mia direzione, poche sono le persone che incontro lungo la strada, molte le gocce che si infrangono contro il mio ombrello.
Ogni goccia che si scontra sul mio riparo produce un suono, una nota, e ad ogni passo, una melodia, una musica, si libra nell’aria e mi avvolge, mi culla, mi accompagna.
Non oppongo resistenza, mi lascio trasportare dalla melodia, e tutto ciò che mi sta intorno, pian piano, inizia a svanire, a perdersi nella nebbia dei miei pensieri. Le persone, le case, la mia città, tutto sbiadisce, diventa etereo, surreale. Mi ritrovo a camminare su di una nuvola, sulla quale prendono forma quelle lettere, quelle emozioni che mi confondevano, che non mi davano pace.
Finalmente, grazie alla melodia di quelle goccioline, che continuano a cadere sul mio ombrello, posso cominciare a fare ordine, posso iniziare a collegare le lettere, a riunire le parole.
Volo… l’unica cosa che mi lega ancora al mio mondo, è quel magico strumento che tengo in mano, non posso fare a meno di volare nella dimensione infinita in cui mi trovo.
Volo… e come per incanto le lettere, le emozioni, le parole, cominciano ad andare al loro posto, inizio a controllare quel turbinio che mi confondeva, riesco finalmente a dargli una sua dimensione, un suo spazio, nel quale può continuare ad esistere ma nel quale non può alimentare la mia confusione.
I miei piedi non toccano più terra, il suono della pioggia mi permette di volare, di vedere tutto dall’alto, in maniera più nitida, più chiara. Riesco a vedere le origini del Caos, il mio cuore si apre e comincio a parlare alla pioggia.
La pioggia mi risponde, muta le sue note e mi permette di trovare la calma, la pace.
Ormai sono giunto alla meta, inizio ad abbassarmi, a scendere verso la mia città.
I miei piedi toccano di nuovo terra e prendono forma intorno a me le case, le auto, i passanti.
Ora sono calmo, non ho ancora risolto i miei problemi ma riesco a non farmi travolgere da loro, ora posso finalmente cercare delle risposte, ora posso cercare una soluzione.
E’ tardi, i miei vestiti sono umidi, i miei piedi stanchi, mi avvio verso casa con l’ombrello in mano… sotto la pioggia.
Sotto La Pioggia
Fabrizio Guicciardi