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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Salve a tutti!
Come già fatto presente il mese scorso, sembra proprio che questa sia la sezione con la più ampia e variegata partecipazione di pubblico. E anche se, fortunatamente per il giusto andamento di KULT, gli articoli pervenutici sono così tanti che, nel totale, è quasi impressionante vedere come praticamente tutte le categorie già presenti siano state coinvolte, è inevitabile osservare che poesie e racconti hanno prevalso, questo a riprova che tutti noi, in fondo, abbiamo qualcosa di “fantastico” (nel senso di frutto della fantasia) da far conoscere a chi ci circonda.
Questo mese, perciò, taglierò corto, per lasciarvi volare subito con le ali dei nostri autori in mondi lontani, ma non per questo per forza sconosciuti. Comunque, anche questa è un’osservazione già fatta, se le cose continuano così è facile che il numero prossimo SUSSURRI sia diviso in due parti, separando le composizioni narrative da quelle prettamente poetiche.

Ma partiamo con ordine:
NO TIME GENERATION: poesia, da un certo punto di vista, provocatoria.
Corredata da un immagine di sottofondo fattaci pervenire con il testo, quest’opera di Luca Lanzoni ci presenta un aspetto di una parte della gioventù moderna, e non solo, in cui i valori tradizionali perdono della loro predominanza.
BLUES DEL TRASGRESSORE IN PENSIONE: poesia di IGNATZ, che finalmente ci ha fatto arrivare una tanto attesa del topo lancia mattoni più famoso della storia. Non completamente diversa da No Time Generation, ha i toni aspri e disillusi di chi ribelle era, e adesso si accorge delle cose che lo circondano con uno sguardo trasformato dalle cose fatte e dall’età. Una forte carica emotiva anti-eroica, con la presenza del tempo che corre, e dell’inutilità di certe azioni.
NON PIU’ DI UN GRIDO LONTANO: poesia di Marco Giorgini dai toni aulici. Amore perduto descritto a posteriori, senza un distacco emotivo completo, ma con già la convinzione di un allontanamento, mischiato a immagini irreali di una tranquillità non sicuramente presente.
SOLA, NEVE, E’ MORTA UMA THURMAN: trittico di poesie di Matteo Ranzi.
Scritte in periodi differenti racchiudono un passaggio personale non ancora del tutto concluso. A parte NEVE, appoggiata ad un modo triste di interpretare un Natale non italiano, le altre due girano intorno a un personaggio femminile che non si riesce ad identificare, nè a comprendere.
IL FERRO (o della cattiveria): racconto di discrete dimensioni, secondo i canoni kultiani, ci giunge da Pesaro, e più precisamente dall’editore-scrittore Loris Belpassi. L’autore, che già ci aveva mandato in visione altro materiale, sfortunatamente non per la pubblicazione, ha uno stile onirico e cadenzato di sicuro effetto. La storia rimane un mistero insoluto, sicuramente adatta a più letture successive per coglierne sfumature e sensazioni.
MARY MCDOGLEW: Fab, dopo Il viaggio, apparso alcuni mesi fa sulle nostre “pagine” ci propone un racconto allucinante. L’uso di alternanza di font e di arditi collegamenti tra un periodo e l’altro sconvolge il lettore che non si voglia lasciare andare in questa sequenza di immagini assurde, dopo aver visto le quali parecchie sono le domande che verrebbe da fare.
DOLORE e MORTO: arrivati all’ultimo minuto, ecco altri due racconti di
Fab, che sembrano un triste epilogo di “Il viaggio”. Allucinazioni sensoriali che seguono una trama dal ritmo lento e devastane, in un atmosfera di cupa disperazione.
IL PRANZO: sicuramente Raffaele Gambigliani Zoccoli è entrato nel cuore, come scrittore, di molti dei lettori di KULT. Questo nuovo racconto non delude ciò che ci si potrebbe aspettare dalla sua precedente produzione.
Pesantemente onirico anche questo, ma di una irrealtà più kafkiana che al di fuori della quotidianeità, lo scritto ci presenta un’insieme dei pensieri e delle sensazioni del protagonista, con uno stile che non può non catturare.
L’ARMATURA DI CAPPOTTO: altro racconto dell’altrettanto apprezzato
IGNATZ. Stile differente anche in questo caso (le sue sperimentazioni letterarie lo rendono meno riconoscibile di Raffaele, se non forse per i toni) che si incastra perfettamente nella sequenza un po’ particolare di questo mese. Introspezione, sensazioni, e fatti. Sembra che i collegamenti tra realtà e psiche ogni tanto perdano di incisività portando il lettore letteralemente a galleggiare in un atmosfera cruda e fredda.
L’UOMO VERDE E ALTRI RACCONTI: Teo 93, nuova comparsa in SUSSURRI inizia il primo racconto a puntate di KULT. Il suo romanzo, direi che dalla lunghezza e dalla struttura è praticamente legittimo chiamarlo così, è psichedelia. Un vortice continuo di particolari assurdi, in un ciclone che sfiora l’umorismo per piombare in quello che l’autore stesso chiama ‘frattale’. Le sequenze logiche sono rare e ben cammuffate, ma il totale, una volta entrati nel ritmo incalzante delle non-vicende è sicuramente ottimo.

Lo so che per aver detto di essere breve, mi sto dilungando moltissimo, ma ormai è quasi il momento del fatidico F5.
L’invito per mandare materiale è costante, e dopo aver visto quello che è arrivato questo mese direi che se anche si continuasse solo così sarebbe effettivamente eccezionale. Vedremo.
Ah, come ricordatomi da Antonello, prima di lanciarvi nella lettura di
SUSSURRI, vi ricordo che esistono i tasti F8 F9 ed F10, per eliminare, schiarire o scurire l’immagine di sfondo. Non è nostra intenzione essere responsabili per la perdita di vista di nessuno!
Buona lettura, e vi aspetto ancora più numerosi in Maggio.

Marco Giorgini

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