Eccoci qui, dopo un intenso febbraio, a guardare di nuovo nel vasto e complesso mondo di Internet alla ricerca di qualcosa di simbolicamente interessante. Contrariamente agli altri numeri, questa volta ho deciso di abbandonare il filone definito HUMOR, per passare a quello chiamato
FAQ.
Nonostante il suono abbia sgradevoli assonanze con una delle più conosciute parole inglesi, questo termine è in realtà una sigla che sta per Frequently Asked Question: domande poste frequentemente. In molti siti internet, come già accennato precedentemente, ci si occupa non solo di scambio di programmi, ma anche di informazioni.
Essendo io venuto in possesso di un vasto numero di file di testo contenenti le risposte più interessanti su argomenti estremamente differenti, per questo numero almeno, e, se ci sarà interesse, anche in seguito, vi proporrò la traduzione di alcune delle domande-risposte trovate.
E, quasi per riprendere l’argomento dell’editoriale della volta scorsa, correggendo così un mio errore, e chiarendo probabilmente a molti le idee su un soggetto così di moda, le FAQ riportate di seguito riguardano il fenomeno CYBERPUNK.
Il testo risale al 12/17/93 ed è stato originariamente assemblato e
Una versione più recente dovrebbe essere raggiungibile attraverso un
World Wibe Web browser (mosaic o net-scape) con URL
“ftp://bush.cs.tamu.edu/pub/misc/erich/alt.cp.faq.html”
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Cos’è il movimento letterario cyberpunk?
Il primo uso del termine “cyberpunk” per indicare una parte della letteratura è da riferirsi a Gardner Dozois, che, a quel tempo (primi anni 80), era editore dell’Isaac Asimov’s Science Fiction Magazine. Lo prese dal titolo di un racconto breve di Bruce Betke, “Cyberpunk”.
(Bethke ha fin dall’ora proclamato di essere un “anti-cyberpunk”).
Prima di questo battesimo, il “movimento cyberpunk”, conosciuto dai suoi membri come “il movimento”, era già presente da un certo tempo, basato sullo samizdat di Bruce Sterling, “Cheap Truth”. Autori come
Sterling, Rucker, e Shirley mandavano articoli con pseudonimi a questo giornale, esaltando le opere di gente del gruppo, e attaccando vigorosamente la corrente tradizionale di Fantascienza.
Questo aiutò a formare la coscenza profonda del movimento. (Il testo di “Cheap Truth” è disponibile attraverso FTP (anonymous) nella directory “etext.archive.umich.edu; /pub/Zines/CheapTruth”)
La letteratura cyberpunk, in generale, riguarda gente emarginata in sistemi culturali tecnologicamente evoluti. Nello sfondo delle storie cyberpunk c’è di solito un sistema che domina le vite della maggior parte delle persone comuni, sia questo poi un governo oppressivo, un gruppo di grandi corporazioni paternalistiche, o una religione fondamentalista. Questi sistemi sono rinforzati da certe tecnologie
(che oggi stanno progredendo ad una velocità che terrorizza molta gente), soprattutto “tecnologia dell’informazione” (i computer e i mass media), permettendo al sistema di tenere facilmente sotto controllo tutti.
Spesso questo sistema tecnologico si estende anche all’interno di
“componenti” umani, tramite impianti cerebrali, arti artificiali, organi clonati o prodotti geneticamente, eccetera. Anche gli esseri viventi diventano loro stessi parte della “macchina”. Questo è l’aspetto “cyber” del cyberpunk.
Comunque, in ogni sistema culturale, ci sono sempre quelli che vivono ai margini, sulla “sponda”: criminali, pazzi, visionari, o quelli che semplicemente vogliono libertà per la propria salvezza. La letteratura cyberpunk si basa su questi individui, e spesso sul come questi sfruttino le apparecchiature tecnologiche del sistema per i propri fini. Questo è l’aspetto “punk” del cyberpunk.
Le migliori opere cyberpunk si distinguono da quelle precedenti con temi simili per lo stile particolare. L’ambiente è urbano, l’umore è tetro e pessimista. I concetti sono gettati in pasto al lettore senza spiegazioni, in maniera molto simile a come i nuovi sviluppi ci sono presentati nelle nostre vite quotidiane. C’è spesso un senso di ambiguità morale; combattere semplicemente “il sistema” (per distruggerlo, o semplicemente per sopravvivere) non rende i protagonisti principali “eroi” o “buoni” nel senso tradizionale dei termini.
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Che cosa si intende per sottocultura cyberpunk?
Spronati dalla letteratura cyberpunk, durante la metà degli anni ottanta, certi gruppi di persone cominciarono a definire se stesse
“cyberpunk”, in quanto notavano correttamente i semi del
“tecno-sistema” dei romanzi nella società occidentale odierna, e perchè si identificavano con i protagonisti emarginati delle storie cyberpunk.
Nel giro di pochi anni i mass media hanno preso il termine e cominciato spontaneamente a definire certe persone e certi gruppi con questo termine. Specifici sottogruppi che sono identificati con i cyberpunk sono:
Hackers, Crakers e Phreaks:
gli Hacker sono i maghi delle comunità di computer; persone con una profonda conoscenza di come i loro computer funzionino, e che possono fare con questi cose apparentemente “magiche”.
I Cracker sono i corrispettivi, nel mondo reale, dei cowboy delle console delle storie cyberpunk; questi entrano nei sistemi di computer di altra gente senza il loro permesso, per guadagni illeciti, o semplicemente per il piacere di esercitare la loro abilità.
I Phreaks sono coloro che fanno la stessa cosa con i sistemi telefonici, trovando il modo non pagare le tariffe delle compagnie telefoniche e facendo cose intelligenti con la rete dei telefoni.
Tutti e tre i gruppi utilizzano le emergenti tecnologie dei computer e delle tecnologie di telecomunicazione per soddisfare i loro personali obiettivi.
Cyberpunks:
queste persone pensano che un buon modo per bollare “il sistema” sia utilizzare crittografia e criptosistemi. Credono che l’uso universale di schemi di codifica estremamente difficili da passare possano creare
“regioni di privacy” che il Sistema non possa invadere.
Ravers:
è quella gente che usa musica sintetizzata e campionata, arte psicadelica (“cyberdelica”) generata con i computer, e sviluppa droghe per creare dance party intensi per tutta la notte, e love-fests in fabbriche abbandonate.
Comunque, il termine “cyberpunk” viene usato da molti per indicare deplorevoli teenagers con qualche abilità tecnica, o anche soltanto qualcuno che cerca l’ultima moda nella quale identificarsi. Questo ha portato molta gente a immaginarsi un proprio “cyberpunk” in modo estremamente negativo. Ancora, ci sono quelli che dichiarano che il cyberpunk è indefinibile (cosa che del resto in qualche modo è vera, in quanto concerne gente ai margini e ribelli) e non gradisce l’uso fatto dai mass media di questa etichetta, vedendola come una cinica manovra di mercato.
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Che cos’è il cyberspazio?
Come è collegato alle reti e alla “realtà virtuale” di oggi?
Per quello che so, il termine cyberspazio fu usato per la prima volta da William Gibson nel suo racconto “Burning Chrome”. Questa opera per la prima volta descriveva utenti che sfruttavano apparecchi chiamati cyberdeck per andare oltre i loro normali organi di senso, presentando questi strumenti come un interfaccia sensoriale completa al mondo delle reti per computer; quando li usavano, si diceva che gli utenti erano nel cyberspazio. (Il concetto era già apparso precedentemente a
Gibson, molto più concretamente nell’opera di Vernor Vinge chiamata
“True Names”)
Il cyberspazio è così il posto metaforico dove uno è quando accede alla rete di computer.
Anche se la visione di Gibson di come il cyberspazio funzioni è in qualche modo assurda, ha stimolato molte persone nelle comunità di chi lavora con i computer. Il termine cyberspazio è cominciato a filtrare nell’uso comune, per riferirsi alle emergenti reti di computer mondiali (soprattutto Internet). Inoltre, qualche ricercatore nell’area della realtà virtuale sta tentando di implementare qualcosa simile allo spazio di informazioni di Gibson. Comunque cyberspazio è anche comunemente usato per riferirsi a qualsiasi ambiente di VR generato con un computer, anche se il suo scopo non è quello di collegarsi alla rete.